amami come sei...

AMAMI COME SEI (Gesù parla a un’anima) “Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: - so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: “Dammi il tuo cuore, amami come sei...”. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei.., Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore ? non sono io l'Onnipotente ?. E se ml piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai ... perché ti ho creato soltanto per l'amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allegare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei… Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro. Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

sabato 9 ottobre 2010

LA VERGINE DEI POVERI

LA VERGINE DEI POVERI

Presentazione a cura

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MOVIMENTO MADONNA DEI POVERI

Piazza Madonna dei Poveri, 2 - 20152 Milano. Tel.: 02-48707406 02-48707406 / Fax.: 02-48717133



Le apparizioni della Vergine a Banneux nel gennaio del 1933 sono state una luce nel gelo e nella sera tenebrosa delle Ar­denne, ma più ancora nella notte del dolore e della sofferenza che l'umanità ha vissuto come conseguenza dell'illuminismo, del nazionalsocialismo e dell'avvento della seconda guerra mondiale. Quando la fede viene assopita e l'uomo si trova inesorabil­mente di fronte al mistero del dolore, della morte e quando nel­l'indigenza è a contatto con le tenebre, non può in nessun modo venire meno la speranza della fede nel Dio vivente, colui che è venuto, viene e verrà. Nella notte la Vergine dei Poveri viene per chiamare alla fede, per invitare a rimettersi in cammino, per sollecitare al­la confidenza in Dio, per accompagnare l'umanità a Cristo Gesù. Le apparizioni di Banneux segnano la storia dell'Europa: av­vengono nel cuore di questo vecchio mondo bisognoso di risco­prire il senso della solidarietà, dell'appartenenza al mistero della salvezza, dell'apertura ai deboli, ai piccoli, ai sofferenti e ai poveri. L’intervento della Vergine delle nazioni è dono di grazia per scuotere dall'apatia spirituale i singoli, le famiglie, le comunità, i popoli: dono per tutti, perché nessuno è escluso dal piano del­la redenzione. Banneux resta per sempre segno di questa luce dall'alto che viene ancora a rischiarare a qualunque livello coloro che si la­sciano accompagnare dalla Madre verso una meta sicura. Di questo messaggio, così intenso ed evangelico, la presente pubblicazione ne vuole dare una lettura con semplicità, attra­verso la sensibilità di una madre e di una donna che nella sera del suo cuore coglie la presenza della luce vera che illumina ogni uomo. L'intento non è quello di uno studio sistematico sulla realtà delle apparizioni o di un approfondimento teologico, ma un ten­tativo di lettura spirituale del messaggio attraverso uno stile semplice, dove anche il particolare assume un suo significato senza perdersi. Dovremmo, in un certo senso, riscoprire il valo­re della devozione come atteggiamento di stupore reverenziale di fronte alle opere di Dio di cui Maria santissima ne è segno in­confondibile. Una luce nella notte. Sì, Banneux è questo. E anche il libro è nato così: nella notte, a Banneux, in occasione di un pellegri­naggio invernale. Poi è rimasto nel silenzio dell'attesa, ma con la speranza di una promessa che si sarebbe compiuta; sono i di­segni imperscrutabili di Dio, che non lasciano tutto nel buio, ma a un certo punto fanno spuntare una luce. È la realtà dell'evento che maturato nel segreto viene rivela­to per essere donato, offerto, condiviso: dono e mistero per tutti.

Grazie, Vergine santa, povera tra i poveri, donna del cammino, della solidarietà, della fede.

Grazie, Madre di Dio, figlia di un popolo benedetto; che ogni generazione dica la tua beatitudine e con noi, benedici il Signore che con ogni benedizione ci ha ricolmati di grazia. Padre Luigi Testa.






Banneux, un dono per tutti



Banneux è un piccolo villaggio delle Ardenne, distante una ven­tina di chilometri da Liegi, in Belgio, il cui nome significa "luo­go banale" per via di un privilegio - detto appunto di banalità - goduto dagli abitanti di quella zona così povera, ai quali era concesso l'uso gratuito del bosco per la raccolta della legna e i prati per il pascolo delle mandrie. Non a caso, un luogo "banale" è stato scelto dalla Provviden­za per concedere doni straordinari, ben più duraturi dei privi­legi materiali. Al nome Banneux, dopo la prima guerra mondiale, venne ag­giunto anche Notre-Dame, in segno di gratitudine e di ricono­scenza alla Vergine, non per le apparizioni - che allora non era­no ancora avvenute - ma per la materna protezione con la qua­le aveva preservato il paese dai bombardamenti, a differenza di quanto era toccato ai comuni vicini. Banneux, possiamo dirlo con certezza, è la dimostrazione vi­sibile dell'amore col quale da sempre Dio cura e si occupa delle sue creature: dapprima risparmiato dalla devastazione della guerra e dalla morte terrena, diventa poi luogo scelto per esse­re luce nella notte, guida sicura che conduce tutti gli uomini sul cammino verso la vita eterna. Tutti i colori, con le loro mille sfumature, che dipingono il ca­polavoro divino chiamato Banneux, hanno in comune il mede­simo paradosso evangelico: ciò che è stolto agli occhi umani, è prezioso agli occhi di Dio, proprio come la pietra scartata dai co­struttori divenuta poi testata d'angolo (Mt 21, 42), fondamento secondo il quale le "banalità", una volta illuminate dalla Gra­zia, si trasformano in perle preziose, rarissime, uniche, nelle quali solo l'Amore ha potuto e voluto suscitare la vita.



Domenica 15 gennaio 1933.



È sera e nel piccolo villaggio di Banneux tutto è tranquillo: la notte sta per scendere e avvolgere nel silenzio quell'angolo di mondo; tra poco, anche gli ultimi doveri della giornata trove­ranno una sosta nel sonno, prima di ricominciare una nuova settimana di lavoro. A La Fange, il buio è reso ancora più cupo e intenso dal sibi­lo del vento che fa eco tra le fronde degli abeti carichi di neve; nessuno può immaginare che proprio lì, alla periferia del paese, stanno per accadere fatti straordinari. In casa Beco, la lucerna è ancora accesa: in cucina, mamma Louise sta cullando l'ultima nata, Marie-Louise, mentre papà Julien nella camera accanto si è addormentato vestito, vicino alla piccola Simone; Alphonse e André sono già coricati in una camera al piano superiore, invece Mariette, la maggiore di set­te fratelli è a pian terreno con la mamma e, mentre aspetta che rientri Julien di dieci anni, accudisce il fratellino René che è malato. Mariette è seduta su una panca, vicino alla finestra e di tan­to in tanto scosta la tendina nella speranza di intravedere Ju­lien: forse è un po' preoccupata, dal momento che il ragazzo è uscito in mattinata per andare a pranzo dal parroco, sono qua­si le 19 e non è ancora rientrato. Mentre per un'altra volta punta gli occhi nell'oscurità, Ma­riette vede un bagliore e guardando bene, riconosce nel giardi­no una fignra luminosa: una Bella Signora vestita di un abito lungo bianco, con una cintura celeste ai fianchi che ferma, in piedi, la guarda e le sorride. Meravigliata e sbalordita, non sapendo cosa pensare, imma­gina sia il riflesso, nel vetro della finestra, della lampada a pe­trolio appoggiata sul tavolo; allora la prende, la porta immedia­tamente nella stanza accanto e si affaccia di nuovo. La visione è sempre lì, più nitida che mai, col capo leggermen­te curvato a sinistra e le mani giunte, inclinate verso il basso. Con l'emozione che cresce, Mariette racconta alla mamma cio che vede in giardino e, nonostante si senta rispondere che sono sciocchezze quelle che va dicendo, insiste per essere creduta. La mamma è stanca dopo una giornata faticosa, ma non riu­scendo a calmare la bambina nemmeno deridendola e dicendole con tono ironico che potrebbe aver visto la Madonna in persona, cede alle sue richieste e finalmente guarda dal vetro, mettendo­si nella stessa posizione in cui si trovava sua figlia: strabiliata, anche lei vede una sagoma umana bianca; ma, dopo qualche istante, intimorita e credendola una visione malefica, lascia ca­dere il lembo della tenda e torna alla culla di Marie-Louise. Intanto Mariette continua a fissare l'apparizione, senza paura. Prende una corona di rosario che aveva trovato qualche tempo prima sulla strada per Tancrémont e comincia a pre­garla. Dopo qualche decina di Ave, nota che la Bella Signora muove le labbra, come se stesse pregando con lei, ma non ne ode la vo­ce. Vede invece che con l'indice della mano destra le fa cenno di avvicinarsi, di seguirla e la bambina, subito, lascia la finestra per chiedere alla mamma il permesso di uscire. Sono le 19, è buio, fa freddo e col terrore che siano stregone­rie, mamma Louise non solo vieta alla figlia di andare in giar­dino, ma con decisione che non ammette repliche chiude la por­ta d'ingresso a chiave. A Mariette non resta che ritornare alla finestra, però nel frattempo la Bella Signora è sparita lasciandole nel cuore un grande desiderio di rivederla. Come fare? Per un po' continua a pregare, poi, vedendo disat­tesa la sua speranza, si rassegna in silenzio. Al ritorno di Julien i commenti sull'apparizione sono termi­nati e sebbene il ragazzo si giustifichi spiegando che è stato in gita con altri amici e con il cappellano all'oratorio di Polleur; ri­ceve ugnalmente una sgridata. La giornata è conclusa e sola­mente l'indomani la bambina racconterà al babbo l'accaduto. Papà Julien, operaio onesto e lavoratore, di poche parole, de­dito alla sua numerosa famiglia, le risponde secco che sono tut­te fantasticherie, anzi, con decisione le domanda se forse non stia rincretinendo, sebbene dentro di sé debba riconoscere che Mariette non ha mai mentito. Nonostante siano accadute cose insolite è lunedì, quindi Ma­riette e altri due fratelli si preparano per andare a scuola. Durante l'intervallo, giocando con l'amica Joséphine, le confi­da di aver visto la Vergine nel suo giardino; alla derisione da parte della compagna, risponde mettendosi a piangere. Conoscendo il forte carattere di Mariette, capace persino di battersi con i ragazzi più grandi (i quali, dopo aver ricevuto da lei una lezione adegnata, la temevano e non osavano più con­traddirla), Joséphine rimane molto colpita da questo comporta­mento e subito si ricrede, assumendo un atteggiamento rispet­toso, chiedendole di descriverle la Bella Signora e suggerendo­le di parlarne al cappellano. Al ritorno da scuola le bambine si fermano da don Jamin: Jo­séphine doveva restituire un libro della biblioteca e ne appro­fitta per confidare al sacerdote la grande novità, ma alla noti­zia il cappellano si mostra scettico. Prosegnendo la strada ver­so casa, l'amica lo riferisce a Mariette che, per la seconda volta nella giornata ricomincia a piangere a dirotto, picchiando i pie­di per terra, gridando addolorata che sa bene lei cosa ha visto e che ne è proprio sicura. Mariette non ha dubbi: è certa di aver visto la Vergine e, an­siosa di rivederla, comincia a domandarsi cosa fare per miglio­rarsi; si prefigge di diventare "più degna" impegnandosi in al­cuni propositi: ritorna a frequentare il catechismo, partecipa alla santa Messa e si riavvicina al sacerdote col quale i rappor­ti sono da tempo pessimi. Nella sua semplicità, questa ragazzina schietta intuisce che per piacere alla Madonna deve riavvicinarsi alla Chiesa e non aspetta oltre: stabilisce un programma e da subito si impegna. Così impara la lezione di catechismo e l'indomani mattina, ter­minata la santa Messa delle 7.30, lo dimostra rispondendo be­ne alle domande. Don Jamin rimane stupito nel rivederla dopo tre mesi di as­senza e quando tutti i compagni sono usciti dalla chiesa, la trat­tiene per incoraggiarla a continuare e per sapere direttamente da lei cosa ha visto la domenica sera. Mariette si limita a rispondere brevemente alle domande che le vengono poste, come se aver visto la Madonna fosse la cosa più naturale del mondo. La sua voce sicura e l'atteggiamento innocente fanno intuire al sacerdote che la bambina non men­te, tuttavia lui non lascia trapelare un suo giudizio, limitando­si a suggerirle di amare la Vergine e di parlare di quanto lei ha visto solo con i suoi genitori. Nel frattempo papà Julien non smette di pensare al racconto della figlia: lui non ha visto nulla, è vero, ma la sua rettitudine non gli permette di sottovalutare l'accaduto, così decide di fare degli esperimenti in giardino prima con la lampada accesa, poi con dell'acqua versata sul punto dell'apparizione (e rapidamen­te congelatasi per il freddo intenso), al fine di capire se Mariet­te non abbia avuto un abbaglio. Ogni ipotesi viene esclusa; rimane solo da credere alla bam­bina, stando a vedere come evolveranno i fatti, che in questo momento lo potrebbero mettere in ridicolo agli occhi dei suoi compagni di lavoro e dei compaesani.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Maria entra nel giardino dei Beco

