amami come sei...

AMAMI COME SEI (Gesù parla a un’anima) “Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: - so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: “Dammi il tuo cuore, amami come sei...”. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei.., Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore ? non sono io l'Onnipotente ?. E se ml piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai ... perché ti ho creato soltanto per l'amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allegare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei… Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro. Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

sabato 9 ottobre 2010

VERITA’ SULLA SINDONE

VERITA’ SULLA SINDONE

Non esiste effige, cimelio, reliquia o reperto archeologico, che abbia fatto parlare tanto di sé, a buona ragione, quanto la Sacra Sindone. Della morte del Messia se ne parla addirittura nei manoscritti del Mar Morto, che vanno dal 700 al 100 a.C. il rotolo di Isaia descrive come sarà la crocifissione di Cristo cento anni prima che avvenga. La Sacra Sindone, ritenuta da molti come la più probabile testimonianza della Crocifissione di Cristo, per quasi 2000 anni è stata tema di adorazione, di diatribe e di studi. Da secoli si dibatte se sia o no il lenzuolo funerario nel quale fu avvolto il Corpo di Gesù Nazareno dopo la crocifissione. I cattolici hanno sempre sostenuto l'autenticità della Sindone, anche se le autorità ecclesiastiche, prudenzialmente, non hanno mai avallato tale ipotesi. La scienza ufficiale è sempre stata diffidente nelle valutazioni; si può convenire però che si è scissa in due correnti: una, che ne esclude autenticità e origine in mancanza di riscontri sufficienti per dimostrarlo; l'altra, costituita anche da atei o da studiosi di fede diversa dalla cattolica, che ha affrontato con scrupolo scientifico il problema, ed ha portato a risultati sorprendenti a favore dell'autenticità della Sindone stessa. Specificatamente dopo il traumatico e tanto discusso risultato dell'esame al carbonio 14, fu proprio uno scienziato sovietico, non cattolico, a mettere in dubbio la validità di tale esame e a sostenere che la datazione era stata compromessa da conseguenze chimiche sul tessuto causate dall'incendio del 1532. Anche il microbiologo Leoncio Garza Valdés invalidò gli esami al carbonio dopo aver scoperto che nel tessuto della Sindone c'erano microrganismi viventi, come batteri e funghi, che con la loro presenza avevano influenzato le letture delle prove al carbonio 14. Questi eventi, unitamente ad altre scoperte, confermarono, una volta per tutte, l'inaffidabilità degli esiti di quegli esami considerati "inappellabili". Nei confronti della Sacra Sindone sono stati usati mezzi anche subdoli per metteme in dubbio le origini. Numerosi "media", con propositi e fini più o meno scientifici, hanno contribuito a confondere le idee invalidando i risultati a cui erano pervenute le ricerche che provavano la vera origine della Sindone. Non pochi scienziati sono ricorsi a stratagemmi talvolta puerili per screditare o, a volte, per esaltare l'autenticità della Sindone, conseguendo successi temporanei. Ma col passare del tempo sono emerse sempre nuove testimonianze scientifiche che fanno risalire le origini della Sindone al periodo in cui fu crocifisso Cristo. Il nostro proposito è quello di sottoporre al lettore una serie di notizie che gli offrano un quadro generale sulla Sindone. Abbiamo raccolto in una succinta antologia i principali avvenimenti inerenti al Sacro Lenzuolo, i vari spostamenti nel corso della sua lunga peregrinazione, le ricerche e gli studi ad esso connessi, desunti da fonti autorevoli quale il "Collegamento pro Sindone" e da altri Enti.

NON SI PUO' VALUTARE SCIENTIFICAMENTE IL MESSAGGIO DELLA SINDONE

Ancora oggi Gerusalemme è una città dove gli animi si infiammano facilmente. Violenza e religiosità fervente spesso vanno di pari passo. Così era anche 2000 anni fa, quando la nascita del cristianesimo fu accompagnata da cospirazioni, tradimenti e omicidi. Nel 30 d. C. Gerusalemme è una città occupata. I romani hanno imposto alla popolazione il loro governo autoritario. La Pasqua ebraica ha richiamato nella città migliaia di persone, giunte per ringraziare Dio di aver miracolosamente messo fine all'oppressione che l'antico impero egiziano aveva esercitato su di loro. Gli ebrei auspicano che un miracolo possa accadere con i romani. Ma la tensione sale. In questo quadro di instabilità, emerge un giovane rabbi di Nazareth: Gesù. il messaggio di cui si fa portatore, dai toni che possono sembrare rivoluzionari, sùscita nervosismo da parte delle autorità religiose. Molti dei suoi seguaci, che si moltiplicano ogni giorno, lo considerano il Messia. Coloro che sono al potere sono determinati a fermarlo. Secondo i Vangeli, gli eventi prendono una svolta drammatica quando, in seguito al tradimento di Giuda, Gesù viene arrestato. Condotto al cospetto di Caifa, il sommo sacerdote, viene accusato di essere un eretico. L'imputazione è grave. Le autorità romane vengono coinvolte nella questione e Ponzio Pilato responsabilizza Erode Il, il governatore nominale di Israele. Dal Vangelo di Giovanni 11,45-53 I capi dei Sacerdoti e i farisei radunarono allora un consiglio; e dicevano: Che facciamo? Quest'uomo opera molti miracoli. Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui, e verranno i Romani e distruggeranno il Tempio e la nostra nazione". Ma uno di essi, Caifa, che in quell'anno era Sommo Sacerdote, disse loro: "Voi non capite nulla, né riflettete che vai meglio per voi che un solo uomo muoia per il popolo, piuttosto che tutta la nazione perisca". Gesù viene condotto da un capo all'altro della città, ora al cospetto dell'uno, ora al cospetto dell'altro, finché il suo destino è segnato. Nel contempo viene picchiato, spintonato, preso a calci e, infine, flagellato. Le sferette di ferro dei flagelli gli lacerano le carni, riducendolo in fin di vita. Viene fatto rinvenire, ma solo per essere cinto da una corona di spine pungenti. Una folla enorme chiede a gran voce la sua morte. Pilato, oramai stanco di tanto scempio, condanna Gesù alla crocifissione. Il suo calvario è solo agli inizi. Viene obbligato a trasportare una trave pesante 50 chili, lontano, sin fuori dalle mura delle città. Esausto e sofferente, procede a stento incontro alla morte, costantemente fustigato. Al suo fianco devono essere crocifissi due ladroni. Giunto sul luogo dell'esecuzione gli vengono inchiodate le braccia alla trave con spezzoni di ferro lunghi 10 centimetri che gli trapassano i polsi. Quando il carnefice dà il segnale, la trave viene sollevata e ancorata perpendicolarmente al palo verticale. I piedi di Cristo vengono trapassati con un arpione di ferro conficcato poi nel legno. I Vangeli raccontano che durante l'agonia di Gesù, la Terra tremò e il cielo si oscurò su tutta la città. Dal Vangelo di Matteo. Ma venuta l'ora sesta, si fece buio su tutta la terra fino all'ora nona. E all'ora nona, Gesù esclamò a gran voce: Elì, Elì, lamà sabactani?, che vuoi dire "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" E alcuni degli astanti, uditolo, dissero: "Ecco, chiama Ella!"... Ma Gesù, avendo emesso un alto grido, spirò. Per verificare che fosse veramente morto un soldato gli conficca una lancia nel fianco. E' il tardo pomeriggio. Tra meno di due ore inizierà il Sabbath. Alcuni discepoli di Gesù, primo fra tutti Giuseppe d'Arimatea, chiedono che venga loro consegnato il corpo di Gesù, per potergli dare sepoltura prima del tramonto, secondo il rituale ebraico. I Vangeli narrano che fu lo stesso Pilato ad acconsentire a questa richiesta. "Così, portato un lenzuolo di lino, Giuseppe depose il corpo a terra, lo avvolse nel telo e lo portò in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un grande sasso davanti all'entrata della tomba stessa". Si dice che la storia della Sacra Sindone abbia avuto inizio la domenica successiva alla croci­fissione. I Vangeli narrano che la mattina di quella domenica i discepoli trovarono nella tomba soltanto il tessuto di lino in cui era stato avvolto Gesù. Quel lenzuolo, trovato nella tomba vuota, è lo stesso che si trova attualmente conservato in una teca nel Duomo di Torino? Cerchiamo una risposta a questo interrogativo con un viaggio che d porterà all'antica Gerusalemme, avvalendoci anche della scienza contemporanea. Sarà un viaggio pieno di fascino e di colpi di scena. A mano a mano che ci addentreremo nel mistero della Sindone, l'Uomo che ne era avvolto ci apparirà in una nuova luce. E' possibile considerare la Sindone come la prova del più famoso delitto di tutti i tempi? Osservando le macchie presenti sull'ampio lenzuolo, ed altri elementi, molte persone non dubitano che sia così. Altri, invece, non lo ritengono possibile. Nel 1898 il Re d'Italia autorizzò l'avvocato Secondo Pia, fotografo dilettante, a scattare delle fotografie della Sindone. Ciò avvenne tra il 25 e il 28 maggio dello stesso anno. Grande fu la sorpresa del Pia nel constatare che l'immagine che doveva apparire negativa sulla pellicola, risultava invece un vero e proprio positivo. Egli dimostrò così che l'immagine della Sindone è, in realtà, negativa. La notizia dilagò in tutto il mondo destando un vivo interessamento anche in campo scientifico. Trentatre anni più tardi sarà Giuseppe Enne a fotografare di nuovo la Sindone, nella speranza di cogliere nuovi dettagli. Queste fotografie spinsero Pierre Barbet, primo chirurgo presso l'ospedale St. Joseph di Parigi, ad avviare un'indagine scientifica sulla Sindone. Egli confessò più tardi che sarebbe stato pronto a negare l'autenticità della Sindone se la cicatrice sui polso non avesse coinciso con il resto della struttura anatomica, benché fosse molto affascinato dalla "meccanica" della crocifissione. Egli rilevò due fuoruscite di sangue sul polso sinistro, prodotte dall'introduzione di un chiodo. Constatò poi che queste due fuoruscite sono leggermente divergenti formando così un angolo di circa 5 gradi. Come chirurgo, Barbet sapeva che l'uomo crocifisso, per la posizione che era costretto ad assumere, era in grado di inspirare, mentre poteva espirare soltanto solle­vandosi sul chiodo che aveva confitto nei piedi. In entrambi i casi il flusso del sangue avrebbe assunto un'angolazione legger­mente diversa rispetto all'asse dell'avambraccio. Facendo degli esperimenti con dei cadaveri, Barbet si stupì nello scoprire che la cicatrice del polso mostrava una perfetta corrispon­denza ad un interstizio fra le ossa del polso stesso. Infatti egli appurò che un chiodo conficcato nel palmo della mano, non sarebbe in grado di reggere il peso di un uomo. Un chiodo conficcato nel polso, al contrario, è in grado di immobi­lizzare un uomo sulla croce. Dei carnefici esperti avrebbero dovuto sapere quale era il punto idoneo dove inchiodare le mani. Secondo Pierre Barbet, quindi, le cicatrici nelle mani e sui piedi, rilevabili sulla Sindone, conferma-vano quanto meno da un punto di vista medico l'avvenuta crocifis­sione. Ma cosa ci dicono i reperti archeologici? Gerusalemme è una città dove il passato è altrettanto vivo del presente. Di tanto in tanto vengono fatte nuove scoperte archeologiche, alcune delle quali gettano nuova luce sul mistero della Sindone. Risulta ad esempio da testi antichi che nel giro di 800 anni siano state crocifisse decine, se non centinaia di migliaia di persone. La crocifissione era il tipo di morte più umiliante e la più dolorosa e più sadica forma di esecuzione. Nel 1968, a Gerusalemme fu compiuta una delle scoperte più importanti sulla pratica della crocifissione all'inizio della cristianità. In sostanza, vennero trovati i resti di un uomo che era stato crocifisso nell'antichità. Fu anche identificato il suo nome: era Jchohanan. L'osso del suo calcagno fu trovato in mezzo ad altri resti. Un arpione gli era penetrato completamente nel calcagno, per andare a conficcarsi nel palo dov'era crocifisso. Evidentemente, quando penetrò nel legno urtò contro qualcosa di duro, forse un nodo dell'albero, e si piegò ad amo. Ma la cosa interes­sante è questa: se centinaia di migliaia di persone furono croci­fisse nel corso di 800 anni, perché quest'uomo è l'unica prova fisica esistente al mondo di questa brutale pratica? Alcuni danno questa spiegazione. La maggior parte dei crocifissi venivano legati e non inchiodati alla croce. Uno dei metodi più semplici era quello di legare insieme le mani del condannato e poi appenderlo ad un albero, ad una sbarra o ad una trave. In questo modo i carnefici erano certi di vederlo morire nell'arco di un'ora. La corda aveva un costo inferiore di quello della crocifissione con i chiodi. Ma quando i romani volevano infliggere una punizione più dolorosa ed esemplare, usavano i chiodi. Così fu nel caso di Cristo. Ed ora veniamo al tessuto per accertare se lo si può far risalire al primo secolo. Le testimonianze di quell'epoca, arrivate sino a noi sono molto poche e non sempre ben conservate quanto la Sindone. Il tessuto della Sindone è un intreccio chiamato sala. Il rapporto tra i fili dell'ordito e quelli della trama è di tre a uno. Ulteriori ricerche hanno documentato che nel periodo della crocifissione di Cristo erano reperibili tessuti simili a quello della Sindone. Pochi anni dopo un'altra scoperta archeologica conferì alla storia della passione di Gesù una impres­sionante risonanza. Tutto iniziò con il ritrovamento di una grotta ossario nei pressi di Gerusalemme risalente al I secolo. Recava una scritta che diceva: Giuseppe, figlio di Caifa. Caifa era il sacerdote che aveva presieduto all'interrogatorio di Gesù. Quella era la prima conferma archeologica della sua esistenza. Ma ritorniamo al chirurgo francese Barbet. Con le sue ricerche constata un fatto molto importante che esclude categoricamente l'ipotesi che la Sindone sia un falso. Egli annota: Ho contato in tutto più di cento segni di flagelli. Il cuoio capelluto sanguina molto facilmente e molto abbondan­temente. Si possono notare rigagnoli di sangue sino in cima alla testa. Ognuno di questi ha un andamento irregolare. La Sindone mostra molto chiaramente i segni di una piaga su un fianco. Un'abbondante fuoruscita di sangue è stata in parte nascosta da una pezza di lino che vi è stata cucita sopra dopo l'incendio del 1532. Nel Vangelo di San Giovanni si dice chiaramente che Gesù era già morto nel momento in cui fu colpito con una lancia. Dal Vangelo di Giovanni 19,31-37 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo, e poi anche all'altro, che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe; ma uno dei soldati gli trafisse il costato con la lancia. E subito ne usci sangue e acqua. il chirurgo Barbet racconta: Dagli esperimenti che ho condotto su alcuni cadaveri ho capito che se il corpo fosse stato deposto orizzontalmente, il sangue della vena cava inferiore sarebbe rifluito nell'auricolare sinistra, pas­sando attraverso il canale prodottosi in seguito alla penetrazione della lancia. Il sangue avrebbe dovuto quindi attraversare là parte inferiore del torace e scivolare lungo il fianco fino a raggiungere la schiena. Potrebbe trattarsi di un falso? Tutte le macchie di sangue sono anomale, diverse da quelle dell'iconografia tradizio­nale. Anzi, in genere la contraddicono. Se si trattasse davvero di un falso, basterebbe supporre che il suo autore fosse un esperto d'anatomia, in quanto non c'è praticamente nessun errore. Infatti, l'anatomia è una prova a favore della autenticità della Sindone. Per anni le idee di Barbet infuocarono le discussioni degli scienziati. Ma coloro che ripresero il discorso intrapreso da Barbet erano d'accordo con lui? Ogni tipo di dilemma relativo alla Sindone, che si pensa abbia trovato una risposta, ne crea subito un altro contraddittorio. Da decenni, ad ogni scoperta ha fatto eco una contestazione ma, ammettiamolo, non sempre lucida e sostenuta da analisi scientifiche.