A differenza di altre apparizioni, la Madonna questa volta si presenta nel giardino, nella proprietà privata di una famiglia, ne varca la soglia e vi sosta. Dal cielo, la Vergine "si scomoda" e viene a presentarsi in ca­sa nostra. Con questo gesto vuole sottolineare che ha deciso di farci visita, di venirci a trovare dove siamo, dove viviamo. Vedere un amico per strada è diverso da quando viene in ca­sa, perché a casa nostra viene appositamente, viene proprio per noi, mentre in strada l'incontro è casuale.



La Vergine sorride

La comprensione è immediata, perché il lingnaggio del sorri­so viene capito da tutti, specie dai bambini che non hanno an­cora preconcetti. E se fra noi, esseri umani, un sorriso può abbattere barrie­re, chissà quanto più irresistibile deve essere quello della Mamma celeste! A Mariette infatti è bastato quello sguardo nella sera per cominciare a pregare, a fidarsi e a cambiare la sua vita.



Al cenno della Vergine Manette vorrebbe uscire

Manette è immediata, spontanea e comprende subito che la fiducia nella Bella Signora è ben riposta. Mariette non si perde in congetture, in ragionamenti, in ra­zionalità, non suppone e non immagina: valuta con il giudizio del cuore, unico vero strumento che non inganna. Non sa cosa vuole da lei l'apparizione che la chiama con un semplice cenno dell'indice e nemmeno se lo domanda; lei è pronta a uscire, se non le venisse impedito.



Mariette deve obbedire alla mamma

Mariette non può scegliere: la mamma ha chiuso la porta a chiave e con questo gesto intende far capire a sua figlia che la decisione è presa e l'argomento è chiuso. La Vergine, che è Madre, certamente sa che Mariette deve ob­bedire alla sua mamma (che la "costringe" a obbedire) e di sicu­ro voleva che la bimba obbedisse. Se questo particolare non fosse stato significativo, senza dub­bio lo avrebbe evitato, magari apparendole in un altro luogo, dove la bambina non aveva impedimenti, quando era sola; in­vece tutto accade a quell'ora della sera, nel buio e freddo giar­dino di casa, con la mamma ancora alzata. La Madonna conosce bene il prezzo dell'obbedienza, perché dopo quel "sì" la sua vita è stata un continuo ripetersi di infini­te obbedienze, piccole, grandi e dolorose obbedienze che la por­tano a ripetere un ennesimo “si” anche sotto la croce: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19, 26). Gesù sta morendo nel corpo, per la sua mamma straziata dal dolore si avvera la profezia di Simeone (Lc 2, 35), ma ancora nel suo cuore c'è spazio per un nuovo figlio da amare, nel quale è rappresentato il genere umano. In quel momento solenne, il cuore materno di Maria si dilata per accogliere ogni creatura come figlio e nessuno più di Gesù, che ha conosciuto e vissuto vicino a sua madre trent'anni, può sapere quanto vale la pena di affidare a lei tutti gli uomini, per i quali lui sta donando la sua vita.



Mariette prega il rosario

La visione della Vergine riaccende in Manette il desiderio di pregare. E’ un riflesso immediato, non ragionato o premeditato. Non si pone il problema se ricorda o no l'Ave, il Pater o i mi­steri, se conosce a memoria la Salve Regina o le litanie; ram­menta solo di avere un rosario, lo prende subito e comincia a pregarlo, come sa: semplicemente. E’ una corona trovata in terra, sulla strada che porta a Tancrémont, certo non viene da questo o quel santuario e non è stata impreziosita dalla bene­dizione del tale o tal altro prete; è una semplice, "banale" coro­na, smarrita da qualcuno e probabilmente ritrovata sporca di terra. Senza volerlo, questa "selvatica" bambina di dodici anni che per non subire i continui rimproveri del parroco è pronta a ri­nunciare a ricevere la prima Comunione, ci dà un grande inse­gnamento: prega con spontaneità, subito, servendosi di quello che ha a disposizione, così come è capace. E’ una scena di sem­plicità da imprimere nel nostro cuore per infonderci fiducia a dialogare tranquillamente e a parlare col cuore al Signore.



Il 15 gennaio 1933 è domenica

La prima apparizione della santa Vergine avviene la domeni­ca, giorno di riposo, di festa, riservato alle cose speciali come la lode e il ringraziamento a Dio che trovano il loro culmine nel­l'Eucaristia. In seguito apparirà solo in giorni feriali. La domenica è quel primo giorno dopo il sabato nel quale il ti­more degli apostoli viene diradato dalla presenza luminosa del Risorto. Ogni affanno si ferma per trovare riposo nel Creatore, benedirlo e lasciarsi benedire per poi ricominciare una nuova settimana. Sebbene la sera stia per chiudere il giorno di festa, il cielo in­vece sta per aprirsi: «La sera di quello stesso giorno... venne Gesù... si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!"» (Gv 20, l9ss), segno della sovrabbondante misura dell'Amore, misura pigiata e ben colma (cf Lc 6, 38; Mt 19, 29): ecco il centuplo. Quando umanamente tutto è stato dato, divinamente tutto inizia.



Tre domande... molte risposte

Credere a un'apparizione quando la Chiesa ha espresso il suo riconoscimento è più facile, ma se oggi venissi a conoscenza di un fatto così straordinario, che si verifica a pochi chilometri da casa mia, che posizione prenderei? Manette è immediata: vorrebbe segnire subito la Bella Si­gnora. Cosa faccio quando la parola di Dio mi interpella e mi invita? Prendo tempo e forse non mi decido mai o mi precipito a se­gnirla? Sottomettersi al volere di qualcuno che ci vuole bene è duro perché spesso non se ne capiscono le ragioni. Come mi comporto quando dovrei obbedire e come mi atteg­gio quando mi voglio imporre?