La Sacra Sindone è il tessuto archeologico più studiato nella storia. Tuttavia, nessuna domanda ha trovato risposte certe e incontestabili. Chi era quest'uomo? Che aspetto aveva? La Sindone rivelerà mai tutti i suoi segreti? Ad una sola domanda è stata data una risposta. Che non si tratta di un falso. Molti e laboriosi esperimenti scientifici lo hanno oramai dimostrato. Quando nel 1978 la Sindone fu esposta al pubblico, gli animi tornarono ad infuocarsi, soprattutto all'interno della comunità scientifica. Le azioni che ne conseguirono sono ancora oggi alla base di molte polemiche. Un buon numero di ricercatori riunitosi sotto il nome "Progetto di ricerca sulla Sindone di Torino", ottenne da Umberto di Savoia il permesso di condurre ricerche approfondite sul lenzuolo. Di particolare interesse era verificare se le macchie presenti sulla Sindone fossero davvero macchie di sangue. Secondo una teoria molto diffusa, un tempo la Sindone era soltanto un dipinto ben riuscito. Gli scienziati che seguivano il progetto erano dotati di tutte le conoscenze e attrezzature neces­sarie per suffragare o smentire questa tesi, una volta per tutte. Si trattò in pratica di esami comparabili all'indagine laboriosa su di un crimine. Vernon Miller era uno dei fotografi ufficiali del team di ricerca. La sua area di specializzazione, la fotografia fluorescente, si dimostrò determinante per le scoperte a cui giunsero i ricercatori. Vernon Miller descrive così quei momenti: Lavorammo sugli spettri; irraggiammo la Sindone con diversi livelli di energia e registrammo tutto su una pellicola fluorescente a raggi x. Ottenemmo così una chiara indicazione della composizione chimica della Sindone. Quando si analizzò la fotografia fluorescente a raggi x delle presunte macchie di sangue, ci furono delle sorprese. Samuel Pellicori, biologo, uno dei ricercatori, così descrive cosa fu riscontrato: Scoprimmo che intorno ad alcune macchie di sangue c'è un alone fluorescente. Ebbene, questo alone si comporta come il siero del sangue intero. Cioè, il siero si separa dal sangue intero, depositando dei prodotti solidi che formano un bordo circolare. Così commenta Miller: E' stato facile verificare questo fatto centrifugando del sangue intero; si è riusciti a separare le cellule dal siero e si è visto che il siero, al contrario delle cellule, diventava molto fluorescente. Per avere una ulteriore conferma della presenza del sangue, il gruppo di ricercatori sottopose la Sindone anche ad un esame di microfotografia. Pellicari così descrive come funzionò l'esperimento: Nelle aree insanguinate, si possono notare delle incrostazioni, una sorta di cristallizzazione, causata dal fatto che del materiale solido è rimasto intrappolato tra i fili. La conclusione fu che si trattava davvero di sangue. Al termine dei lavori del 1978 il gruppo continuò le ricerche in America e i professori John Heller e Alan Adler confermarono la presenza di sangue umano sulla Sindone determinando una generale reazione di entusiasmo. Nel 1988 l'assistente tecnico, Giovanni Riggi di Numana, prelevò segretamente, dall'area occipitale, alcuni campioni di sangue della Sindone con l'intenzione di farli esaminare.

Nell'ottobre del 1994 il dottor Victor Tryon diede inizio a una serie di test sul DNA di quel sangue, nel suo laboratorio del Texas. Lo scopo era quello di riconfermare se si trattava realmente di sangue umano. Il dottor Tryon rispose a questa domanda. Ecco le sue parole: Esaminando i due campioni dovevo rispondere all'interro­gativo: apparteneva ad un uomo il DNA presente? La risposta fu affermativa. Entrambi i campioni recavano traccia del gene umano della betaglobulina. (Il gene della betaglobulina è una sequenza di DNA che è presente in una proteina del sangue umano. ndr). La domanda successiva era: di chi era questo DNA? Di un uomo del nostro secolo o di un uomo del secolo scorso? Oppure era di un uomo vissuto 20 secoli fa? L'esame mi dimostrò che il sangue era molto degradato e non era in contraddizione all'ipotesi che si trattasse di sangue di un uomo vissuto 2000 anni fa. Estesi le ricerche per verificare se si trattava del sangue di un uomo o di una donna e gli esami mi confermarono che esistevano cromosomi x e y Ciò significava che i frammenti di sangue che avevo analizzato appartenevano ad un uomo. Anche i risultati di queste analisi suscitarono immediatamente reazioni contrastanti, più che altro per l'atto abusivo del prelievo dei campioni senza l'autorizzazione del Vaticano. Esiste un altro telo che molti credono sia venuto a contatto col volto di Gesù alla sua morte. La cattedrale di Oviedo, in Spagna, è depositaria di questo telo. Si tratta in realtà di un sudano; si dice sia il fazzoletto che sarebbe stato messo sul volto di Cristo sopra la Sindone. A questo argomento abbiamo dedicato un adeguato spazio nelle pagine che seguono pubblicando una relazione proveniente dal Centro Sindologico Spagnolo dalla quale risulta che sul telo non appare alcuna immagine di volto. Ci fu qualcuno però che tentò di fare una comparazione fra l'immagine del volto della Sindone e quella del Sudario di Oviedo: un sacerdote italiano che si fece parte diligente per facilitare questo esame. Egli sostenne che poteva esserci un legame fra i due teli sacri da lui ben conosciuti e affermò di aver rilevato una somiglianza nella forma delle macchie di sangue presenti su entrambi i tessuti e che riteneva possibile anche un esame del sudano di Oviedo. Il dottor Alan D. Whanger, docente universitario, si disse d'accordo e trovò il modo di recarsi in Spagna per confrontare le due immagini. Ecco come ricorda l'evento il dottor Whanger. Quando sviluppammo la nostra tecnica di sovrappo­sizione di immagini polariz­zate, trovammo delle somi­glianze straordinarie fra le macchie presenti sul sudario, in particolare quelle nell'area facciale e nella parte posteriore della testa, e le macchie presenti sulla Sindone. Con questo sistema ci era possibile sovrapporre le due immagini e passare dalla visualizzazione dell'una e all'altra in modo di poter fare confronti immediati. Trovammo circa 70 macchie di sangue nell'area facciale e 50 nella parte posteriore della testa che corrispondono a quelle della Sindone. Per avere una conferma si dovrebbe poter procedere ad un confronto del DNA del sangue presente nei due tessuti. Ma questo non è ancora stato fatto. ll Sudano di Oviedo fu oggetto di esami da parte di un gruppo di ricercatori spagnoli e di altri paesi, che nel tempo resero di pubblico dominio i risultati conseguiti. Nel 1988, la Sindone fu sottoposta alla prova più rigorosa. Poiché prima di essere trasformato in lenzuolo il lino della Sindone era stato una pianta vivente, si pensò che la datazione in base al carbonio fosse un metodo affidabile per stabilirne l'età. Ecco l'opinione del dottor Harry Grove, chimico inglese:

E' un metodo molto accurato che consente di calcolare a quanto risale la morte di una creatura vivente o di una pianta, con uno scarto di più o meno 50/60 anni. Su una creatura vivente si trova in prevalenza il carbonio 12. Il carbonio 12 non si distrugge mai. Il carbonio 14, al contra­rio, si dimezza nel corso di 6000 anni, il che significa che, presi 100 atomi di carbonio 14, tra 6000 anni ne rimarranno soltanto 50. Il cardinale Ballestrero, a quel tempo custode della Sindone, affidò ai laboratori di Oxford, Zurigo e Tucson il compito di analizzare dei campioni. Il laboratorio di Tucson si trova nell'Arizona, Stati Uniti. Il dottor Grove, che fu testimone dell'esperimento nel laboratorio dell'Arizona, ricorda: Fui tanto fortunato di essere invitato quando si stava procedendo all'esperimento. Gli scienziati avevano ottenuto un campione della Sindone e lo avevano convertito in grafite. Lo introdussero in un piccolo acceleratore e in poco più di dieci minuti ottennero un calcolo del rapporto fra la quantità del carbonio 14 e quella del carbonio 12. Gli scienziati che eseguirono questo calcolo documentarono la procedura adottata. Doug Donahuc, fisico e direttore di laboratorio, diresse la sperimen­tazione. il dottor Grove ricorda: Donahuc osservò una curva di taratura e disse: Questo lenzuolo funebre è del 1350. Poi impallidì in modo evidente. Lui è cattolico. Credo che desiderasse fortemente di poter affermare che quel lenzuolo aveva 2000 anni. Anch'io lo desideravo. Invece lui disse: E' del 1350. Gli altri laboratori possono dire quello che vogliono. Io non ho dubbi. Gli altri laboratori giunsero alla stessa conclusione. La datazione risultò essere tra il 1260 e il 1390 d. C. Era evidente che la Sindone non era il lenzuolo di sepoltura di Gesù Cristo. Il caso sembrava chiuso. Il mistero risolto. Ma non era così. Qualsiasi questione inerente alla Sindone, dicevamo, non può non suscitare polemiche. Le passioni degli uomini intervengono sempre a complicare le cose. In tempi recenti, Leoncio Garza -Valdés, microbiologo, scoprì sulla Sindone alcuni microrganismi Entrambi i campioni recavano traccia del gene umano della betaglobulina. (Il gene della betaglobulina è una sequenza di DNA che è presente in una proteina del sangue umano. ndr. La domanda successiva era: di chi era questo DNA? Di un uomo del nostro secolo o di un uomo del secolo scorso? Oppure era di un uomo vissuto 20 secoli fa? L'esame mi dimostrò che il sangue era molto degradato e non era in contraddizione all'ipotesi che si trattasse di sangue di un uomo vissuto 2000 anni fa. Estesi le ricerche per verificare se si trattava del sangue di un uomo o di una donna e gli esami mi confermarono che esistevano cromosomi x e y Ciò significava che i frammenti di sangue che avevo analizzato appartenevano ad un uomo. Anche i risultati di queste analisi suscitarono immediatamente reazioni contrastanti7 più che altro per l'atto abusivo del prelievo dei campioni senza l'autorizzazione del Vaticano. Esiste un altro telo che molti credono sia venuto a contatto col volto di Gesù alla sua morte. La cattedrale di Oviedo, in Spagna, è depositaria di questo telo. Si tratta in realtà di un sudano; si dice sia il fazzoletto che sarebbe stato messo sul volto di Cristo sopra la Sindone. A questo argomento abbiamo dedicato un adeguato spazio nelle pagine che seguono pubblicando una relazione proveniente dal Centro Sindologico Spagnolo dalla quale risulta che sul telo non appare alcuna immagine di volto. Ci fu qualcuno però che tentò di fare una comparazione fra l'immagine del volto della Sindone e quella del Sudario di Oviedo: un sacerdote italiano che si fece parte diligente per facilitare questo esame. Egli sostenne che poteva esserci un legame fra i due teli sacri da lui ben conosciuti e affermò di aver rilevato una somiglianza nella forma delle macchie di sangue presenti su entrambi i tessuti e che riteneva possibile anche un esame del sudano di Oviedo. Il dottor Alan D. Whanger, docente universitario, si disse d'accordo e trovò il modo di recarsi in Spagna per confrontare le due immagini. Ecco come ricorda l'evento il dottor Whanger. Quando sviluppammo la nostra tecnica di sovrappo­sizione di immagini polariz­zate, trovammo delle somi­glianze straordinarie fra le macchie presenti sul sudario, in particolare quelle nell'area facciale e nella parte posteriore della testa, e le macchie presenti sulla Sindone. Con questo sistema ci era possibile sovrapporre le due immagini e passare dalla visualizzazione dell'una e all'altra in modo di poter fare confronti immediati. Trovammo circa 70 macchie di sangue nell'area facciale e 50 nella parte posteriore della testa che corrispondono a quelle della Sindone. Per avere una conferma si dovrebbe poter procedere ad un confronto del DNA del sangue presente nei due tessuti. Ma questo non è ancora stato fatto. fl Sudano di Oviedo fu oggetto di esami da parte di un gruppo di ricercatori spagnoli e di altri paesi, che nel tempo resero di pubblico dominio i risultati conseguiti. Nel 1988, la Sindone fu sottoposta alla prova più rigorosa. Poiché prima di essere trasformato in lenzuolo il lino della Sindone era stato una pianta vivente, si pensò che la datazione in base al carbonio fosse un metodo affidabile per stabilirne l'età. Ecco l'opinione del dottor Harry Grove, chimico inglese: E' un metodo molto accurato che consente di calcolare a quanto risale la morte di una creatura vivente o di una pianta, con uno scarto di più o meno 50/60 anni. Su una creatura vivente si trova in prevalenza il carbonio 12. Il carbonio 12 non si distrugge mai. Il carbonio 14, al contra­rio, si dimezza nel corso di 6000 anni, il che significa che, presi 100 atomi di carbonio 14, tra 6000 anni ne rimarranno soltanto 50. Il cardinale Ballestrero, a quel tempo custode della Sindone, affidò ai laboratori di Oxford, Zurigo e Tucson il compito di analizzare dei campioni. Il laboratorio di Tucson si trova nell'Arizona, Stati Uniti. Il dottor Grove, che fu testimone dell'esperimento nel laboratorio dell'Arizona, ricorda: Fui tanto fortunato di essere invitato quando si stava procedendo all'esperimento. Gli scienziati avevano ottenuto un campione della Sindone e lo avevano convertito in grafite. Lo introdussero in un piccolo acceleratore e in poco più di dieci minuti ottennero un calcolo del rapporto fra la quantità del carbonio 14 e quella del carbonio 12. Gli scienziati che eseguirono questo calcolo documentarono la procedura adottata.

Doug Donahuc, fisico e direttore di laboratorio, diresse la sperimen­tazione. il dottor Grove ricorda: Donahuc osservò una curva di taratura e disse: Questo lenzuolo funebre è del 1350. Poi impallidì in modo evidente. Lui è cattolico. Credo che desiderasse fortemente di poter affermare che quel lenzuolo aveva 2000 anni. Anch'io lo desideravo. Invece lui disse: E' del 1350. Gli altri laboratori possono dire quello che vogliono. Io non ho dubbi.