Mercoledì 18 gennaio 1933



La giornata volge al termine, la cena è consumata e come sem­pre Mariette riordina la cucina. Sono circa le 19 quando, senza dire nulla, esce. E’ incredibile questo! Dove ha trovato il coraggio per vincere la sua paura a tutti conosciuta? Il babbo, stupito nel non vederla rientrare subito, la segne e la trova inginocchiata sul bordo del sentiero che dall'ingresso di casa porta al confine del giardino, davanti al punto in cui la do­menica sera si era fermata l'apparizione. Con la determinazione di chi vuole scoprire la "causa" delle improvvise stranezze della propria figlia, papà Julien cerca in ogni angolo, fa il giro della casa, fruga tra i cespugli della siepe, rientra dal cancello, urta e rovescia un secchio, sbatte la porta d'ingresso facendola cigolare e, non trovando niente di strano, preoccupato grida alla bambina che se continua così, certo di­venterà stupida. Mariette è ancora nella stessa posizione e prega a voce bassa il rosario come non si fosse accorta di nulla, incurante del fred­do intenso (-12°) e del buio. Disarmato dal comportamento della bambina, l'uomo inforca la bicicletta e si reca ad avvisare il cappellano, perché trattandosi di un fenomeno religioso ritiene sia materia di sua competenza. Don Jamin non è ancora rientrato e l'incredulità scettica del­la perpetua non frena il signor Beco che decide di interpellare un suo vicino di casa, Michel Charlesèche, stimato da tutti per la sua saggezza; questi, insieme al figlio Henrie di undici anni, si incammina verso La Fange. Nel frattempo è accaduto qualcosa: mentre Mariette recitava le Ave, improvvisamente ha teso le braccia verso l'alto, guar­dando estasiata in cielo; fra le cime di due grandi abeti c'è una piccola figura luminosa che man mano le si avvicina diventa sempre più nitida fino a fermarsi a qualche passo da lei. È la stessa visione di domenica, in grandezza naturale, po­sata su una specie di nuvola di fumo grigiastra, elevata da terra una trentina di centimetri; ha il viso sorridente e dolce che le comunica bontà e tenerezza. Tiene le mani rivolte in alto ed è luminosa, bella e splendente come il sole; sul capo, sopra il velo bianco e lungo, ha un' aureola di luce dalla quale si staccano raggi più lunghi intercalati da raggi un po' più corti e il suo abito è ancora uguale. Questa sera Marinette no­ta che ha il piede destro scoperto, ornato da una rosa d'oro, mentre dall'avambraccio destro le pende una corona di rosa­rio bianca. La santa Vergine muove lentamente le labbra, come se pre­gasse, ma senza far udire la sua voce; poi, con un cenno dell'in­dice (lo stesso della volta precedente), invita la bambina a se­guirla, indietreggiando posata sulla nuvoletta. Manette la segue varcando la stecconata e mentre si incam­mina sulla strada che porta verso Tancrémont, giunge suo pa­dre con i Charlesèche che le chiede dove stia andando; Mariet­te non si ferma e senza nemmeno voltarsi risponde che "Lei la chiama" e prosegue, seguita e sorvegliata a distanza. La Vergine, dopo qualche metro, si ferma e la bimba si lascia cadere in ginocchio così pesantemente sul terreno gelato che se ne ode il tonfo, ma trascorso un istante, al cenno della Madon­na, si rialza, riprende a camminare, senza rispondere ai ripetu­ti richiami e senza curarsi di dove mette i piedi. La Madonna continua a scivolare all'indietro senza distoglie­re lo sguardo dalla bambina che, a una seconda sosta, cade an­cora sulle ginocchia per rialzarsi nuovamente all'invito e ri­prendere a camminare. A un tratto, piega bruscamente verso destra e si inginocchia al bordo di un fosso davanti a una misera sorgentella d'acqua, mentre la Bella Signora è ferma davanti a lei, al di là del riga­gnolo, sopra la scarpata e le dice: «Immergi le tue mani nell'ac­qua». Mariette, senza esitare, obbedisce e la corona del rosario le scivola dalle dita che bagna e muove nell'acqua. I tre testimoni attratti dallo sciacquio si avvicinano e odono la bambina ripetere: «Questa sorgente è riservata per me». Allora Michel Charlesèche, sorpreso, cerca nell'oscurità verso la scarpata senza scorgere nessuno e sente ancora Mariette ri­petere le parole della Vergine: «Buona sera, arrivederci». Dopo il saluto, la Bella Signora si eleva sugli abeti vicini alla fonte e si allontana guardando la piccola che la fissa fino a quando, rimpicciolita e troppo distante, scompare. Come se si risvegliasse da un sogno, la bambina stropiccia gli occhi e finalmente si incammina verso casa col babbo e i due vicini. Sono quasi le 20, l'apparizione è durata più di trentacinque minuti e alle domande, che non si fanno attendere, Mariette ri­sponde senza farsi supplicare. Il cappellano, di ritorno da Liegi verso le 21, dopo essere stato informato da Michel Charlesèche degli avvenimenti, de­cide di consigliarsi con un sacerdote suo conoscente e di re­carsi con lui di persona dai Beco, dai quali, dopo aver udito personalmente il racconto dei fatti, può verificare che Mariet­te è coricata nel suo letto al piano superiore e dorme tranquil­lamente. Sono passate le 22 e congedati tutti, finalmente la notte con­cede riposo.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Alle 19 Mariette esce e inizia a pregare

In famiglia è noto a tutti che Mariette ha paura del buio, ep­pure giunte le 19, ora nella quale la domenica la Bella Signo­ra è apparsa in giardino, la piccola non può fare a meno di uscire. È talmente sicura di chi aveva visto, che trova il coraggio di affrontare il buio e a chi, in seguito, le chiederà come si sarebbe comportata se ancora la mamma avesse chiuso la porta a chia­ve, risponde che sarebbe saltata dalla finestra. Senza aver ricevuto un appuntamento (né prima, né dopo la Vergine gliene darà mai), senza preoccuparsi del freddo, che davvero è inclemente, si inginocchia nel punto in cui si era fer­mata l'apparizione e inizia a pregare. Nella sua semplicità, Mariette fa quello che più le sembra lo­gico perché la Bella Signora ritorni a trovarla: prega, da sola, senza chiedere il consenso e la compagnia di nessuno. Come mai Mariette dopo tre giorni viene irresistibilmente attratta a uscire, senza neppure la certezza di rivedere l'appa­rizione? Di sicuro non è un caso. Mi affascina pensare a quei tre giorni come al tempo della pienezza, della grazia e mentre per Gesù nel sepolcro, ben a ra­gione, sono tre giorni dalle ore dimezzate, per Mariette trascor­rono tutti interi poiché solo al loro termine il frutto è maturo.



La Vergine ritorna dalla bambina

La Bella Signora ritorna dalla bambina che, senza appunta­menti, la aspetta. Questo ritorno mi riempie di gioia perché è una conferma che nella vita dello spirito mai nulla è perduto per chi è sincero, semplice, spontaneo, in buona fede. Domenica la Madonna aveva invitato Mariette a uscire, ma la mamma glielo aveva fermamente impedito e proprio perché Maria è una mamma, conosce il valore di quell'obbedienza. Questo ritorno vuole rincuorare la bambina, mostrandole che la sua sottomissione viene premiata e vuole rincuorare tutti noi affinché con tranquillità ci affidiamo a lei, che certamente si manifesterà venendoci in soccorso, proprio perché la nostra condizione attuale di vita non ci consente di "correre" da lei in pellegrinaggio, alle funzioni in suo onore, ai gruppi di preghie­ra che tanto ci attirano e dobbiamo invece accontentarci di pre­garla nelle nostre case. La Vergine vuole dimostrarci che per tutto c'è un tempo e che il nostro tempo non è uguale a quello della Provvidenza. Come Mariette doveva incontrare la Madonna, perché quel­l'occasione avrebbe cambiato la sua vita, così a ciascuno di noi è assicurato un appuntamento speciale, che però non è reso ta­le unicamente dalla nostra volontà, ma dalla nostra disponibi­lità a lasciarci incontrare.



Appoggiata su una nuvola

Questa sera Manette ha potuto notare alcuni particolari im­portanti della Bella Signora: - giunge dal cielo e scende fino a lei: la Madonna non "risiede" da noi, ma dall'alto scende fino a dove viviamo, ritornando per qualche momento sulla terra dove ha abitato; - ha i piedi posati su una piccola nube - il cui aspetto riporta al­la leggerezza e all'impalpabilità del fumo - staccata da terra una trentina di centimetri, quasi a ricordarci che non le serve più un appoggio materiale per essere sostenuta; - non sparisce nel nulla, ma si allontana da lei ritornando in cielo da dove era giunta, mostrandoci chiaramente che la no­stra meta è la patria celeste. Queste tre osservazioni ci ricordano che la Vergine "abita" in cielo dove è stata assunta col corpo per rimanere incorrotta re­gina degli angeli e dei santi e l'apparizione che si manifesta per la prima volta il giorno 15, ci riporta proprio alla festa della sua assunzione, che la Chiesa celebra il 15 agosto.



La Bella Signora dove condurrà Mariette?

Senza parlare, con un "banale" cenno, invita la bambina a se­guirla: dove? Mariette non lo sa, ma si incammina tranquilla; cosa le su­scita certezza? Al sorriso e alla tenerezza si aggiunge un atteggiamento ma­terno della Vergine che non propone alla piccola un percorso da sola (recati lì, raggiungimi là), ma adotta la stessa "tecnica" del­le mamme che insegnano ai loro piccini a camminare: stando davanti a lei, indietreggia lentamente mentre la bambina muo­ve i primi passi. La Madonna è li, non distoglie lo sguardo da Mariette che ini­zia a seguirla e, ancora una volta, senza parole, la comunicazio­ne è avvenuta.



Mariette cade tre volte in ginocchio

Nel breve tratto di strada che separa il giardino dalla sor­gente, la Bella Signora si ferma tre volte e Mariette si lascia ca­dere sulle ginocchia. Nonostante il percorso sia minimo, c’é il tempo per sostare. Cosa può suggerire quel cammino a tappe? Innanzitutto che non ci è mai chiesto di raggiungere una vet­ta spirituale senza qualche fermata intermedia e questo è un pensiero che rassicura, dal momento che è la Vergine stessa a disporre le pause per chi la segue. Altre volte, però, le interruzioni rappresentano lo spaccato delle nostre esperienze nel cammino: la necessità del riposo do­po l'attività; il tempo della caduta e quello della ripresa; l'alter­nanza al fare (Lc 10, 41) con l'ascoltare (Lc 10, 42); il tempo del­la parola e quello del silenzio; l'immobilità forzata di chi atten­de soccorso e il tempo della convalescenza. Un fatto è suggestivo: Mariette quando si ferma cade in gi­nocchio, forse perché al cospetto di una Mamma così dolce, fer­ma non può che stare inginocchiata; forse perché l'armonia è così celestiale che il corpo non regge a tanta beatitudine. A Banneux, a ricordarci il tragitto di Manette, incastonate nell'asfalto come gemme preziose, si trovano tre pietre grigie, rotonde, poste nei punti dove la Madonna si è fermata, affinché per ogni pellegrino sia possibile compiere personalmente quel­lo stesso gesto filiale.



«Immergi le tue mani nell'acqua»

Mariette non domanda spiegazioni, tuffa immediatamente le mani nell'acqua gelida e lo fa con un tale vigore che le scivola il rosario dalle dita e lo smarrisce. Ancora una volta emerge il completo abbandono della bam­bina nella Vergine. Sarebbe legittimo chiedere almeno un perché, invece Mariet­te non lo farà mai, anzi, durante gli interrogatori successivi af­fermerà che, se mai la Madonna glielo avesse chiesto, era pron­ta a buttarsi nel fuoco.



«Questa sorgente è riservata per me»

Riservarsi una sorgente nel deserto può essere clamoroso, ma a Banneux è quanto di più "banale" si possa fare, specie se la zona scelta è La Fange. Se poi si considera che quella che viene chiamata fonte è in realtà una pozza d'acqua dove fino a qualche ora prima si sono abbeverati gli animali, c'è da rimanere umanamente confusi. Inoltre la Vergine, con quelle parole, ci mostra una fonte geo­grafica, ma per indicarci la Sorgente della vita: Gesù, che lei stessa ha dato a tutta l'umanità dicendo quel "si". Con «questa sorgente è riservata per me» ci ricorda che è sta­to riservato a lei portare nel grembo Gesù Sorgente. Ecco allora che lei prende possesso della fonte come ha pos­seduto Gesù dentro di sé, che però non ha fatto sua proprietà esclusiva nemmeno un istante: l'ha custodito per donarlo a tut­ti gli uomini. E’ meraviglioso immergere le nostre mani in quella fonte, ma ancor più straordinario è sapere e credere che tutto il nostro es­sere si può tuffare nella sorgente del cuore di Gesù per trovare la vita eterna. Così, nella Chiesa ogni giorno, sette fontane perenni e zam­pillanti lavano, dissetano, rinvigoriscono ogni creatura in cam­mino verso il Regno facendo sgorgare l'acqua che cancella la colpa d'origine col Battesimo, perdonando il peccato con la Ri­conciliazione, cibando e saziando con l'Eucaristia, arricchendo di doni con la Confermazione, consacrando indissolubilmente con l'Ordine Sacro e il Matrimonio, implorando la guarigione e preparando al dolce sorriso senza fine con l'Unzione degli In­fermi.



Tre domande... molte risposte

Mariette segue subito la Bella Signora senza chiederle dove è diretta. Anch'io so partire e fidarmi senza conoscere in antici­po il programma? Immergere le mani nell'acqua richiede l'umiltà di passare, per fede, tramite un gesto semplice. So farmi piccola fino a que­sto punto? In un mondo così tecnologicamente avanzato, trova spazio in me la grazia dei Sacramenti? Credo che il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo attraverso semplici segni, si donano a me?



Giovedì 19 gennaio 1933



La giornata scolastica si è svolta all'insegna di un saggio ginni­co e Mariette ha potuto confidare a Joséphine, che ormai le cre­de, quanto è accaduto la sera prima. In fermento, invece, è don Jamin che apprendendo suo mal­grado il ripetersi dell'apparizione, decide di seguirne l'anda­mento, inviando a La Fange dei testimoni di sua fiducia e avvi­sando il vescovo di Liegi, monsignor Louis-Joseph Kerkhofs. Verso le 19, nonostante il tempo pessimo e il freddo pungen­te, Mariette si copre le spalle con un vecchio cappotto ed esce accompagnata dal babbo. Come la sera precedente, allo stesso posto, si inginocchia sul­la neve e comincia a recitare delle Ave a voce bassa. Dopo un paio di decine, tende le braccia ed esclama: «Oh! Ec­cola!». Un attimo di silenzio e le domanda: «Chi siete, mia Bella Si­guora?», ripetendo ad alta voce la risposta che riceve: «Io sono la Vergine dei Poveri». Come la sera prima, la Vergine è giunta dall'alto del cielo e più si avvicina, più la figura si ingrandisce, fino a raggiungere la statura naturale e fermandosi nel solito punto. Appena la Madonna comincia a muoversi in direzione della sorgente, Mariette la segue scortata da un buon numero di persone che la curiosità ha radunato a dispetto delle intem­perie. Con lo sguardo fisso, puntato leggermente in alto, la bambi­na ripercorre il sentiero sostando inginocchiata alle stesse sta­zioni della sera precedente, senza accorgersi del seguito di te­stimoni. Alla sorgente nuovamente si inginocchia volgendo lo sguardo fisso sopra la scarpata. Tutti possono udire chiaramente una seconda domanda che Manette rivolge alla Vergine: «Bella Signora, ieri avete detto: "Questa sorgente è riservata per me". Perché per me?» e men­tre termina la frase si porta una mano al petto indicando se stessa. Cogliendo l'ingenuità della bambina, il sorriso della Vergine si fa ancora più marcato e ilare, quindi le risponde: «Questa sor­gente è riservata per tutte le nazioni», aggiungendo dopo una piccola pausa: «Per i malati, per dar loro sollievo». A queste parole segue il ringraziamento entusiasta di Ma­riette che con grande espressività dice: «Grazie, grazie». La dolce Mamma non ha ancora terminato il suo messaggio e con voce soave le confida: «Io pregherò per te» e poco dopo con­clude con un «Arrivederci». A questo punto la Madonna si eleva sopra gli abeti e dive­nendo sempre più piccola e lontana, scompare. Tutti hanno potuto udire la voce di Mariette, sia quando ha posto le domande alla Vergine, sia quando ha ripetuto le rispo­ste ricevute, sebbene non si sia accorta di aver parlato. Terminato il dolce incontro, continuando a stropicciarsi gli occhi, la bimba si alza e scorgendo il babbo poco lontano, gli si getta tra le braccia; intanto le persone presenti, commosse, continuano a pregare mentre si dirigono verso la casa dei Beco do­ve subito comincerà l'interrogatorio. Questa visione è durata circa sette minuti e da quanto affer­ma Mariette si possono subito notare due cose: la prima è che la bambina ripete le medesime parole che senza rendersi conto aveva pronunciato durante l'incontro con la Madonna; la se­conda è che quanto dichiara è autentico, poiché di alcuni termi­ni quali «nazioni» e «sollevare gli ammalati» lei non conosce proprio il significato; eppure questa fanciulla semplice ha ri­sposto alla Vergine con un ringraziamento entusiasta nono­stante avesse solo intuito che si trattava di qualcosa di bello dal fatto che mentre Maria le parlava non smetteva di sorriderle. Fra i presenti c'era anche il medico di famiglia, il dottor Heu­se, che dopo averla attentamente esaminata ne ha confermato il perfetto stato di salute.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Io sono la Vergine dei Poveri»

La Vergine non fa attendere la risposta e la sua affermazione è semplice, chiara e comprensibile. Quel «Io sono la Vergine dei Poveri» è uguale a "Io sono la Vergine di tutti", perché quale uomo non è povero? Il primo povero è Gesù, l'unico che da infinitamente ricco, vo­lontariamente si fa povero. C'è da rimanere incantati per l'universalità di questo mes­saggio: nessuna creatura al mondo si sente esclusa, nessuno è passato, passa e passerà sulla terra senza sentirsi in qualche modo compreso in queste parole, perché tutti noi, nel profondo, conosciamo e riconosciamo la nostra condizione di poveri, se non materialmente, certo nello spirito. Perché «dei poveri»? Ecco un altro paradosso evangelico: vie­ne tenuta in considerazione una categoria che per il mondo non conta proprio nulla e addirittura i poveri sono protetti dalla Vergine proprio perché non hanno niente e nessuno: sono pove­ri. Se fossero ricchi è perché avrebbero già ricevuto. Ai poveri, che altro non hanno se non la povertà, la Madonna volge uno sguardo di privilegio, attento, materno, benevolo. Ai ricchi non dà nulla: loro hanno la ricchezza, loro hanno già avu­to e nel suo grande canto, il Magnificat, addirittura dice che i ricchi sono rimandati a mani vuote (Lc 1, 46-55).



«Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni»

Mariette aveva riferito le parole che la Vergine le aveva det­to il giorno prima - «Questa sorgente è riservata per me» - sen­za comprenderle; oggi le chiede una spiegazione e la Mamma celeste sorride per l'equivoco di questa bambina che aveva pen­sato rivolto a se stessa quel dono. In verità, nemmeno ora le sono chiare le cose poiché "nazioni" è un termine che non sa cosa significhi. La fonte è un dono per tutti, non per Banneux, per il Belgio, per l'Europa, ma per tutte le nazioni: Banneux è un dono per tutti, senza distinzione di lingua, razza, fede e la scelta se ac­cettarlo o no è del tutto personale. Ecco questo Dio che non fa preferenze di persone, gradisce chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque popolo apparten­ga (cf At 10, 34).