Gli altri laboratori giunsero alla stessa conclusione. La datazione risultò essere tra il 1260 e il 1390 d. C. Era evidente che la Sindone non era il lenzuolo di sepoltura di Gesù Cristo. Il caso sembrava chiuso. Il mistero risolto. Ma non era cosi. Qualsiasi questione inerente alla Sindone, dicevamo, non può non suscitare polemiche. Le passioni degli uomini intervengono sempre a complicare le cose. In tempi recenti, Leoncio Garza - Valdés, microbiologo, scoprì sulla Sindone alcuni microrganismi viventi, nella fattispecie batteri e funghi. Nel corso dei secoli, questi organismi hanno prodotto un rivestimento biologico sopra le fibre del lenzuolo e continuano a farlo ancora oggi. Garza-Valdés coltiva ancora questi batteri, li tiene vivi e li ha classificati. Questa importante constatazione rese subito chiaro il fatto che gli studi condotti in base al carbonio radioattivo C14 non potevano essere corretti. Quindi l'esame era da contestare. Il microbiologo ipotizzò che le date fornite rappresentassero una media dell'età del lino e di quella dei batteri e di quella dei funghi. I laboratori che avevano eseguito le ricerche sul carbonio radioattivo rimasero fermi sulle loro posizioni. Ma sbagliavano in quanto, privi di conoscenze di microbiologia, non potevano essere sicuri dei risultati conseguiti. A mettere definitivamente in dubbio gli esiti degli esami al carbonio contribui il chimico russo Dmitri Kouznetsov. Egli volle ignorare totalmente l'esito e la procedura degli esami dei tre laboratori e ne effettuò altri su tessuti antichi, non disponendo di campioni della Sindone. Egli operò nel laboratorio Sedou di Mosca con parametri modificati in funzione degli eventi particolari cui era stata sottoposta la Sindone, come l'incendio di Chambery Kouznetsov sostiene infatti che tale incendio avrebbe aggiunto radiocarbonio al lino pervia di sofisticate reazioni, favorite anche dall'argento del cofano in cui era conservata la Sindone. Questo fatto avrebbe "ringiovanito" la datazione. La nuova teoria venne accolta all'inizio con scetticismo e ironia dalla comunità scientifica, ma successivamente considerata valida e pubblicata sulla rivista americana Journal of Archeology Science. Qualcosa di nuovo era emerso però ancora prima delle prove al carbonio 14, nel 1973, con l'esame dei pollini esistenti sulla Sindone. Fu dato l'incarico a Max Frei Sulzer, un tecnico legale svizzero, specializzato in perizie criminali e in ricerche di tracce microscopiche nel corso di esami su reperti o corpi di reato. Fu una scelta fortunata perché Frei, con la sua notevole esperienza, riuscì in certo qual modo a confermare le località dalle quali proveniva il tessuto ed anche la sua datazione approssimata. Usando un apposito nastro adesivo riuscì a prelevare dalla Sindone ben 57 tipi diversi di polline, tracce di fibre, spore di funghi, particelle minerali. Le ricerche di Frei si protrassero per ben dieci anni, sino alla sua morte nel 1983. Egli scopri molti pollini di piante (che fiorirono in epoche diverse, non solo in Palestina, ma anche in altre zone, della Turchia). Successivamente, approfondendo le ricerche, furono scoperte altre specie di pollini tipici della Francia e dell'Italia. Questo esame venne ad assumere un suo peso scientifico sulle valutazioni definitive. In realtà le tipologie dei pollini venivano a confermare l'itinerario storico della Sindone attualmente conservata a Torino. Se l'uomo della Sindone è davvero Gesù di Nazareth, che cosa ne e stato del lenzuolo funebre nei 1300 anni intercorsi tra la crocifissione di Gesù e la sua prima apparizione in Francia? Non pochi ricercatori sostengono di essere in grado di ricostruire il cammino della Sindone da Gerusalemme all'Europa sulla base di indizi e di testimonianze di varia origine, come scritti religiosi, archivi reali e copie pittoriche della Sindone stessa. Nelle pagine che seguono presentiamo in sintesi due elenchi delle dimore che hanno ospitato la Sindone, frutto di ricerche da parte di due enti diversi. La Sindone entra ufficialmente nelle cronache di storia attorno al 1350. Da allora non vi è alcun dubbio su chi l'abbia avuta e dove sia stata. Sappiamo molte cose su Geoffrey de Charny, il primo proprietario della Sindone. Egli era un cavaliere al servizio del re di Francia e aveva partecipato alle Crociate, nel corso delle quali presumibilmente aveva avuto il sacro lenzuolo da qualcuno che se ne era impossessato nel corso di un saccheggio. L'apparizione ufficiale della Sindone avviene a Lirey, in Francia attorno al 1350. Ma vediamo come secondo indagini accurate condotte da un gruppo di ricercatori si delinea l'itinerario percorso dalla Sacra Sindone. E' ammissibile la tesi che nel periodo immediatamente successivo alla crocifissione non se ne parlasse, in quanto l'immagine di un uomo crocifisso era ritenuta impura e dissacrante. Dopo il IV secolo è testimoniata la presenza della Sindone a Gerusalemme in base ad alcuni oggetti archeologici: sono ampolle d'argento, su una delle quali è raffigurata la crocifissione e la resurrezione. Sopra la croce si nota il volto di Cristo, che richiama il volto sindonico. Niceforo Callisto, storico bizantino morto nel 1380, menziona nella sua "Storia della Chiesa" la Sindone e i lini funebri avvolgenti il corpo di Cristo. Tra il VI e VII secolo, nel testo liturgico del Messale Mozarabico si legge che Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e videro "nei lini le recenti impronte del morto che era risorto". Nel VII secolo San Braulione, vescovo di Saragozza, nomina i lini e il sudano in cui fu avvolto il corpo del Signore in una lettera indirizzata all'abate Tajo. Nel VII secolo l'abate Adamnano ricorda il racconto fattogli dal vescovo della Gallia Arculfo, che vide a Gerusalemme il sudario, un telo di lino di quasi otto piedi. Adamnano però non riferisce se il "sudario" portava delle impronte. Lo studioso di numismatica Mario Moroni sostiene che il volto di Cristo Pantocrator, coniato sulle monete bizantine, ricalca in modo impressionante il volto dell'uomo della Sindone, tanto da essere sovrapponibile. Egli pensa che l'autore del volto sia stato ispirato dalla Sindone vedendola a Costantinopoli nel corso degli anni dal 678 al 754. Moroni scrive che la Sindone scomparve dal deposito delle icone di Costantinopoli e nel periodo 754 - 944 fu conservata a Edessa, dove venne esposta ripiegata su se stessa in modo tale che apparisse solo il volto. A Edessa si creò una scuola con pittori che vi andavano apposta per dipingere il volto di Cristo. L'imperatore di Costantinopoli Leone VI (886 - 912) chiese inutilmente la restituzione della Sindone agli edessini, che la consideravano come loro proprietà. Romano 1(919 - 944) inviò un esercito per riaverla e il 16 agosto del 944 la reliquia tornò a Costantinopoli, festeggiata dalla popolazione. Il telo, che era stato esposto ripiegato, venne disteso e si poté avere così la vera immagine. Nell'XI secolo Epifanio Monaco Agiopolita redige un elenco delle reliquie di Gerusalemme e dei luoghi santi, inserendo anche la Sindone. Robert di Clarv che partecipò alla IV crociata nel 1204, scrive che a Costantinopoli, nella chiesa di S. Maria de Blachernae "si trovava la Sindone in cui Nostro Signore fu avvolto e ognuno dei venerdì si alzava dritta sicché si poteva vedere bene la figura di Nostro Signore". Aggiunge che dopo la caduta della città nessuno seppe più cosa fosse avvenuto della Sindone. Infatti Ottone de La Roche, che capitanava la IV Crociata, durante il saccheggio entrò nella Chiesa di S. Maria e si impossessò dei lini funebri, trovando il modo di mandarli poi a suo padre Ponzio de La Roche, in terra francese. Nel 1208, poiché quella reliquia scottava nelle mani del vecchio cavaliere, egli la regalò all'arcivescovo di Besançon, Amedeo di Tramelai. La relazione della donazione si trova nel manoscritto n0826 della Biblioteca di Besançon. Nel 1349 durante un incendio scoppiato nella cattedrale di Besançon la Sindone scompare di nuovo per ricomparire subito dopo a Lirey, un piccolo paese della Champagne, di proprietà del conte Gofiredo di Charny, e che fa parte della diocesi di Troyes. Colui che aveva sottratto il lenzuolo a Besançon, un membro della famiglia de Vergy, lo aveva consegnato al re Filippo VI di Valois, che lo regalò appunto al conte Geoffrey di Charny per ricompensarlo del suo valore. Per custodire la Sindone Goffredo fondò una collegiata di canonici. Nel 1356 la presenza della Sindone a Lirey richiamò subito folle di fedeli, a scapito dei pellegrinaggi alle Chiese della sede arcivescovile di Troyes, irritando il vescovo Henrv di Poitiers, che fece di tutto per proibire le ostensioni, mettendo anche in dubbio l'autenticità della Sindone. Anche il suo successore, vescovo Pierre d'Arcis, nel 1389 affermò che la Sindone non è autentica. Il 6 gennaio 1390 il papa di Avignone con una bolla permise l'ostensione del lino e il l0giugno riconobbe l'autenticità della Sindone di Lirey. Il lenzuolo rimase a Lirey sino a quando, per i pericoli della guerra fra il duca di Borgogna e il re di Francia, i canonici pregarono il conte Umberto de La Roche di custodire il lenzuolo durante il periodo bellico. Egli tenne la reliquia nel castello di S. Hippolite sur le Dubois e alla sua morte la moglie Margherita non lo volle più restituire ai canonici. L’8 maggio 1443 il Tribunale di Dol decise che la contessa poteva trattenere la Sindone dietro consistenti compensi ai canonici. Nel 1451 la contessa, ospite a Chambery dei duchi Ludovico e Anna di Lusignano, portò con sé la Sindone e nel 1453 decise di lasciarla al duca Ludovico di Savoia, appunto a Chambery, in cambio delle rendite della castellania di Mirabelle; e poi di Flumet. I canonici di Lirey reclamarono, ma il duca non cedette. Nel 1502 il duca di Savoia Filiberto Il portò a termine la cappella del castello di Chamberv e l'li giugno vi fece trasportare solennemente la Sindone, che fu posta in una cassa d'argento regalata da Margherita d'Austria. Nel 1516 l'artista Albrecht Durer esegui una copia della Sindone, che è conservata a Lierre (&lgio) nella Chiesa di Saint Gommaire. Le misure della tela sono un terzo dell'originale. il 4 dicembre 1532, la notte di Santa Barbara, a Chambery scoppiò un altro incendio e il lenzuolo venne salvato in extremis. Lo scrittore Filiberto Pingone narra che il consigliere ducale Filiberto Lambert, il fabbro ferraio Guglielmo Pussod e due francescani si avventurano coraggiosamente in mezzo alle fiamme, rompendo i cancelli ed estraendo la Sindone dalla cassa d'argento, già in parte fusa dal calore, in cui era custodita. Spiegato il lenzuolo, videro intatta l'immagine centrale, mentre notarono alcune bruciature nelle pieghe che erano state a contatto con la cassa d'argento surriscaldata. Una goccia d'argento fuso aveva leso la Sindone, segnandola con otto bruciature triangolari simmetriche. il 23 aprile 1533 Papa Clemente VII diede facoltà al Cardinale Ludovico de Gorrevod, che aveva già visto la Sindone nelle precedenti osten­sioni, di accertarsi dell'identità della Sindone, di verificare il suo stato dopo l'incendio e di farla riparare da religiose scelte a suo piacimento. Tra suoni di campane a festa la reliquia fu portata in processione presso il convento delle suore Clarisse e posta su un telaio per essere riparata. Dal 16 aprile al 2 maggio l'abbadessa Luise de Vergin e altre tre consorelle lavorarono a riparare il lenzuolo, con zelo religioso e perizia, sovrapponendo i rattoppi triangolari alle sottostanti bruciature. Completato il lavoro, redassero un verbale minuzioso, in cui annotarono i segni e i danni riscontrati sul lenzuolo. Nel 1578 la Sindone arriva a Torino, divenuta capitale dello stato piemontese, seguendo le sorti della Casa Sabauda, che doveva abbandonare la Savoia e rifugiarsi a Torino dopo varie vicissitudini. La traslazione da Chambery a Torino avvenne in occasione del pellegrinaggio del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, che aveva deciso di recarsi a piedi a Chambery. Il duca Emanuele Filiberto, sapendolo malfermo in salute, per evitargli il valico delle Alpi fece trasportare la Sindone a Torino. Carlo Borromeo partì da Milano il 6 ottobre e dopo quattro giorni di cammino sotto una fitta pioggia giunse a Torino, dove il duca Emanuele Filiberto ed il principe Carlo Emanuele lo accolsero in ginocchio. La Sindone fu esposta sull'altare maggiore della Cattedrale e si tennero 40 ore di adorazione. Dal 1578 all'ottobre 1983 la Sindone (che rimase proprietà della Casa Sabauda) venne mostrata più volte al popolo in occasione di avvenimenti di Casa Savoia o per la festa liturgica locale, che cadeva il 4 maggio. Nel 1694 fu completata la cappella dell'architetto Guarino Guarini come sede definitiva della Sindone, ubicata tra la Cattedrale e il Palazzo Reale. Solo in occasione di particolari avvenimenti la reliquia subì dei trasferimenti. Nel 1706, durante l'assedio di Torino, la Sindone fu portata dalla famiglia reale a Genova. Durante la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1946 la Sindone venne trasferita nel monastero di Montevergine (Avellino), dove rimase sino al 28 ottobre 1946, per poi tornare definitivamente a Torino. Nel 1898 si apre un capitolo nuovo per la Sindone, perché è possibile fotografarla per ottenere delle copie fedeli. In occasione dell'ostensione durante l'esposizione di Arte Sacra a Torino, come abbiamo già ricordato, l'avvocato Secondo Pia, appassionato fotografo, che faceva parte della Commissione, viene autorizzato da S.M.Umberto I a fotografare per la prima volta la Sindone. Egli si dedicò al difficile compito con passione e disinteresse, assumendosi anche le spese vive dei materiali e rinunciando ad ogni proprietà artistica. Fra le tante difficoltà la prima era l'illuminazione, perché si usavano allora le lampade ad arco che non davano luce continua, il materiale fotografico che non era ai tempi molto sensibile e il pochissimo il tempo a disposizione. Nel 1931, dal 3 al 24 maggio, per le nozze del Principe di Piemonte con la Principessa Maria Josè del Belgio, vi fu una ostensione privata durante la quale il lenzuolo fu fotografato da Giuseppe Enne, confermando i risultati di Pia. Le foto di Enne permisero a tutto il mondo di vedere a grandezza naturale l'intera figura sindonica, anche nei minimi particolari. Nel 1933 Papa Pio XI, in occasione del centenario della Redenzione, indisse l'Anno Santo straordinario e ottenne dalla Casa Reale l'esposizione della Sindone. Come già accennato, il 25 settembre 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il lenzuolo fu trasportato da Torino al santuario di Montevergine (Avellino) e il 29 ottobre 1946 il Prof. Luigi Gedda, noto cultore della Sindone, durante una breve ostensione fece una rapida ricognizione della Sindone, di venti minuti. Nel 1939 si fece il I Congresso nazionale di studi sulla Sindone, dovuto ai "Cultores Sanctae Sindonis" che poi resero noti i risultati. Molti furono i temi trattati: particolarmente interessanti le constatazioni mediche in rapporto alla immagine sindonica; gli esperimenti sulla genesi delle impronte; gli studi antropometrici, archeologici e di storia dell'arte. Scienziati di tutto il mondo si appassionarono all'argomento manifestando vivo interesse per i risultati delle ricerche e creando nuovi gruppi di studio. Durante l'Anno Santo 1950 fu organizzato il I Congresso Internazionale , che si tenne a Roma e a Torino. Venne presa in esame la formazione dell'imma­gine, si fecero rilievi medico4egali riguardanti le ferite del costato e studi anatomici sul volto sindonico. Il congresso internazionale suscitò grande interesse mondiale coinvol­gendo molti altri studiosi che intendevano approfondire il problema sindonico. Riprendiamo ora l'argomento degli studi e delle ricerche sulla Sindone dando la parola al professor Whanger, che abbiamo già conosciuto in occasione della comparazione dell'immagine della Sacra Sindone con il telo custodito nella Cattedrale di Oviedo in Spagna. Anche prima delle prove di datazione al Carbonio 14 erano state individuate molte opere pittoriche di Cristo anteriori al 1350. Si riteneva che fosse stata la Sindone ad ispirare i vari artisti.

Whanger racconta: Mia moglie ed io studiammo l'immagine della Sindone sin dal 1979. Abbiamo studiato inoltre migliaia di immagini dei primi secoli e le abbiamo confrontate con quelle della Sindone. Così abbiamo scoper­to che molte di quelle accurate rappresentazioni presentano chiari richiami all'immagine sindonica. L'immagine del 550 chiamata il Pantocrator, è chiaramente ispirata al volto dell'uomo della Sindone, così come mi è capitato di rilevare con altri esempi di arte cristiana. Esaminando l'icona del Pantocrator, siamo in grado di rilevare almeno 250 punti di convergenza con l'immagine della Sindone. E' pur vero che ai cristiani del primo secolo non interessava tanto l'aspetto di Gesù, quanto piuttosto i suoi insegnamenti, la sua morte, la resurrezione; ciò che egli rappresentava, le sue azioni. Quella dell'aspetto fisico è una preoccupazione del nostro secolo. Ma è altrettanto vero che opere pittoriche dei primissimi secoli si caratte­rizzano per il loro grande richiamo al volto della Sindone. La tecnologia del XX secolo ci ha consentito di vedere l'Uomo della Sindone in modo nuovo. Negli anni '70 la navicella spaziale Voyager inviò a terra alcune informazioni riguardanti la superficie degli altri pianeti del nostro sistema. I computer trasformarono questi dati in immagini tridimensionali. Questa stessa tecnologia fu applicata alla fotografia della Sindone. Venne così ad affiorare un volto tridimensionale che consentì ai ricercatori di programmare nuovi studi sulle cause che deter­minarono la formazione dell'imma­gine della Sindone. Da quando furono scattate dall'avvocato Pia le prime fotografie della Sindone, la gente si è mostrata curiosa di sapere quale fosse l'aspetto reale dell'uomo. La sofisticata grafica computerizzata ci offre ora una nuova interpretazione dei dati somatici dell'uomo della Sindone. in che modo il volto di quest'uomo sia rimasto impresso sul lenzuolo, continua ad essere un mistero. Ed è proprio questo mistero che un gruppo di ricerca formatosi nel 1978 si propose di risolvere. Fu fatta una scoperta sorprendente. Sentiamo uno dei fotografi, il professor Miller. Un’immagine si trova sulla parte più superficiale del lenzuolo. Per essere più precisi, sulle fibrille superiori di ogni fibra di lino. Questa constatazione fece cadere due teorie: la prima, secondo la quale l'impressione sul lenzuolo sarebbe stata causata dai gas sprigionati dal corpo in decomposizione; la seconda, secondo la quale l'immagine era stata dipinta. La teoria del dipinto fu ulterior­mente smentita dalla fotografia fluorescente a raggi x. L'esperimento rivelò la presenza sul lenzuolo di una piccola quantità di ossido di ferro. Una quantità comunque non sufficiente a formare un pigmento per dipingere una immagine sulla Sindone. La pittrice Isabel Piczek, uno dei più qualificati studiosi della Sindone, rileva: La Sindone è caratterizzata da alcuni paradossi che profes­sionalmente non riesco a spiegarmi e che credo nessun altro artista riesca a spiegare. Bisogna essere un profes­sionista per accorgersi che il corpo della Sindone è pratica­mente perfetto. La gente non nota che non è diritto; non è diritta la spalla, è proprio piegata in avanti. Anche la testa è leggermente china, e le ginocchia sono tirate in su, cosicché l'immagine appare un po' di sbieco.

Se, come qualcuno sostiene, la Sindone risale al Medioevo, il suo autore doveva essere un vero genio in grado di usare tecniche di prospettiva che furono scoperte più di 100 anni dopo. Un credente sarebbe portato a pensare che è tutta una conseguenza della resurre­zione. Non voglio criticare queste idee, ma io sono un artista, non un teologo. Quello che voglio dire però è che dal momento che la Sindone è un oggetto reale, le leggi della fisica devono avere un loro ruolo. Bisogna però andare cauti; da decenni le leggi della fisica, a volte male utilizzate, tendono a demolire l'autenticità della Sindone, e nessuno vieta a qualsiasi scienziato di esprimere le proprie teorie. Sta di fatto che a tutto oggi è da considerarsi definitivamente documentato che la Sindone non è opera di mano umana, proprio in base a verifiche in rispetto delle leggi non solo della fisica, ma di tante altre discipline. A prescindere dalle teorie sul modo in cui si è formata questa imma­gine, molti concordano su di un aspetto del mistero: nel lenzuolo funebre è stato avvolto un corpo vero. Ma chi era? Un'ignota vittima della pratica della crocifissione nel primo secolo? Un cadavere del Medioevo? Gesù di Nazareth? Benché non si siano mai avute tutte le risposte definitive a queste domande, la Sindone si è guadagnata un posto speciale nel cuore e nella mente dei credenti anche perché è un unicum inspiegabile. Proprio per questo l'immagine della Sindone fu riprodotta in infinite copie. Ogni volta che la Sindone viene esposta in pubblico, folle immense si recano a renderle omaggio. La fede con la quale i credenti intraprendono il loro pellegri­naggio è anch'essa una sorta di dimostrazione; una dimostrazione del fatto che, qualsiasi siano le sue origini, il messaggio della Sindone è ben chiaro. Ciò che è importante è il significato che il credente gli attribuisce, perché i simboli sono per tutti noi stimoli potenti anche se a volte inconsci. Il cardinale di Torino Saldarini, attuale custode della Sindone, giudica così il Sacro Lenzuolo. Il messaggio della Sindone èleggibile nell'immagine im­pressa sul lenzuolo. Attraverso essa ci è possibile rilevare la storia di Cristo e della sua crocifissione. E' un fenomeno straordinario. E' qualcosa che tocca nel profondo. in ogni caso, il lenzuolo non è Cristo. E' un segno che ci ricorda ogni momento quello che Lui ha fatto per noi. Gli studi e le ricerche continuano e forse approderanno un giorno a risultati definitivi e inequivocabili. Per il credente tutto ciò non va considerato come una corsa verso la verità, perché la fede cristiana non si può reggere solo sul valore o l'autenticità di un lenzuolo. Le testimonianze del Sacrificio di Cristo sono infinite e ognuno le ritrova in se stesso, con la fede. La scienza per ora non è in grado di dare una risposta sull'autenticità della Sindone. Questo avviene perché il messaggio della Sindone non è scientifico. Esso non ha nulla a che vedere con la datazione in base al carbonio, col DNA o con la microbiologia. La Sacra Sindone rappresenta la Passione, e la Passione è qualcosa che non si può misurare scientificamente.

COLLEGAMENTO PRO SINDONE

Per chi vuol saperne di più: Collegamento pro Sindone, Collegamento pro Fidelitate e Edizioni Giovinezza hanno lo stesso indirizzo, lo stesso numero di Fax, numero telefonico e indirizzo: Via dei Brusati, 84 - 00163 ROMA - ITALIA - Telefono/Fax: 06-66160914 06-66160914 E-Mail: cpshroud@tin.it - INTERNET http://space.tin.it/scienza/bachm Collegamento pro Sindone è una pubblicazione semestrale con in media 60 pagine. Contiene articoli di alto livello dei più noti studiosi della Sindone di tutto il mondo e a tutto il mondo arriva questa rivista. Inoltre comprende una rubrica intitolata "Notizie Varie" che informa i lettori di tutte le attività sindoniche, sia italiane che estere, e segnala le trasmissioni televisive e radiofoniche, gli articoli di quotidiani e stampa periodica, i libri usciti, le videocassette, ecc., con i dovuti commenti positivi o negativi. Le persone che realizzano Collegamento pro Sindone a tutti i livelli (autori, traduttori, redattori, ecc.) prestano la loro opera a titolo completamente gratuito. Per ricevere il periodico, i lettori versano una libera offerta per coprire le spese vive (carta, fotocopiatrici, spedizione, ecc.). Gli interessati possono rivolgersi al suddetto indirizzo per qualsiasi informazione. I più importanti articoli trovano posto in lingua inglese sullo Shroud of Turin website (http://www.shroud.com/collegam.htm).Il più grande sito INTERNET del mondo relativo alla Sindone, dove anche Collegamento pro Sindone ha il suo sito in inglese, oltre quello italiano grazie alla generosa disponibilità offerta da Barrie M. Schwortz, che fu uno dei fotografi ufficiali del gruppo americano che esaminò la Sindone nel 1978. TESTIMONIANZE E PRINCIPALI AVVENIMENTI SECONDO "COLLEGAMENTO PRO SINDONE"

I sec. - il 7 aprile del 30 d.C. il corpo di Gesù viene avvolto in un candido lino. La mattina di Pasqua questo Lenzuolo viene trovato vuoto ed è raccolto e custodito. Nell'ambiente ebraico del primo secolo un telo che aveva avvolto un cadavere era considerato un oggetto impuro, dunque da non esporre, per cui non si fa alcun cenno della Sacra Sindone. il sec. - Esiste a Edessa (attuale Urfa - Turchia) una particolare immagine su stoffa del volto di Gesù. 525- Durante i restauri della Chiesa di S. Sofia di Edessa viene riscoperta l'immagine del volto di Gesù su stoffa acheropita (non fatta da mani umane, ma opera divina) detta Mandylion (fazzoletto). Numerose testimonianze e descrizioni la mettono in relazione con la Sindone. C'è identità tra il volto della Sindone e le copie del Mandylion con oltre un centinaio di punti di congruenza (cioè punti di sovrapponibilità fra due figure; per il criterio legale americano sono sufficienti 60 punti per affermare che due immagini sono della stessa persona. ndr). il volto di Edessa fu copiato nelle icone dal VI secolo e riprodotto su monete bizantine dal VII secolo; anche in questi casi i punti di congruenza sono oltre 100. 944- Gli eserciti bizantini, nel corso di una campagna contro il sultanato arabo di Edessa, entrano in possesso del Mandylion e lo portano solennemente a Costantinopoli il 16 agosto. Il Mandylion era in realtà la Sindone ripiegata otto volte in modo da far vedere solo il volto. L'immagine del corpo di Cristo viene riprodotta con particolari ispirati alla Sindone, come ad esempio nel manoscritto Pray datato 1192 1195. L'asimmetria degli arti inferiori che si osserva sul lenzuolo torinese (gamba sinistra più flessa) fa nascere la leggenda del Cristo zoppo, riprodotta dagli artisti con la cosiddetta "curva bizantina" e con il poggiapiedi della croce inclinato. 1147 - Luigi VII, re di Francia, durante la sua visita a Costantinopoli venera la Sindone. 1171 . Manuele I Comnneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della Passione, tra le quali è la Sindone. 1204 - Robert de Clarv, cronista alla IV Crociata, scrive che: "Tutti i venerdì la Sindone è esposta a Costantinopoli [...]ma nessuno sa ora cosa sia avvenuto del lenzuolo dopo che fu saccheggiata la città". La Sindone sparisce così da Costantinopoli ed è probabile che il timore della scomunica esistente per i ladri di reliquie ne abbia provocato l'occultamento. Molti indizi fanno pensare che fu portata in Europa e conservata per un secolo e mezzo dai Templari. 1314 - I Templari, ordine cavalleresco crociato, sono condannati al rogo come eretici, accusati anche di un culto segreto ad un Volto che pare riprodotto dalla Sindone. Uno di essi si chiamava Geoffroy de Charny. 1356 - Geoffroy de Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente, consegna la Sindone ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia. Il prezioso telo era in suo possesso da almeno tre anni. 1389 - Pierre d'Arcis, vescovo di Troyes, proibisce l'ostensione della Sindone. 1390 - Clemente VII, antipapa di Avignone, tratta della Sindone in due Bolle e due lettere. 1453 - Marguerite de Charny, discendente di Geoffroy, cede il Lenzuolo ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che lo custodirà a Chambéry 1506 - Papa Giulio Il approva la Messa e l'Ufficio proprio della Sindone, permettendone il culto pubblico. 1532 - Incendio a Chambéry nella notte fra il 3 e il 4 dicembre: l'urna di legno rivestita d'argento che custodisce la Sindone ha un lato arroventato ed alcune gocce di metallo fuso attraversano i diversi strati ripiegati. Due anni dopo le Clarisse cuciranno i rattoppi oggi visibili. 1535 - Per motivi bellici il Lenzuolo è trasferito a Torino e successivamente a Vércelli, Milano, Nizza e di nuovo Vercelli; qui rimane fino al 1561, quando viene riportato a Chambéry 1578 - Emanuele Filiberto il 14 settembre trasferisce la Sindone a Torino, per abbreviare il viaggio a 5. Carlo Borromeo che vuole andare a venerarla per sciogliere un voto. Da allora le ostensioni si succedono per particolari celebrazioni di Casa Savoia o per Giubilei. 1694 - Il 1 giugno avviene la sistemazione definitiva della Sindone nella Cappella costruita dall'architetto Guarino Guarini annessa al Duomo di Torino. In quell'anno il beato Sebastiano Valfrè rinforza i rattoppi e i rammendi. 1706 - In giugno la Sindone viene trasferita a Genova a causa dell'assedio di Torino, al termine del quale, in ottobre, viene riportata nel capoluogo piemontese. 1898 - Prima fotografia, eseguita dall'avv. Secondo Pia fra il 25 e il 28 maggio. Dall'emozionante scoperta del negativo fotografico, che rivela con incredibile precisione le sembianze dell'Uomo della Sindone, iniziano studi e ricerche, soprattutto medico-legali. 1931 - Durante l'ostensione per il matrimonio di Umberto di Savoia, la Sindone viene fotografata di nuovo da Giuseppe Enne, fotografo professionista. 1933 - Ostensione per comme­morare il XIX Centenario della Redenzione. 1939/1946 - Durante la Seconda Guerra mondiale, la Sindone viene nascosta nel Santuario di Montevergine (Avellino) dal 25 settembre 1939 al 28 ottobre 1946.

1969 - Dal 16 al 18 giugno avviene una ricognizione della reliquia da parte di una commissione di studio nominata dal cardinale Michele Pellegrino. Prima fotografia a colori, eseguita da Giovanni Battista Judica Cordiglia. 1973 - Prima ostensione televisiva in diretta (23 novembre). Nuova ricognizione della reliquia. Prelievi di Max Frei e Gilbert Raes. 1978 - Celebrazione del IV Centenario del trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino, con ostensione pubblica dal 26 agosto all'8 ottobre e Congresso Internazionale di studio. Al termine, dall'8 al 14 ottobre numerosi scienziati, prevalen­temente statunitensi appartenenti allo STURP (Shroud of Turin Reseacch Project), effettuano misure ed analisi sulla reliquia per 120 ore consecutive al fine di compiere un'indagine scientifica multidisci­plinare. 1980 - Durante la visita a Torino il 13 aprile, il papa Giovanni Paolo il ha modo di venerare la Sindone nel corso di un'ostensione privata. 1983 - il 18 marzo muore Umberto il di Savoia; per sua disposizione la Sindone è donata al Papa. 1988 - Il 21 aprile dalla Sindone viene prelevato un campione di tessuto per sottoporlo alla datazione con il metodo del Carbonio 14. In base a questa analisi, la Sindone risalirebbe al medio evo, ad un periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Le modalità dell'operazione di prelievo e l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone sono ritenute insod­disfacenti da un numero rilevante di studiosi. Tra questi lo scienziato russo Dimitri Kouznetsov il quale, negli anni successivi, dimostra sperimentalmente che l'incendio del 1532 ha modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone, alterandone così la datazione che va invece ricondotta al I sec. d.c. Contemporaneamente lo scienziato statunitense Leoncio Garza Valdès ha verificato la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre i fili sindonici come una patina e che non è eliminabile con i normali sistemi di pulizia. Usando un trattamento a base di enzimi particolari, si riesce a rimuovere questo inquinante e ciò permette di ricondurre la datazione della Sindone al I sec. d.C. 1992- il 7 settembre viene effettuata una ricognizione del Sacro Telo da parte di esperti invitati a suggerire iniziative ed interventi idonei a garantirne la migliore conser­vazione. 1993 - Il 24 febbraio la Sindone è temporaneamente trasferita dietro l'altare maggiore del Duomo di Torino per consentire i lavori di restauro della cappella guariniana. La reliquia viene posta in una teca di cristallo con le pareti spesse 39 mm., a temperatura e umidità controllate. 1997 - Nella notte tra l'lì e il 12 aprile un incendio provoca gravissimi danni alla Cappella della Sindone. Fortunatamente dal 1993 il Lenzuolo era stato trasferito nel Duomo a causa dei lavori di restauro della Cappella. Questo fatto ha permesso ai Vigili del Fuoco di avvicinarsi alla speciale struttura che era stata realizzata per contenere la teca di legno rivestito d'argento nella quale è avvolta la Sindone. ll vigile Mario Trematore ha rotto la struttura di vetro antiproiettile e salvato la Sindone. 1114 aprile una commissione di esperti, composta anche dal cardinale Giovanni Saldarini, ha esaminato lo stato del Lenzuolo. È stato constatato che nessun danno si è verificato e il cardinale ha confermato che le ostensioni programmate per il 1998 e per il 2000 si terranno regolarmente a Torino. 1998 - Celebrazione del centenario della prima fotografia, con ostensione pubblica dal 18 aprile al 14 giugno. Dal 5 al 7 giugno si svolgono i lavori del III Congresso Interna­zionale di Studi Sindonici. 2000 - Celebrazione del Grande Giubileo della Redenzione, con ostensione pubblica dal 12 agosto al 22 ottobre.