«Per i malati, per dar loro sollievo»

In questa espressione troviamo la misura sconfinata della premura della Vergine e possiamo godere della materna atten­zione che ha la Madonna nei nostri confronti: è all'uomo, alla creatura umana malata che volge il suo sguardo ed elargisce la sua protezione, facendola addirittura partecipe della fonte che si è riservata. Quel «Per i malati» dichiara il culmine e la massima amplifi­cazione della sua identità quando si proclama Vergine dei Po­veri: davvero la sua tenerezza non si ferma solo ai poveri (quin­di a tutti), ma raggiunge particolarmente i poveri malati. La fonte che si riserva, però, non è da considerare come un'at­trazione turistica o una cura termale, perché quell'acqua ha una destinazione ben precisa: è per i malati, per dar loro sollievo e questo vale per ciascuno, anche per coloro che non ottengono la guarigione. Non tutti, infatti, sono risanati, mentre davvero tutti possono ricevere la consolazione e il sollievo, doni dello Spirito. Di quali ammalati si parla? Di tutti, appartenenti a tutte le nazioni, anch'esse malate. Dal 1933 a oggi, quell'acqua ha lavato corpi affetti da tutte le malattie fisiche e spirituali, e continuerà questo servizio fino a quando la Provvidenza lo concederà, ben sapendo che non l'ac­qua ha poteri miracolosi, ma è la fede di chi vi immerge le ma­ni che ottiene la grazia.



«Io pregherò per te»

Mariette è "disponibile" alla Vergine, però da sola non può farcela, non soltanto perché la sua vita di fede finora è stata po­co fervente, tiepida, addirittura lontana e disinteressata, ma soprattutto perché la condizione fragile della creatura umana, necessita l'intervento della grazia divina. Senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5): è una terribile ve­rità alla quale l'uomo fatica a sottomettersi; senza la grazia di Dio non possiamo far nulla: non poco, non male, non alcune co­se soltanto, ma nulla. La Madonna sa tutto questo e promette a Manette di prega­re per lei, chiedendo a suo Figlio Gesù di concedere a questa bambina tutti i doni necessari per crescere nella fede e conti­nuare il cammino verso la salvezza. «Io pregherò per te» è quanto di più rassicurante ogni crea­tura oserebbe sperare di sentirsi dire e la Madonna rivolge que­sto privilegio a una povera ragazzina, quasi a tranquillizzarla che d'ora in poi non deve temere, perché è la Vergine in persona a garantirle che pregherà per lei.



Tre domande... molte risposte

Circondata come sono dal benessere e dalle ricchezze mate­riali, riesco a riconoscermi povera? La sorgente è una, per tutte le nazioni, e questo mi fa riflet­tere che non sono superiore a nessuno, sono sullo stesso piano dello straniero e del terzomondiale. Nel profondo del cuore sono convinta di questa uguaglianza? La Vergine dice a Mariette che pregherà per lei e lo ripete an­che a me, oggi. Sono consapevole di aver bisogno di quelle preghiere come dell'aria che respiro? O credo invece che non servono a nulla eio basto a me stessa?



Venerdì 20 gennaio 1933



Mariette trascorre a letto la giornata perché durante la notte - forse per il freddo della sera prima, forse per l'emozione dello straordinario incontro - non è stata bene. In mattinata il cappellano si è recato a trovarla e volendo metterla alla prova, prima di andarsene, ha convinto i suoi ge­nitori a vietare alla loro figlia di recarsi all'appuntamento se­rale con l'apparizione. Alle 18.30 Mariette è ancora coricata e dorme profondamen­te, ma verso le 18.45, senza che nessuno la chiami, si sveglia e si prepara per uscire. Naturalmente i suoi genitori si oppongono, spiegandole che la temperatura è rigidissima e lei è indisposta. A nulla servono le suppliche, i ragionamenti o i tentativi di convincerla, che la irritano rendendola ancora più risoluta, sostenuta anche dalla testardaggine che emerge quale componente fondamentale del suo carattere; in famiglia la conoscono bene, non c’è che arren­dersi e lasciarla fare di testa sua. Seguita dal papà si inginocchia al suo solito posto e comincia a recitare sottovoce il rosario. Attorno a lei, una ventina di testimoni, partecipano alla preghiera e dopo un paio di minuti la vedono aprire le braccia e la sentono esclamare: «Oh! Eccola!»; un brevissimo silenzio e a questa espressione soggiunge: «Cosa desiderate, mia Bella Signora?». A una piccola pausa segue la risposta: «Oh! Una piccola cappella», pronunciata con un leggero tono interroga­tivo. Trascorso qualche istante, Mariette si piega in avanti e cade a terra come svenuta. Subito il babbo le solleva la testa chiamandola più volte, ma la bambina non risponde. Aiutato da un vicino, papà Julien prende in braccio la figlia e la porta in casa dove, appena sdraiata su un letto, riprende im­mediatamente conoscenza. La mamma si è spaventata e inquieta rimprovera il marito ritenendolo responsabile di aver ceduto ai capricci di Mariette. Fortunatamente c'è il dottor Chaumont tra i presenti, la visi­ta e trovando tutto nella norma, consiglia di lasciar tranquilla la bambina che poco dopo si addormenta. Cos’è successo? Come mai Mariette è svenuta? I fatti sono i seguenti. Mariette ha visto apparire la Vergine da lontano, come le al­tre volte e avvicinarsi a lei passando fra le cime dei due grandi abeti. Quando le ha chiesto cosa desiderasse, la Madonna ha rispo­sto: «Desidererei una piccola cappella»; poi, disgiungendo le mani, girandole con le palme verso il basso, le ha imposte su di lei pur tenendole sempre vicine al petto e con la destra le ha tracciato il seguo della Croce, benedicendola. Questa volta la Vergine è rimasta in giardino, forse perché Mariette era indisposta? E’ probabile, dal momento che la visi­tatrice è la Mamma per eccellenza. Poi, mentre la Madonna si allontana per ritornare fra gli an­geli, Mariette ha perso conoscenza. La richiesta di una cappellina è così banale e comune ad al­tre apparizioni, da vanificare le aspettative dei testimoni che si allontanano profondamente delusi. Fra loro c'è anche il padre di don Jamin, il cui compito è quello di riportare al figlio la cronaca dei fatti, e proprio per la pessima impressione che ne riceve, lo esorta alla massima prudenza. Viene così a mancare quel fervore che inizialmente aveva entusiasmato i curiosi, lasciando spazio all'apatia e al disin­teresse che nei giorni seguenti vedranno presenti pochissime persone.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Desidererei una piccola cappella»

La Vergine esprime un desiderio solo dopo che Mariette le po­ne una domanda a riguardo. Non esige nulla, non si presenta pretendendo, ma attende che l'offerta di un dono parta dal nostro cuore. Nella richiesta è molto discreta: una piccola cappella. Perché una cappella? Fra le tante risposte possibili, riflettia­mo su alcune. - La cappella è anzitutto un luogo di preghiera e Maria fin da pic­cola ha amato incontrare il Siguore, e aprire a lui il suo cuore. - La cappella è sempre un luogo piuttosto piccolo che invita al raccoglimento e all'intimità, spesso impossibili in una grande chiesa. Una piccola costruzione non "spaventa", anzi favorisce l'accostarsi anche a coloro che difficilmente frequentano luoghi sacri. - La cappella è un dono che per essere realizzato richiede di essere costruito e se si vuole "esaudire" il desiderio della Ver­gine è indispensabile cimentarsi nell'edificazione di una co­struzione. La Madonna non chiede un grattacielo, non lo vorrebbe mai; domanda che ci impeguiamo a "costruire" mattone su mattone cose piccole, che rientrano nelle nostre possibilità, ma che dob­biamo comunque innalzare giorno dopo giorno. - La cappella è un seguo concreto, evidente, è una testimonian­za anche per chi non è direttamente coinvolto nell'apparizione come lo è invece Mariette. È un seguo presente a Banneux dal 1933, che ha raccolto sot­to il suo piccolo tetto milioni di pellegrini proteggendo per qual­che istante il cuore di oguno. È un seguo visibile del dono coraggioso di ieri, della lode di oggi e della Provvidenza per domani. - La cappella è una piccola chiesa nella Chiesa, dove il popolo di Dio si raduna per nutrirsi della Parola e del Pane vivo, e come la sorgente a Banneux ci è donata perché ci immergiamo nella Sorgente, così la cappellina diventa luogo di banchetto per la festa senza fine, dimora accogliente nel viaggio, rifugio nella tempesta della prova. - La cappella è un luogo nel quale le infinite traiettorie percor­se dall'uomo si intersecano per avere e riavere continuamente la Vita per la quale solo l'insondabile mistero dell'Amore, rende il seme fecondo. Così, per grazia, la comunità si incontra e nasce, si nutre di Cristo, cresce, da lì parte per essere missionaria, giunge agli estremi confini della terra, muore come il chicco di grano per moltiplicarsi e nuovamente rivivere.



Perché una piccola cappella?

- Piccola perché la Madonna si dichiara la Vergine dei Poveri e come potrebbe chiedere ai poveri una chiesa grande? I poveri sono poveri e per loro una piccola cappella equivale all'obolo della vedova (Mc 12, 41-44). - Piccola perché la Madonna non ha bisogno di grandi spazi: la sua grandezza è stata l'umiltà nella casa di Nazaret, dove si è chiamata serva (Lc 1, 38) quando l'angelo Gabriele le annun­ciava che l'Eterno l'aveva scelta quale sposa per essere Madre del Salvatore. - Piccola perché nel piccolo Maria si compiace per fare cose grandiose.