GLI SPOSTAMENTI SECONDO lAN WILSON

1355: le prime esposizioni della Sindone sono avvenute in questo periodo a Lirey 19.9.1356: la Sindone rimane in possesso della famiglia de Charny. Giugno 1418: la figlia di Geoffrey il de Charny's, morto nel 1398, si sposa con Umberto de Villersexel, Conte de la Roche che, un mese dopo, porta la Sindone nel suo castello. 8.5.1443:11 diacono ed i canoni di Lirey richiedono a Margherita de Charny di restituire la Sindone. 9.5.1443: Viene istituita una causa che vede contro Margherita ed i canoni di Lirey. Margherita vince la causa e tiene la Sindone. 1113.9.1452 Margherita mostra la Sindone a Germnolles, vicino a Macon, in una pubblica esposizione al castello. 1457: Viene indetta la scomunica per Margherita se non restituisce la Sindone; il 30 Maggio le viene mandata la lettera di scomunica. 7.10.1460: Muore Margherita de Charny 6.2.1464:11 duca Luigi I di Savoia stipula un patto di pagamento annuale con i canoni di Lirey 1465: Muore Luigi I. Al suo posto c'è il figlio Amedeo IX che con sua moglie lolanda, duchessa di Francia, era devotissimo alla Sindone. Si dice che nel 1502 abbia istituito il culto della Sindone nella Santa Cappella di Chambery. lolanda fonda il convento delle clarisse di Chambery le cui sorelle riaggiustarono il tessuto dop9 l'incendio della Cappella. 20.9.1471: Là Sindone viene trasferita da Chambery a Vercelli. 14.5.1473: Due delegati dei canoni di Lirey richiedono a bianda il pagamento di 8 anni di arretrati per la Sindone o, al posto di ciò, la restituzione di questa. 2.7.1473: La Sindone viene trasferita da Vercelli a Torino. 5.10.1473: Da Torino a Ivrea. 18.7.1474: Da Ivrea a Moncalieri. 25.8.1474: Da Moncalieri a Ivrea. 5.10.1475: Attraverso le Alpi, da Ivrea a Chambery. 1477/8: A Susa - Avigliano - Rivoli.

20.3.1478: Esposta a Pinerolo. 1485: La Sindone è trasportata con i Savoia, durante i loro soggiorni alla corte, da castello a castello. 1488: Domenica di Pasqua; la Sindone è esposta a Savigliano. 1494: La vedova duchessa Bianca di Savoia espone la Sindone a Vercelli alla presenza di Rupis, segretario del duca di Mantova. Leonardo inizia il disegno dell'Ultima Cena, sul quale lavorerà due anni. 11.6.1502: Su ordine della duchessa di Savoia Margherita d'Austria, la Sindone non viene più spostata con i Savoia durante i loro viaggi, ma prende una dimora fissa nella cappella reale del Castello di Chambery~ 14.4.1503: Esposizione della Sindone a Boure-en-Bresse per l'Acciduca Filippo al suo ritorno da un soggiorno in Spagna. La Sindone, trasportata da Chambery con una grande cerimonia dal duca Filiberto e dalla duchessa Margherita, è esposta su un altare in una delle grandi stanze del palazzo del duca. "La conferma che la Sindone fosse veramente quella era data dal fatto che era stata bruciata, bollita nell'olio, lavata molte volte.. .ma non fu mai possibile cancellare o rimuovere le impronte e l'immagine". 4 dicembre 1532: Un incendio alla Sainte Chapelle la danneggia seriamente. Visto che la Sindone è protetta da quattro lucchetti, il canonico Philibert Lambert insieme a due Francescani decide di chiedere l'aiuto di un maniscalco per aprire la griglia protettiva. Quando riescono ad aprirla, l'urna fatta costruire da Margherita d'Austria, ha già cominciato a sciogliersi a causa del calore. La Sindone conservata al suo interno però è intatta, fatta eccezione per un angolo bruciato e bucato da una goccia di argento fuso. 16 aprile 1534: Le Clarisse di Chambéry riparano la Sindone cucendola con un rinforzo di tela (tela d'Olanda) e cucendo pezze sulle parti danneggiate maggiormente. Il lavoro di riparazione viene completato il 2 maggio. Coperta da un telo d'oro, la Sindone viene riportata al castello dei Savoia a Chambéry 1535: La Savoia viene invasa dalle truppe francesi. Carlo m scappa 4 maggio 1535: La Sindone viene esposta a Torino. 7 maggio 1536: La Sindone viene esposta a Milano. 1537: In seguito all'invasione dei francesi, la Sindone viene spostata per sicurezza a Vercelli. 29 marzo 1537: La Sindone viene esposta sulla torre di Bellanda a Nizza. 1540: La Sindone viene spostata ad Aosta. 1541: La Sindone torna nuovamente a Vercelli, dove resterà per vent'anni. Inizi di giugno 1561: La Sindone viene riportata a Chambéry e deposta nella chiesa di 5. Maria l'egiziana, in un convento francescano. 1578: Sua Santità il Cardinale Carlo Borromeo (1538-1584> decide di andare a piedi da Milano a Chambéry per rendere grazie alla Sindone per la liberazione di Milano dalla peste. Per evitare a Borromeo il peso di un viaggio simile, il duca Emanuele Filiberto ordina che il lenzuolo sia portato da Chambérv a Torino. 14 settembre 1578: La Sindone giunge a Torino e viene salutata da un colpo di cannone. Venerdì 10 ottobre 1578: Esposizione privata della Sindone riservata al Cardinale Borromeo e al suo seguito. 1608: È il 300 anniversario della venuta della Sindone a Torino. Una copia della stampa preparata per l'occasione è conservata al British Museum di Londra. 1640: Esposizione della Sindone come ringraziamento per la fine della peste a Torino. In questa occasione viene ritratta dall'ori­ginale una copia dipinta della Sindone, conservata al castello di Garcimunoz.

SECONDO RICERCHE E STUDI COLLEGAMENTO PRO SINDONE

Cosa certamente è la Sindone. È un lenzuolo di lino (4,36 x 1,10 m) che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato. Le macchie di sangue e di siero presenti sono irriproducibili con mezzi artificiali. E sangue coagulatosi sulla pelle di un uomo ferito e ridiscioltosi a contatto con la stoffa umida. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all'analisi del DNA è risultato molto antico.

Il sangue è dello stesso tipo di quello riscontrato sul Sudario conservato nella Cattedrale di Oviedo (Spagna), una tela di 83 x 52 cm. che presenta numerose macchie di sangue simmetriche, passate da una parte all'altra mentre era piegata in due. La tradizione la definisce Santo Sudario o Sagrado Rostro, cioè Sacro Volto. La preziosa stoffa giunse ad Oviedo nel IX secolo, in un'Arca Santa di legno con altre reliquie, proveniente dall'Africa settentrionale. Il sangue presente sul Sudario è umano, appartiene al gruppo AB e il DNA presenta profili genetici simili a quelli rilevati sulla Sindone. Il Centro Espanol de Sindonologia ha ulteriori informazioni sul Sudario di Oviedo nel suo website.

Oltre al sangue, sulla Sindone c'è l'immagine del corpo che vi fu avvolto. Questa immagine è paragonabile ad un negativo fotografico. È superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all'acqua, non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca. Non c'è via di mezzo. Invece sulla Sindone c'è immagine anche dove sicuramente non c'era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Si può dunque ipotizzare un effetto a distanza di tipo radiante.

Cosa certamente non è la Sindone. L'immagine non è stata prodotta con mezzi artificiali. Non è un dipinto né una stampa: sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Non è il risultato di una strinatura prodotta con un bassorilievo riscaldato: le impronte così ottenute passano da parte a parte, tendono a sparire, hanno diversa fluore­scenza.

Cosa non conosciamo della Sindone. Il meccanismo fisico-chimico all'origine dell'impronta. Si può ipotizzare un meccanismo come un fiotto di radiazione non penetrante che si attenua con il passaggio nell'aria, e che diminuisce con la distanza.

Perché la Sindone non può essere medievale. La manifattura rudimentale della stoffa, la torcitura Z (in senso orario) dei fili, la tessitura in diagonale 3 a 1, la presenza di tracce di cotone egizio anti­chissimo, l'assenza di tracce di fibre animali rendono verosimile l'origine del tessuto nell'area siro-­palestinese del primo secolo. Altri indizi: grande abbondanza di pollini di provenienza mediorien­tale e di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simiile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; tracce sugli occhi di monete coniate il 29 d.C. sotto Ponzio Pilato. Nel medioevo erano comple­tamente ignorate le conoscenze storiche e archeologiche sulla flagellazione e la crocifissione del I secolo, di cui si era persa la memoria. L'eventuale falsario medievale non avrebbe potuto raffigurare Cristo con particolari in contrasto con l'iconografia medievale: corona di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani, corpo nudo, assenza del poggiapiedi. Inoltre avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all'epoca di Cristo. Lo stesso falsario avrebbe dovuto immaginare l'invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite. Il falsario avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata nel XIX secolo, e l'olografia realizzata negli anni '40 del nostro secolo. Avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post­mortale; rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, scoperta nel 1666. Sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato omicida trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell'arte bizantina; e, soprattutto, “pestare a sangue” l'uomo in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Ne avrebbe dovuti uccidere parecchi prima di raggiungere il suo scopo: sarebbe stato, quindi, un serial killer imprendibile... Anche altri particolari, come l'apparente assenza dei pollici e la posizione più flessa di una gamba, sono in sintonia con le antiche raffigurazioni del Cristo morto, ma difficilmente riproducibili con un qualsiasi cadavere. Procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno putrefattivo, processo accelerato dopo decessi causati da un così alto numero di gravi traumi. Un'altra difficoltà, ma non di minor peso, sarebbe stata quella di prevedere che da un cadavere si potesse ottenere un'immagine così ricca di particolari; infine, sarebbe impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. La realizzazione artificiale della Sindone è impossibile ancora oggi; a maggior ragione nel medio evo.

Perché la Sindone è il lenzuolo funerario di Cristo. C'è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari "persona­lizzati" del supplizio. La flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione 120 colpi invece degli ordinari 21). La coronazione di spine, fatto del tutto insolito. Il trasporto del patibulum. La sospensione ad una croce con i chiodi invece delle più comuni corde. L'assenza di crurifragio. La ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero. Il mancato lavaggio del cadavere (per la morte violenta e una sepoltura affrettata). L'avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato e la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune. Il breve tempo di permanenza nel lenzuolo. Valutando la probabilità che questi eventi (alcuni estremamente rari) si siano verificati contempora­neamente su un uomo diverso da quello descritto nei Vangeli, si arriva ad una sola probabilità su duecento miliardi che l'Uomo della Sindone non sia Gesù di Nazareth.

Indizi congrui con la tesi della Risurrezione. Il corpo dell'Uomo della Sindone non presenta il minimo segno di putrefazione; è rimasto avvolto nel lenzuolo per un tempo di 30-36 ore. La formazione dell'immagine potrebbe essere spiegata con un effetto fotoradiante connesso alla Risurrezione. Non c'è traccia di spostamento del lenzuolo sul corpo. E come se questo avesse perso all'improvviso il suo volume.

Obiezioni sulla datazione radiocarbonica della Sindone. La datazione è stata effettuata dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo. il risultato, 1260-1390 d.C., è stato annunciato il 13/10/88 e pubblicato su Nature il 16/2/1989.

Limiti del metodo e controin­dicazioni all'applicabilità alla Sindone. Alcuni postulati su cui si basa il metodo vengono oggi messi in discussione. Esistono casi clamorosi di datazioni errate a causa di contaminazioni ineliminabili. Peculiarità dell'oggetto, che è un Il lenzuolo ha subito molte vicissitudini (incendi, restauri, acqua, esposizioni all'ambiente esterno, al fumo delle candele, al respiro dei fedeli, ecc.) e quindi è andato soggetto ad alterazioni e contaminazioni.

Perplessità sullo svolgimento dell'esame e sospetti sulla sua correttezza. Esclusione di alcuni laboratori a vantaggio di altri. Eliminazione di uno dei due metodi di datazione con il C14. Rifiuto della collaborazione con altri scienziati e della multidisci­plinarità da parte dei tre laboratori prescelti con esclusione di tutta una serie di esami, fra cui l'indispen­sabile analisi chimica preliminare dei campioni da datare. Scelta errata del sito di campio­namento: da un unico punto e per di più da un angolo che è molto inquinato e può essere stato restaurato nel medio evo. Non tornano i conti dei pesi e delle misure dei campioni sindonici: dai dati dichiarati essi pesano circa il doppio di quanto avrebbero dovuto. Comportamento anomalo dei laboratori e cambiamenti di protocollo. Farsa del test alla cieca. Funzione dei campioni di controllo completamente vanificata dall'an­nuncio della loro età. Acquisizione anomala e fuori protocollo di un campione aggiuntivo. Manca un verbale delle operazioni di prelievo. Obbligo della riservatezza infranto. I laboratori non hanno voluto far conoscere i dati primari dei loro esami e i protocolli completi del lavoro svolto. Disomogeneità dei tre campioni: secondo il test statistico di Pearson sulla variabile X2 (chi quadro) esistono 957 probabilità su 1000 che la data radiocarbonica ottenuta non sia quella dell'intero lenzuolo. Per il X2 pubblicato su Nature in riferimento alla Sindone (6,4) viene arbitrariamente attribuito il livello di significatività S. Essendo invece la significatività 4,07, i valori ottenuti dai tre laboratori sono incompatibili tra loro e il risultato finale ufficialmente reso noto dai carbonisti perde di significato. Sarebbe opportuno ripetere la datazione anche con altri metodi, come quello dell'analisi del grado di depolimerizzazione della cellulosa del lino. Essa va però inserita in un contesto multidisciplinare di altri esami, con controlli rigorosi di tutte le operazioni.

L'incendio ha alterato il telo. Lo scienziato russo Dmitri Kouznetsov, direttore dei E.A. Sedov Biopolymer Research Laboratories di Mosca, premio Lenin, analizzando i dati pubblicati su Nature ha rilevato che i tre laboratori non hanno tenuto conto di tre fattori fondamentali: Nella lavorazione della pianta di lino viene eliminata la parte composta di lipidi (grassi) e proteine che è meno ricca di carbonio radioattivo rispetto alla fibra tessile, per cui quando questa viene sottoposta a datazione risulta più giovane della pianta viva dalla quale è stata estratta. L'alta temperatura raggiunta durante l'incendio di Chambéry (la cassetta con la Sindone fu avvolta dalle fiamme nell'incendio del 4 dicembre 1532) provoca scambi di isotopi che portano ad un arricchimènto persino del 40% di carbonio radioattivo facendo risultare in proporzione più "giovane" il tessuto. La reazione è favorita dalla presenza dell'argento che ricopriva la cassetta. Alcuni batteri operanti sulla superficie del lino possono, attraverso la loro attività enzimatica, legare chimicamente gruppi alchilici alla cellulosa. Questi gruppi contengono carbonio derivato dall'ambiente locale. Anche quando i batteri vengono rimossi dalla pulizia, le modificazioni della cellulosa restano. Va sottolineato che le trasformazioni del lino dovute all'incen­dio e all'azione microbica sono di natura chimica e non fisica: perciò i solventi e le tecniche di pulizia usati dai laboratori della radio­datazione, che rimuovono la contaminazione di tipo fisico, come la sporcizia, non rimuovono i gruppi contenenti carbonio che si sono aggiunti, perché questi gruppi formano legami chimici diret­tamente con le molecole della cellulosa stessa. Il combinato ritocco dovuto ai tre fattori ha portato D. Kouznetsov a spostare indietro di 13 secoli la datazione medievale dei tre laboratori e dunque a collocare nel primo secolo l'età della Sindone.

La patina biologica. Leoncio Garza Valdés, ricercatore dell'Istituto di Microbiologia dell'Università di San Antonio (Texas) afferma di aver identificato, su un campione di Sindone fornitogli non ufficialmente da Giovanni Riggi, la presenza di un complesso biologico composto da funghi e batteri che ricopre come una patina i fili e non è elimmabile con i consueti trattamenti di pulizia. Esso perciò avrebbe falsato la datazione radiocarbonica. Una mummia egiziana conservata nel Museo di Manchester ha fornito addirittura date diverse per le ossa e le bende; queste ultime sono risultate 800-1.000 anni più "giovani" delle ossa. Un interessante esperimento è stato condotto da Garza Valdés, il quale ha trattato un campione delle bende della mummia con uno speciale preparato enzimatico che rimuove il rivestimento batterico. Datando la stoffa dopo questa pulizia speciale si è ottenuta la stessa età del cadavere.

Le ricerche più recenti.

Il lenzuolo "attraversa" il corpo. Sono da segnalare gli sviluppi delle indagini di John P. Jackson, il fisico americano che divenne famoso nel 1977 assieme ad Eric I. Jumper per aver realizzato la prima elaborazione elettronica tridi­mensionale del corpo dell'Uomo della Sindone e che ha attivato un sito Internet. I. P Jackson ha considerato alcune acquisizioni ormai fuori di dubbio: la grande definizione dei particolari della figura umana: se l'immagine fosse dovuta a diffusione o irraggiamento, risul­terebbe molto più sfocata; - l'immagine è dovuta alla colorazione delle singole fibrille superficiali, il cui numero per unità di area determina la maggiore o minore intensità della figura; - l'elaborazione tridimensionale è possibile grazie ad una correlazione esistente fra l'intensità di colore dei singoli punti e la distanza tela­corpo; - la natura chimica dell'immagine è dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali. senza sostanze di apporto; - l'immagine è una proiezione verticale della figura su un piano orizzontale: c'è una corrispondenza in verticale fra il corpo ed i punti corrispondenti dell'immagine; - il telo ha avvolto un vero cadavere: le macchie di sangue sono dovute al contatto diretto con le ferite di un corpo umano; - mancano tracce di immagine corporea laterale, mentre ci sono macchie di sangue laterali; - sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, succes­sivamente, si formava l'immagine. In base a tali considerazioni, J. P. Jackson ha ipotizzato che il telo, mentre si formava l'immagine corporea, abbia assunto una posizione diversa da quella che aveva mentre si formavano le macchie di sangue. Il sangue avrebbe macchiato il lenzuolo quando era adagiato sul corpo umano disteso, mentre l'immagine si sarebbe formata a causa di un apporto energetico per contatto, mentre il lenzuolo pian piano si afflosciava attraversando il corpo, divenuto meccanicamente traspa­rente. I punti precedentemente in contatto con la pelle si portano lateralmente e l'immagine gullina della figura si forma sul telo man mano che, scendendo per gravità, incontra il contorno del corpo. Ad esempio, le macchie di sangue che vediamo sul capelli, si sarebbero formate dove il telo, in un primo momento, toccava le guance. L'apporto energetico potrebbe essere stato dato da raggi ultravioletti (o raggi X molli), che si propagano solo per contatto diretto. Prove eseguite su un telo di lino irradiato per contatto con raggi X molli e poi invecchiato in forno hanno dato un ingiallimento paragonabile a quello della Sindone. Un'emissione di luce Il fisico russo Alexander V. Belyakov ipotizza che il corpo di Gesù risorto sia fatto di luce. Tale corpo irradierebbe luce da tutto il suo volume, non dalla sola superficie; se esso inoltre assorbisse la sua stessa emissione, questa in massima parte sarebbe diretta ortogonalmente alla superficie del corpo stesso. I calcoli teorici da lui eseguiti rendono plausibile la sua ipotesi di formazione dell'imma­gine; egli sta ora portando avanti studi di simulazione al computer. Irradiamento di protoni Molto interessanti sono anche gli esperimenti del biofisico Jean­Baptiste Rinaudo, ricercatore di medicina nucleare a Montpellier. Secondo questo scienziato, l'ossidazione acida delle fibrille superficiali della Sindone nelle zone di immagine, l'informazione tridimensionale contenuta nella figura, la proiezione verticale dei punti si possono spiegare con un irradiamento di protoni che sarebbero stati emessi dal corpo, sotto l'effetto di un apporto di energia sconosciuta. Gli esperimenti condotti su tessuti di lino hanno portato a risultati confrontabili con la Sindone. Interessante il fatto che il successivo invecchiamento artificiale dei campioni rinforza le colorazioni delle ossidazioni ottenute. J.-B. Rinaudo ritiene che gli atomi coinvolti nel fenomeno siano quelli del Deuterio, presente nella materia organica: è l'elemento che ha bisogno della minore energia per estrarre un protone dal suo nucleo, che è formato da un protone e da un neutrone. E un nucleo stabile, quindi c'è stato bisogno di un apporto di energia per romperlo. I protoni prodotti avrebbero formato l'immagine, mentre i neutroni avrebbero irradiato il tessuto, con il conseguente arricchimento in C14 che avrebbe falsato la datazione.