La Madonna impone le mani su Mariette e la benedice

La Vergine santa compie su Mariette un gesto antichissimo e carico di siguificati che ritroviamo frequentemente nella paro­la di Dio. L'imposizione delle mani è sempre legata a occasioni partico­lari e concentra l'espressione della massima predilezione di Dio per i suoi figli, infatti può essere un rito per la trasmissione di una grazia o di un carisma (Eb 6, 2), ma può essere anche un semplice gesto di benedizione (Mt 19, 15) o il mezzo per opera­re una guarigione (Mt 9, 18; Mc 6, 5; 7, 32; 8, 23-25; 16, 18; Lc 4, 40; 13, 13; At 9, 12.17; 28, 8). Per Mariette è la manifestazione della tenerezza che la Ma­donna nutre nei suoi confronti e che manifesta invocando su di lei la protezione del Dio Altissimo, la cui divina benevolenza le concederà di essere testimone forte e verace di questo evento straordinario. In seguito, infatti, questa semplice bambina sarà capace, per grazia, di affrontare le dure prove degli interroga­tori, lo scherno dei conoscenti e la curiosità incredula di tanti sciocchi, senza lasciarsi condizionare da nessuno e senza farne un motivo per sentirsi superiore a chi la circonda. All'imposizione delle mani segue la benedizione che la Vergi­ne impartisce con la destra tracciando un segno di croce davan­ti alla bimba. È il massimo gesto che la madre di Gesù può com­piere perché il seguo di croce è la sintesi dell'amore del Padre che ha dato il Figlio offertosi per la salvezza dell'uomo e, risor­gendolo da morte, prima di riaverlo accanto a sé per l'eternità, gli ha concesso di inviare al mondo il Santo Spirito datore dei doni, affinché non fossimo soli.



Tre domande... molte risposte

Che impegno metto (solidarietà, amicizia, giustizia, ugua­glianza, mitezza) nella costruzione della "cappella" che mi vie­ne chiesta? L'imposizione delle mani è per me un gesto magico o il farmi umile al punto di chiedere al fratello che ho bisoguo del suo aiu­to, della sua preghiera, della sua intercessione? La Madonna benedice Mariette; io benedico i genitori, i miei bambini, il marito, i fratelli, le sorelle, gli amici, la vita stessa con i suoi doni, se ancora non con il gesto, almeno con le parole?



Lunga pausa di attesa



Sabato 21 gennaio Mariette non va a scuola e nel pomeriggio, spontaneamente, si reca dal cappellano; questa decisione forse è dettata dall'urgenza di fargli conoscere il desiderio della Ver­gine circa la cappellina. Don Jamin la interroga e prima di congedarla le dice che a suo parere, poiché la Vergine l'ha benedetta, non le riapparirà più. Interpretando che il sacerdote le parla così per diffidenza e incredulità riguardo le visite della Madonna, Mariette inizia a protestare e piangendo gli ripete che non solo lei ha visto la Vergine, ma ne ha pure udita la voce. Giunge la sera e alle 19 in punto la bambina esce; i suoi ge­nitori - ormai persuasi della realtà delle apparizioni - nono­stante il "malore" del giorno prima, non intervengono più, la­sciandola libera di fare quello che si sente. Sempre inginocchiata allo stesso posto, inizia la recita del ro­sario; notando Mariette ancora immobile, Michel Charlesèche le chiede se non vede nulla e triste (ricordando le parole del cappellano) la piccola risponde che tutto è finito, perché la Ver­gine la sera prima l'ha benedetta e non verrà più. Così, mesta e addolorata, rientra in casa dove alcuni testi­moni si cimentano a convincerla che invece la Madonna tornerà ancora; a nulla valgono le parole: Mariette è in preda allo sconforto e non vuole ascoltare nessuno. Questa situazione di attesa senza segni durerà fino all'11 febbraio, ma ogui sera puntuale alle 19, con una perseveranza diamantina degna di un maestro nella fede, Mariette starà in­ginocchiata in giardino su un pezzo di sacco, col vecchio cappot­to del papà sulle spalle e gli stivali ai piedi, lo sguardo rivolto alle cime dei due grandi abeti, al freddo gelido di quell'inverno oltremodo rigido, sotto la pioggia battente a dirotto o sferzata dal vento pungente, nel buio della sera, sempre più sola. Il quadro si ripete: dopo il primo rosario ne segue un secondo, poi un terzo, un quarto, alle volte un quinto, un sesto e anche un settimo. Poi, arrendendosi all'evidenza, rientra a casa in la­crime ripetendo ogui volta che per quella sera la Bella Siguora non era ritornata. I pochi presenti che si alternano a qualche visitatore di pas­saggio, vedendola piangere sconsolata e incapaci di calmarla, si amareggiano e ne provano pietà. L'indomani, attraversando il paese per recarsi a scuola, im­mancabilmente incontra chi la deride appellandola "Bernadet­te" o prendendosi gioco di lei e inchinandosi con sarcasmo al suo passare. A niente serviranno gli stessi rimproveri della nonna mater­na e delle zie che la ritengono demente, criticando anche i suoi genitori per l'assurda libertà che le accordano. Ogni sera, giunta l'ora, sente un desiderio irresistibile ed esce nella speranza del dolce incontro.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Tre settimane di attesa

Dopo l'imposizione delle mani e la benedizione, la Mamma celeste manca all'appuntamento per tre lunghissime settima­ne, senza preavvisare Mariette e non avendola neppure saluta­ta, giacché la bambina era svenuta. Non un solo spiraglio di luce nella notte dell'attesa, non un segno al quale aggrapparsi per sperare di rivederla. Dal 15 al 18 gennaio Mariette aveva sperimentato "i tre gior­ni" della pienezza; ora quei tre giorni non sono solo pieni, ma addirittura sovrabbondanti, sono tre giorni per sette: un tem­po esageratamente ricco. Dove trova tanta tenacia e perseveranza una ragazzina di dodici anni? La Vergine, prima di lasciarla nella prova, benedicendola ha invocato su di lei la grazia necessaria per giungere - pur con tutta la fatica che umanamente non le è stata risparmiata - si­no alla fine. Manette ogui sera, puntuale, non mancherà di sperare nel­l'incontro celestiale e a chi le domanda spiegazioni risponde che non può resistere, perché "Lei" la chiama. Quali sono le armi vincenti che la Madonna impugna per for­tificare Marinette? La preghiera, concentrata nell'imposizione delle mani, e il segno della croce - mistero della fede espressione della San­tissima Trinità - nel nome del Dio Padre, del Dio Figlio e del Dio Spirito Santo, unico vero Dio in tre persone uguali e di­stinte. E davvero questo "poco-tutto" basta alla bambina per rico­minciare ogui sera, incurante del giudizio umano che, non riu­scendo a scalfirla nelle sue certezze, la qualifica stupida e non degua di attenzione.



Sentimenti di Manette durante l'attesa

Dalla prima apparizione, Manette in questa esperienza è so­la, come del resto ognuno di noi lo è nel rapporto con l'Eterno. La sua stessa mamma, pur avendo visto quella sera una sago­ma bianca, intimorita e incredula, si ritira dalla scena, lascian­dola completamente abbandonata a se stessa. Se è difficile per chiunque testimoniare una propria espe­rienza intima (se non si può far comprendere a qualcuno l'in­tensità del proprio mal di testa, figuriamoci quanto più arduo è comunicare un proprio stato d'animo), è addirittura impossibi­le trovare "prove" per documentare un'apparizione. A questo isolamento, per Manette si aggiunge il martirio: ab­biamo davanti una bambina di appena dodici anni, schiva, sem­plice, che vive in una famiglia dove c'è posto solo per l'essenzia­le e che non ha altra valenza sociale se non la miseria. Da quando dice di aver visto la Madonna (chissà perché do­veva apparire proprio a lei), un uragano di giudizi le si è abbat­tuto contro; compagui di scuola e monelli della strada quando la incrociano la scherniscono, qualcuno è riuscito a picchiarla e tantissime altre persone la credono matta. Mariette, a differenza di chi la circonda, non si pone doman­de e non chiede spiegazioni; nel tempo di attesa risponde con la fedeltà che conosciamo. Pur non potendolo affermare con certezza, mi piace pensare che la Vergine si sia commossa davanti alla costanza di Mariet­te che ha vissuto fino in fondo la perseveranza alla quale ci in­vita Gesù nel vangelo (Mt 10, 22; Lc 8, 15).



Tre domande... molte risposte

So attendere senza disperarmi anche quando tutto diventa incerto? So credere senza più vedere? Sono disposta a subire ingiustizie, a lasciarmi insultare per difendere e perseverare in un ideale di fede che non posso "di­motrare"?



Sabato 11 febbraio 1933



Sono le 19, Marite è al suo solito posto in ginocchio e sta pre­gando il rosario, al termine del quale, con voce implorante, chie­de di cominciarne un altro. È all'inizio della quinta decina, quando all'improvviso si in­cammina con passo sicuro sulla strada che porta alla sorgente. Con lo sguardo leggermente rivolto verso l'alto, passa davan­ti alle poche persone presenti senza accorgersi di loro e senza rispondere alle loro domande. Ai soliti due punti si ferma, cade inginocchiata poi si rialza. Giunta alla fonte di nuovo si inginocchia, recita una decina di Ave, immerge le mani nell'acqua e col crocifisso della corona si segna lentamente. Per qualche istante tace, poi la si sente esclamare: «Grazie! Grazie!». Dopo un breve silenzio, scoppia a piangere rifugiandosi nelle braccia del papà e camminando veloce con lui si dirige verso casa. La bambina alle prime domande non risponde: è seduta al ta­volo in cucina, ha la testa appoggiata sul braccio destro ripie­gato e continua a singhiozzare. Trascorrono diversi minuti, ma quando comprende che le persone ritengono opportuno lasciarla sola, chiede loro di at­tendere e pazientare ancora un poco. Finalmente si tranquillizza e vuole parlare col babbo, solo con lui; allora si alza per andare nella camera accanto e dirgli tutto. La porta rimane socchiusa e uno dei presenti può udire il rac­conto che poi Manette ripeterà. La Vergine questa sera le ha detto: «Io vengo ad alleviare la sofferenza», parole alle quali segue il doppio ringraziamento della fanciulla. Prima di andarsene la Madonna l'ha salutata così: «Arrive­derci», poi si è allontanata come al solito. Il tutto è durato una decina di minuti. Anche stavolta la bambina non comprende il siguificato dell'espressione «soulager la souffrance» ed è il papà che glielo spiega in vallone; così rasserenata ritorna in cucina per narra­re dell'apparizione e per rispondere alle domande. Al termine i testimoni propongono di recarsi con Marite dal cappellano che, dopo aver ascoltato gli adulti, vuole fare alcune domande alla bambina. È tale la sicurezza nel cuore di Marite che prima di conge­darsi, comunica a don Jamin una decisione straordinaria: l'in­domani riceverà la prima Comunione. Nel sentire questa novità, il sacerdote sbalordito si informa se sia un desiderio della Madonna e tranquillamente Marite risponde che la Vergine non le ha suggerito proprio niente, ma che è sicura, con questa scelta, di farle molto piacere. Con fer­mezza don Jamin tenta di dissuaderla poiché non solo non co­nosce il sacramento della Riconciliazione, ma non è nemmeno ben preparata al grande incontro con Gesù, che semmai av­verràa maggio. Impassibile e fermamente decisa, Marite semplifica tutto rispondendo che a prepararla ci penserà lui: avrà il tempo per farlo la mattina prima della santa Messa.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Io vengo ad addolcire la soffrrenza»