DAL CENTRO DI RICERCHE SINDOLOGICHE DEL COLORADO

Si può affermare che l'interesse degli scienziati moderni nei confronti della Sindone sia iniziato nel 1898, quando il fotografo italiano Secondo Pia fece le prime fotografie della Sindone. Durante il normale processo di stampa delle foto, Pia rilevò che l'immagine sul Telo era negativa, mentre sulla lastra fotografica risultava positiva.(fig.1) Questa scoperta fece il giro del mondo, coinvolgendo molti scienziati e diede inizio a un continuo e crescente interesse scientifico per la Sindone fino ai giorni nostri. L'importanza scientifica della scoperta di Pia ha due aspetti. Il primo, l'ombra dell'immagine del corpo della Sindone è come un negativo, dove le ombre di chiaro e scuro sono invertite rispetto al modo in cui esse appaiono normal­mente in una ordinaria esperienza visiva. Cioè, siamo soliti vedere persone con la luce evidenziata e ombre scure. Ma nella Sindone il bianco e il nero sono invertiti. La prima domanda che ci si pone spontaneamente è come abbia potuto la Sindone essere l'opera di un artista o artigiano. Tale persona vissuta nel Medio Evo o forse prima, avrebbe dovuto lavorare con un procedimento assoluta­mente non convenzionale e innatu­rale, sconosciuto prima dell'avven­to della fotografia. Il secondo aspetto significativo della scoperta di Pia è che la quantità delle informazioni (o correlazione con sottigliezze anatomiche di un corpo umano, è notevole, di gran lunga superiore a quella che ci si poteva aspettare da una normale interpretazione artistica della forma umana. E' improbabile, se non impossibile, che un artista del Medio Evo potesse dipingere una immagine così accurata anato­micamente, in negativo. Nel 1931, la Sindone fu fotografata ancora da Giuseppe Enrie, un altro fotografo italiano. Anche queste foto mostravano le caratteristiche del negativo dell'immagine della Sindone, ma con maggiore definizione. L’immagine al negativo di Enrie appare nella figura 2. Nel 1902, il chimico francese Paul Mignon, nello studiare la fotografia di Pia, pensò che l'intensità dell'immagine della Sindone rivelasse anche una variazione di fuoco sui punti di appoggio del tessuto e il corpo del soggetto. Cioè, più il telo era vicino al corpo del defunto, più era a fuoco l'immagine del corpo stesso. Anche se non riuscì a dimostrare con valutazioni tecniche questa osservazione, gli fu possibile ottenere risultati pratici effettuando le prove su di un corpo umano ed a spiegare la correlazione fra le distanze, sostenendo che l'immagine fosse dovuta a vapori di ammoniaca emessi dalla superficie del corpo. Nel 1974, presso il Centro Sindologico del Colorado, John Jackson effettuò delle prove rigorose per avere una conferma di quanto rilevato da Paul Vignon. Distese sul corpo di un uomo la ricostruzione del tessuto della Sindone e fu così in grado, con sofisticate esperienze, di rilevare a mezzo di un microdensitometro le variazioni di intensità dell'imma­gine, in base alla distanza che c'era fra i vari punti d'appoggio del tessuto con piena aderenza e quelli dove il tessuto era un po' staccato. (Il microdensitometro è uno strumento che può misurare in vari punti l'intensità di una fotografia. ndr). Questi rilievi sulla differenza di intensità dell'immagine dimostrati in modo evidente, con un'analisi fotografica, portarono per riduzione ad una comparazione con un rilievo topografico tridimensionale. Se le intensità dell'immagine della Sindone sono correlate con distanza fra tessuto e corpo, allora il risultato dell'immagine in rilievo dovrebbe corrispondere ad una forma tridimensionale di un corpo umano. Il 19 febbraio 1976 Jackson portò una fotografia della Sindone al laboratorio di analisi di immagini di Bili Mottern. La fotografia della Sindone fu esaminata con un analizzatore di immagini, analogo a un computer che converte l'intensità dell'immagine diret­tamente in un rilievo verticale. Stupefacentemente l'immagine in rilievo sembrava anatomicamente plausibile, persino negli imper­cettibili dettagli del volto. La figura 3 mostra il rilievo della immagine complessiva del corpo visto di fronte e il negativo di Enrie dal quale deriva. Chiaramente la completa struttura 3-D dell'imma­gine presenta realisticamente una forma umana. Se ora consideriamo l'immagine in rilievo del volto, figura 4, vediamo che l'intera struttura facciale tridimensionale di un normale volto umano è riprodotta accuratamente. Per esempio, vediamo che il naso è più sporgente rispetto alle guance, che a loro volta sono più sporgenti delle cavità orbitali, e così via. Possiamo anche vedere che le labbra sono propriamente in relazione con il naso e le guance. Se la paragoniamo con l'immagine facciale di Enrie, possiamo vedere chiaramente che ha queste caratteristiche: vediamo che il naso è tracciato con più alto rilievo perché ha l'intensità più chiara, le guance sono meno chiare e, di conseguenza, hanno un rilievo inferiore rispetto al naso. Il fatto empirico che l'immagine del corpo nella posizione frontale della Sindone sia correlato con la distanza corpo-tessuto, presenta maggiori problemi riguardo le ipotesi che descrivono l'origine dell'immagine della Sindone. Primo, le caratteristiche tridimen­sionali dell'immagine fanno pensare con fermezza che questo non poteva essere il lavoro di un artista. Abbiamo esaminato con l'analizzatore numerose copie artistiche della Sindone prodotte nei secoli scorsi. Senza eccezione queste immagini in rilievo appaiono molto distorte. Inoltre non conosciamo alcun esempio artistico nella storia in cui qualcuno pensò intenzionalmente di codificare la struttura dell'intensità della sua opera con significati tridimensionali. Di conseguenza, dobbiamo considerare che l'immagine sulla Sindone fu il risultato di un processo fisico per ora inspiegabile (perché la correlazione della distanza di intensità rivela un ordine matematico nella struttura dell'immagine). Tuttavia, sulla base di questa correlazione, possiamo rifiutare l'ipotesi che l'immagine sia il risultato di un trasferimento diretto per contatto da un corpo a un tessuto (perché vediamo scolorimento dell'immagine del corpo dove il contatto del tessuto è estremamente dubbioso). Possiamo anche escludere la semplice diffusione o radiazione da un corpo perché entrambi i meccanismi di trasferimento, che agiscono attraverso lo spazio, produrrebbero un'immagine sfocata. Quest'ultima ipotesi, in effetti, respinge la teoria della diffusione di ammoniaca proposta da Vignon e sopra menzionata. Nel 1978 la Sindone fu studiata da un gruppo di scienziati professionisti degli Stati Uniti, chiamato STURP (Shroud of Turin Research Project, Inc.) Questo gruppo era composto da scienziati provenienti da università, laboratori scientifici e industrie. Lo STURP fu autorizzato dal Cardinale di Torino, custode della Sindone, ad acquisire tutti i dati scientifici sulla Sindone sino ad allora raccolti. I risultati dello STURP furono pubblicati su numerose riviste scientifiche agli inizi degli anni 80. Un famoso resoconto del lavoro del team STURP lo si può trovare nel Nationai Geographic Magazine. Le principali conclusioni di questo gruppo sostengono che le macchie sulla Sindone sono di sangue e che l'immagine del corpo è chimicamente una figura di cellulosa degradata. In altre parole, l'immagine del corpo è il risultato di un cambiamento molecolare nella cellulosa del lino, con una struttura chimica simile a quella provocata da una scottatura (anche se una spiegazione termica per l'immagine è inspiegabile). Nessun agente chimico estraneo, di qualche importanza, è stato rilevato che possa avere agito sulla Sindone. L'immagine del corpo si trova sulle fibrille della superficie o nella parte più esterna del tessuto. Al microscopio le fibrille colorate di marrone nell'immagine del corpo potevano essere viste vicino alle fibrille bianche che costituiscono il filo del telo della Sindone. Ci sono numerosi frammenti microscopici sulla Sindone che furono raccolti su nastro adesivo. Per esempio, si sono notate delle particelle rosse su qualche fibrilla, ma si concluse che queste erano dovute a erosioni microscopiche delle parti di sangue di colore rosso. Si pensa che queste particelle rosse fossero state distribuite sull'immagine del corpo tramite contatto quando la Sindone era stata piegata o arrotolata nelle varie esposizioni. La possibilità che la Sindone di Torino sia il tessuto che ha avvolto il corpo di Gesù deriva principalmente da una conside­razione riguardo i numerosi segni di ferite. In particolare le evidenti ferite della crocifissione sui polsi e sui piedi, numerose tracce di frustrate sulla schiena e di flagelli in cima al capo, nonché una ferita sul fianco coincidono coi resoconti del Vangelo sulla Passione di Gesù. Inoltre la Sindone e la sua immagine hanno numerose caratteristiche che sono consistenti con la sepoltura ebraica del primo secolo. Per esempio, l'Uomo della Sindone sembra essere di razza ebraica ed è stato seppellito secondo le tradizioni funerarie ebraiche. In particolare il sangue sull'Uomo della Sindone non è stato rimosso prima della sepoltura, come era obbligatorio secondo la legge ebraica per un ebreo che moriva di morte violenta. Inoltre, le dita dell'Uomo della Sindone sono allungate, cosa che gli ebrei del primo secolo facevano in disprezzo delle pratiche di sepoltura dei pagani del tempo (come si può vedere nelle configurazioni e statuette delle mummie egiziane). Le dimensioni della Sindone possono essere espresse nell'unità di misura del cubito usato al tempo di Cristo. Queste e altre indicazioni del personaggio della Sindone richiamano chiaramente alla cultura ebraica nella quale Gesù visse e morì, e così avvalorano l'autenticità della Sindone. Comunque nel 1988 la Sindone fu soggetta ad analisi al carbonio. L'età riportata da questa analisi fu identificata nel XIV secolo. Se ciò è ritenuto valido, allora la Sindone non potrebbe essere il tessuto che ha avvolto il corpo di Gesù, bensì un prodotto del Medio Evo. Nonostante ciò, la totalità dei vari tipi di dati storici e archeologici riguardanti la Sindone sono sufficientemente interessanti e a favore dell'autenticità e quindi pensiamo sia incauto accettare implicitamente i dati del carbonio senza una rigorosa critica della sua applicabilità alla Sindone. Per esempio il dottor Max Frei segnalò di aver trovato sulla Sindone molto polline di piante che crescono solo nel medio oriente (e non in Europa). Se la Sindone risale solo al XIV secolo, e sappiamo storicamente che è rimasta in Europa continuativamente da allora, dobbiamo chiederci come mai polline proveniente dal medio oriente sia stato reperito sulla Sindone. Possiamo anche osservare facilmente che nella cristianità orientale c'è stata una profusione di icone tipo



Sindone (per esempio, il volto di Cristo su tessuti, immagini di Cristo che si alza da un cofano con le braccia incrociate, ecc.). Queste tradizioni ispirate dalla visione della Sindone nei primi secoli dopo Cristo rendono poco credibile la datazione col carbonio 14, anticipando l'età della Sindone a 2000 anni fa. E' incontestabile che queste tradizioni sono così radicate nella cristianità orientale da presupporre un prototipo sul quale si sono basate. Ma se il carbonio è in errore, è necessario mostrare il perché. Ci sono una varietà di suggerimenti che sono stati proposti. Tutti farebbero apparire la data del carbonio troppo giovane. Comunque, al momento pensiamo che la ricerca più rilevante sia quella ispirata da alcuni scienziati in Russia che hanno documentato con numerose prove l'errore di lettura a causa di fattori esterni, come l'incendio del 1532 ed altri elementi chimici. Questa ricerca dei russi è interessante perché sappiamo che la Sindone sopportò un significativo cambiamento termico durante un incendio nel 1532, mentre si trovava a Chambrey in Francia. Tutto il tessuto è ingiallito e, in alcune parti, bruciato. Così, in base agli studi russi, è logico sospettare che l'incendio del 1532 alterò, forse significativamente, i dati del carbonio della Sindone. Questo effetto sembra correlato all'interazione con il biossido di carbonio nell'aria che lo circonda e che favorisce un significativo arricchimento chimico del campione con il radiocarbonio isotopo. E' necessario che gli esperimenti russi siano confermati da altri laboratori. Comunque l'Università dell'Arizona, dove fu fatto l'esame al carbonio, ha comunicato di non essere in grado di confermare l'esperimento russo. Noi, comunque, abbiamo svolto studi che indicano che le condizioni dell'esperimento in Arizona potrebbero aver causato un arricchimento nel carbonio 14, che si è dissolto prima della fine del loro esperimento. Questa dissoluzione ritardata può, in effetti, essere vista nei dati russi, ma a un tasso molto più lento. Crediamo sia importante capire esattamente cosa sia la Sindone perché, se autentica, sarebbe l'oggetto fisico più vicino all'evento che è il vero fondamento della fede Cristiana: la morte e la Resurrezione di Cristo. Il Nuovo Testamento non indica che qualcuno fu testimone diretto di ciò che accadde nella tomba buia e sigillata di Gesù, ma se la Sindone di Torino dovesse essere mostrata come il vero tessuto funerario di Gesù, allora potrebbe fornire una testimonianza senza precedenti dell'evento accaduto quella mattina di Pasqua. Ma tale traguardo, se in effetti fosse possibile, potrà essere raggiunto solo con ulteriori e considerevoli ricerche, che certamente devono comprendere un nuovo esame diretto della Sindone. A causa dell'alto significato della Sindone per l'umanità, dobbiamo perseverare in ricerche e studi ad alto livello per giungere alla rivelazione.

IL SUDARIO DI OVIEDO DAL CENTRO SINDOLOGICO SPAGNOLO

Spesso, in alcuni libri o relazioni relative alla Sacra Sindone, si fa riferimento anche al Sudano di Oviedo, così come abbiamo fatto noi in questa antologia, riferendoci alle ricerche del dottor Whanger. Riteniamo quindi opportuno pubblicare un estratto della relazione sul Sudano di Oviedo, resa pubblica dal Centro Sindologico Spagnolo. Estratto dalla relazione del Centro Sindologico Spagnolo. Nella cattedrale di Oviedo, capoluogo di provincia nelle Asturie, in Spagna, sin dal Medio Evo è venerato un tessuto ritenuto Sacro. Secondo la tradizione, questo pezzo di lino fu posto sul volto di Gesù da quando fu deposto dalla croce fino al momento in cui fu collocato nel sepolcro. Il Sudano di Oviedo era originariamente bianco, anche se ora è macchiato e sgualcito. E' un tessuto taffettà. E' rettangolare, in un certo senso irregolare, e misura approssi-mativamente 85x53 cm. Ha numerose macchie di diverso contrasto, fondamentalmente di color marrone chiaro. E' tradizionalmente chiamato il "Santo Sudano" o il "Santo Volto" anche se non c'è alcun volto visibile sul tessuto.

La prima persona che studiò scientificamente il Sudano di Oviedo fu Monsignor Giulio Ricci (membro della Curia vaticana e presidente del "Centro Romano di Sindonologia") che ne parlò nella seconda edizione del suo libro "L'Uomo della Sindone è Gesù" (1969). Nella quinta edizione del libro sostiene: La Sindone e il Sudano sono evangelicamente compatibili. San Giovanni, nel XX capitolo del suo Vangelo, parla sia di "tessuti di lino" sia di "sudano". Monsignor Ricci suggerisce che questo secondo tessuto potrebbe essere stato usato per coprire il volto di Gesù dal Golgota alla tomba. Le macchie sul Sudano sono compatibili con quelle del volto della Sindone, con numerosi dettagli che coincidono. Su suggerimento di Ricci, il famoso esperto svizzero di polline Dr. Max Frei scrisse un rapporto dopo la sua visita a Oviedo nel 1969. Trovò polline di sei specie di piante identiche a quelle trovate sulla Sindone, due di queste piante sono caratteristiche della Palestina. Altre specie risultarono originarie del Nord Africa (queste non sono presenti sulla Sindone) e fu anche notata l'assenza di pollini tipici della Turchia e di altri paesi europei trovati però nella Sindone in quanto era transitata in quelle zone. Nel 1985, il Dr. Baima Bollone fece uno studio fotografico del Sudario (180 fotografie con luce normale e 144 con una pellicola a infrarossi). Nuovi campioni di particelle infinitesimali furono prelevati con nastro adesivo, specialmente nelle zone macchiate, 7 piccoli fili furono prelevati dalle macchie e 12 dal bordo al fine di fare un test sul sangue. il risultato fu che il gruppo sanguigno era l'AB. Nel corso del congresso di Siracusa, Franca Pastore Trosello comparò la struttura del tessuto della Sindone con quella del Sudario. Spiegò che i fili delle due reliquie erano simili, in quanto lo spessore delle fibre è identico ed entrambi sono filati a mano con una forma a "Z", ma sono state tessute differentemente: la Sindone ha una tessitura a spina di pesce, mentre il Sudario è taffettà.