La Vergine ha compassione di ogui sofferenza e vuole almeno mitigarla. Se è vero che il dolore non si può eliminare e accompagua buona parte del cammino terreno, che almeno ogui creatura sappia quanto la Mamma del cielo desidera alleviarne le pene. La Madonna non dice se è venuta a lenire le afflizioni fisiche o quelle spirituali, perché entrambe causano dolore. A lei preme addolcire ogui amarezza e ogui prova che la vita ci riserva. Questa è la sicurezza che ci lascia: nessuno è solo nello stra­zio; lei è accanto a ciascuno di noi per mitigare le pene che, ac­colte nella certezza che al Padre sta a cuore anche la sorte di due passeri (Mt 10, 29), diventano trampolini di lancio verso l'abbandono fiducioso nella Provvidenza. Sarà possibile così sperimentare personalmente la beatitudi­ne della pace interiore che ha illuminato il volto di tanti santi sconosciuti che hanno saputo lodare e benedire il Siguore nelle più atroci infermità.



Marite non comprende le parole della Vergine

Ancora una volta Mariette non conosce il siguificato delle pa­role che ha udito. Perché la Vergine insiste a comunicare con una bambina che non la capisce e ciononostante la ringrazia? Perché lei, da allo­ra Madre per sempre, non parla a questa figlia nella sua lin­gua? Ebbene, proprio perché gli eventi si sono manifestati così, si­curamente un senso c'è. Queste domande suggeriscono alcune considerazioni: - Mariette, pur non capendo letteralmente quello che con le pa­role la Madonna vuole comunicarle, ne comprende perfetta­mente il senso profondo, a conferma che il linguaggio dell'amo­re è universale; - la Vergine "si fa aiutare" dal babbo di Mariette, uomo burbero ma così partecipe e attento a quanto accade alla sua bambina, per spiegarle in vallone il siguificato delle sue parole; - per tutti noi "l'ignoranza" di Mariette è una grandissima ga­ranzia sull'autenticità del messaggio, che lei effettivamente si limita a ripetere come ha sentito.



Manette fa il segno della croce usando il crocifisso della corona

Chi le stava accanto ha osservato questo particolare: Mariet­te porta il crocifisso della corona sulla fronte, sul cuore e sulle spalle. E’ un gesto carico di siguificato: con quella croce di Gesù, sul­la quale lui è stato inchiodato per me, mi professo cristiano e per grazia di quel Gesù che al legno era attaccato dall'amore in­finito col quale ci ha amati - e non per i chiodi che lo sorreggevano - voglio vivere e annunciare quella Buona Novella che è venuto a predicare.



Mariette decide di ricevere Gesù Eucaristia

Chi si aspettava che Mariette, solitamente così timida e ri­servata, quella bambina che a fatica e con poche parole rispon­de alle domande che le vengono poste, sarebbe riuscita in una manciata di minuti a ottenere da don Jamin un permesso così straordinario? È l'esempio degli ultimi che saranno i primi (Lc 13, 30): Mariette ha superato i suoi compagni; evidentemente ha dentro una tale carica, che diventa capace di persuadere il sacerdote e di fargli comprendere il suo desiderio fortissimo di ricevere su­bito Gesù. Anche per don Jamin la Grazia è abbondante, perché non si lascia condizionare né dalle possibili critiche dei compaesani, né dalle formalità burocratiche per completare l'istruzione reli­giosa di Mariette, ma sa accettare coraggiosamente la proposta della bambina che ha davanti, forse ammirandone la sincerità di cuore. Per ottenere facilmente quel permesso, la piccola avrebbe po­tuto dire che era un desiderio della Madonna, invece, alla do­manda che in proposito il cappellano le rivolge, ha l'onestà di ri­spondere che la santa Vergine non le ha chiesto nulla: è lei che è sicura di farle cosa gradita. Chiudendo gli occhi si può immaginare la scena, l'indomani mattina in sagrestia, quando Mariette riceve la Riconciliazione con la pace e la gioia dei semplici, partecipa alla Cena per nu­trirsi del solo Pane che fa vivere in eterno. Mariette, che desidera e ottiene ardentemente anticipare l'incontro con Gesù, traduce in vita vissuta la visita della Ma­donna sulla terra, il cui scopo è quello di condurci a suo Figlio, unica Sorgente alla quale ogui uomo può attingere, indipen­dentemente dall'età.



Tre domande... molte risposte

Mariette che non comprende le parole della Vergine, ugual­mente le ripete credendole importanti. Io mi sforzo di accettare anche i misteri che non comprendo o che richiedono da parte mia un atto di fede? Che siguificato do alla Croce nella quotidianità? Ho la ferma perseveranza di cercare una comunicazione co­stante con Gesù Eucaristia?



Mercoledì 15 febbraio 1933



Il tempo è sempre più inclemente e il freddo così rigido, che i te­stimoni sono ogui volta di meno. Mariette, invece, col cappotto del babbo sulle spalle è inginocchiata al solito posto in giardino e prega assorta e tranquilla un'Ave dopo l'altra. Dopo sette decine tace, alza la testa e la si sente dire chiara­mente: «Santa Vergine, il cappellano mi ha detto di domandar­vi un segno». Per tre minuti circa rimane immobile e silenziosa, poi ri­prende a pregare, senza però spettare la sequenza di Ave e Pater; la sua voce è sempre più commossa e tremula fino a quando si tramuta in pianto. A un tratto, eccola prostrarsi a terra, continuando a piange­re, senza parlare. È in questo istante che interviene mamma Louise - che per la prima volta partecipa alla preghiera con la figlia - per ten­tare, senza riuscirci, di rialzare la bambina. Mariette non ri­sponde. A forza, una siguora la raddrizza, chiedendole perché piange e Mariette desolata replica che la Vergine è già ripartita. Vento e gelo sono così pungenti che è meglio rientrare e la piccola, seduta al tavolo, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate, continua a singhiozzare. Nel frattempo papà Julien scende dalla camera e vedendo la sua Mariette così disperata, ne prova un immensa pena. Appena la bambina si tranquillizza, racconta che la Vergine alla richiesta di un segno risponde: «Credete in me, io crederò in voi». Trascorso qualche istante in silenzio, la Madonna rive­la a Mariette un segreto e aggiunge: «Pregate molto»; infine, mentre la bambina prosegue il secondo rosario, come al solito, la saluta con un «Arrivederci», elevandosi al di sopra degli abe­ti, rimpicciolendo e allontanandosi nella direzione dalla quale era arrivata. L’apparizione è durata una decina di minuti.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Il cappellano chiede un segno

Nella documentazione relativa alla Commissione di Inchie­sta sui fatti di Banneux si legge che don Jamin era molto per­plesso per quanto accadeva a La Fange; ma in cuor suo, però, aveva promesso alla Madonna di dedicarsi totalmente a esau­dire le sue richieste se solo avesse avuto la certezza che era davvero lei ad apparire a Mariette. La Vergine sa che chi ha fede non ha bisoguo di segni per cre­dere; è la fede che ottiene i miracoli e non sono i miracoli a ot­tenere la fede; purtroppo chi non vuole credere, non si converte nemmeno davanti all'evidenza, anzi, dopo il primo, chiede un secondo... un ennesimo segno. Gesù, quando gli viene chiesto un seguo per credere, ricorda che non ci sarà altro seguo se non quello di Giona (Mt 12,38-40). Per Grazia, da quel 15 febbraio in poi, la Luce ha illuminato il cappellano che per il resto della sua vita si adopererà instan­cabilmente a diffondere il messaggio della Madonna dei Poveri, facendola conoscere a tutti quanti umanamente gli è stato pos­sibile raggiungere.



«Credete in me...»

Alla richiesta di un segno, la Madonna risponde con un'altra richiesta: desidera che si creda in lei. Credere è l'atto indispensabile per aver fiducia in qualcuno e se metto in dubbio quello che tu, amico, mi dici, non potrò mai fidarmi di te. Credere esige un salto completo e deciso nella parola di chi mi è davanti; credere non mi consente di aderire solo a propo­ste razionali, di verificare in anticipo "la bontà dei contenuti"; credere è la pretesa assurda di fidarsi senza riserve. Pietro, pescatore per una vita, torna a riva con le barche vuo­te, dopo una notte di lavoro senza ricompensa e Gesù, che forse non aveva mai gettato una lenza in trent'anni, lo invita a pren­dere il largo e a calare nuovamente le reti per la pesca. Uma­namente è assurdo e Pietro vuole spiegarlo a Gesù, ma decide di fidarsi e riparte sulla sua parola (Lc 5, 5). La pesca sovrabbondante che non riesce a essere contenuta dalle reti che si rompono, è solo il frutto dell'aver creduto. È Gesù stesso che a Tommaso dice che sono beati, cioè sono davvero ricolmati di ogui gaudio, coloro che pur non avendo vi­sto crederanno (Gv 20, 29). «Credete in me...» dice la Madonna; io, che ho dalla mia par­te valide "referenze" posso chiedervi di credere in me: di perso­na ho sperimentato cosa siguifichi fidarsi dell'umanamente im­possibile, quando all'angelo messaggero ho conseguato il mio si e solo dopo quel passo coraggioso la Grazia mi ha concesso di cantare il Magnificat, rete più che gonfia di pesci.



«… e io crederò in voi»

Se voi crederete in me, io crederò in voi che, invece, non ave­te "referenze" convincenti. Sforzatevi di credere, cominciate almeno con un debole ten­tativo, con un piccolo atto di fiducia e io crederò in voi, crederò al vostro desiderio di conoscere e amare il mio Gesù. Crederò al vostro desiderio di pace e intercederò per ottener­vi la grazia. Crederò alla vostra sete di giustizia, di uguaglianza, di fra­tellanza, di solidarietà e supplicherò il Padre di esaudirvi. Crederò al vostro bisoguo di amore, di speranza, di preghiera e chiederò di poter essere al vostro fianco nella prova affinché, al termine di ogui giornata sempre più vissuta nell'abbandono filiale, possiate sentire palpitare nel cuore la sola urgenza dei figli di Dio: diventare santi.



«Pregate molto»

Pregare è parlare di tutto con il Dio Trino, con la Mamma ce­leste, con la moltitudine dei beati che alla presenza senza fine dell'Amore intercedono per noi. Pregare è parlare con la stessa confidenza che ha un bambi­no con i suoi genitori. Papà, Abbà, mi presento a te come sono, perché sono tua fi­glia e ti apro il mio cuore; ti voglio bene e sono felice di avere un Padre come te; ti ringrazio per i mille doni dei quali il tuo Amo­re mi ricolma, primo fra tutti la libertà di vivere la vita che mi hai regalato. So che mi perdoni sempre se sono dispiaciuta del male che non riesco a evitare, perché il tuo Amore per me è sen­za limiti. So che mi capisci perché mi hai creato tu, mi conosci, mi ami e da sempre mi chiami per nome. Mamma del cielo, spesso mi sembra di non farcela, mi ritro­vo a terra, mi rialzo, cado nuovamente e avvilita penso che non riuscirò mai a essere fedele all'amore di tuo Figlio. Eppu­re ti invoco, perché anche tu hai percorso le strade polverose di questo mondo, anche tu hai fatto fatica, anche tu sei stata madre... «Pregate molto» è l'invito accorato che ci rivolge la Vergine, quasi a dirci che la preghiera è lo "strumento di lavoro" che dob­biamo usare, solo la preghiera. Pregando impareremo a lasciar parlare il nostro cuore e ciò che uscirà giungerà direttamente al suo cuore materno e non rimarrà senza risposta. Quanto pregare? Quel «molto» non è una misura esatta, defi­nibile. Ciascuno oggi conosce un molto, domani ne conoscerà un altro, tra un mese un altro ancora... ogni giorno molto. Se ci sforzeremo di vivere la preghiera, ci sentiremo man ma­no attratti in un'esperienza travolgente e appassionante, così lontana dal numero spropositato di formule ripetute stancamente e, quel che è peggio, per obbligo; una luce interiore ci in­viterà alla fiducia completa e ci guiderà di giorno in giorno a gustare una sempre più grande intimità con l'Amore che senza sosta opererà in noi miracoli.



Tre domande... molte risposte

Per credere, anch'io chiedo segui? In chi ho deciso di credere: nel denaro, nel potere, nella cul­tura, nel Dio della vita? Per me oggi, che dal mattino sono immersa nel vortice delle mille cose importanti da fare, che senso ha fermarmi mezz'ora e lodare il mio Siguore?



Lunedì 20 febbraio 1933



Puntualmente, da più di un mese, alle 19 Mariette esce e at­tende la Madonna inginocchiata al solito posto in giardino: la neve è durissima e fa corpo unico col terreno gelato; un vento implacabile e sferzante fischia nel buio silenzioso e deserto del­la campagua, ma la bambina immobile, prega con fervore il ro­sario. All'inizio della seconda corona si alza in piedi e così rimane sino al termine della quinta decina quando, improvvisamente, cade in ginocchio e sollevando leggermente le braccia, porta le mani in avanti, mentre il tono della sua voce si fa più alto ed espressivo. Trascorrono pochi istanti e Mariette si rialza, incamminan­dosi sul sentiero che porta alla fonte. Ai soliti punti sosta un po', prega inginocchiata e riprende di nuovo a camminare. Giunta alla sorgente, si inginocchia al bordo del fosso e te­nendo lo sguardo fisso rivolto verso l'alto prega ancora una de­cina di Ave, poi tace. Con la testa bassa, nascosta tra le mani, piange; la Vergine le ha detto: «Mia cara bambina, prega molto» e prima di allonta­narsi verso la cima degli abeti, l'ha salutata con un «Arrivederci». Verso le 22.30, papà Julien sale per coricarsi e trova Mariet­te ferma sulle ginocchia, ai piedi del letto, con la corona tra le mani, raccolta in preghiera.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Mia cara bambina... »

Questa espressione lascia intendere tutta la tenerezza che la Vergine nutre per Mariette che ritiene "sua", affidata a lei, (co­me del resto lo siamo tutti noi) e perciò protetta da lei. «Mia cara...» sta a sottolineare che proprio perché sono inca­ricata di soccorrerti, ci tengo a te, mi sei cara; sei preziosa ai miei occhi, mi stai a cuore. La Vergine, prima di entrare nell'argomento che a noi par­rebbe più importante - ribadirle cioè l'invito a pregare molto - la saluta affettuosamente, con garbo e tenerezza che predi­spongono l'animo all'ascolto; evidentemente il suo primo obiet­tivo è quello di instaurare coi suoi figli un rapporto amorevole, materno e gratuito. Non le importa di dare a Mariette un com­pito da eseguire, mentre le interessa molto amarla con quell'a­more di cui è capace una Madre celeste, un amore gratuito. Ecco allora che il cuore lascia ogni affanno per riposarsi fidu­cioso e sicuro nella presenza beata di Maria, poiché lei stessa diventa garanzia a quanto ci propone: aderire alla sua chiama­ta alla preghiera è il nostro vero bene.



«... prega molto»

Nel messaggio di mercoledì la Vergine si rivolgeva generica­mente a tutti, invitando alla molta preghiera; oggi parla a "tu per tu" con Mariette. Perché dedica un'apparizione a rinnovare personalmente un appello già espresso? La Vergine si rivolge a lei personalmente perché questo è lo stile della Piena di Grazia. Stiamo sicuri che l'Amore non si serve di un modello stan­dard per parlare ai miliardi di uomini sulla terra, come non ha fabbricato "pezzi in serie"; ciascuno di noi ha un rapporto unico, singolare, esclusivo, "su misura con l'Autore della vita, l'Alfa e l'Omega di ogni cosa. Com'è possibile sollecitare proprio una bambina come Ma­riette? Può forse impeguarsi più di quanto già sta facendo? Tranquillizziamoci! La dolce Mamma non chiede a nessuno l'impossibile ed è Mariette stessa a riferire che la voce della Madonna è dolce e il suo tono non è di rimprovero: si tratta piuttosto di un appello accorato. Proprio perché ha constatato la fedeltà e la perseveranza della bambina, non esita a privile­giarla con una richiesta del tutto personale.



Tre domande... molte risposte

Mi sono mai fermata a contemplare la grandezza di un Dio che mi ama singolarmente, come uno sposo fedele, come fossi la sola creatura al mondo sulla quale riversare le sue attenzioni? Cosa provo nel sapere che per la Madonna sono una sua cara figlia? Quando qualcosa di un fratello mi ferisce, ne desidero il cam­biamento per non soffrire più o perché lui migliorando se stes­so possa lodare il Signore?



Giovedì 2 marzo 1933



Questa sera una pioggia scrosciante imperversa su La Fange, ma, incurante, Mariette verso le 19 si prepara per uscire: ha uno scialle in testa e un sacco vuoto da mettere sotto le ginoc­chia. Sistemata al solito posto, inizia la preghiera, mentre una si­gnora presente, con un ombrello, la ripara dall'acqua battente che cade a dirotto. Al piccolo gruppo di testimoni si uniscono mamma Louise con uno dei fratellini. Concluso il secondo rosario, la pioggia improvvisamente ces­sa, il cielo si schiarisce fino a mostrare le stelle luminose. Mariette, inamovibile, inizia la terza corona quando, alla fine della seconda decina, la sua voce cambia tono diventando più elevata ed espressiva. La bambina tende le braccia, si alza velocemente, fa un pas­so avanti e poi ricade in ginocchio. Un'altra rapida decina di Ave e poi silenzio, interrotto da due «Sì... sì» ai quali seguono attimi strazianti: Mariette si prostra fino a toccare per terra con la testa e così rimane pregando e singhiozzando contemporaneamente. Un uomo corre ad avvertire il babbo che si precipita fuori se­guito dalla mamma. Commosso e rattristato nel vedere la sua bambina in quelle condizioni, la prende fra le braccia e la ripor­ta in casa, adagiandola su un letto nella camera a pian terreno. Alcune signore convincono Mariette a ritornare in cucina e tenendola sulle ginocchia cercano di coccolarla, ma questa vol­ta ci vuole molto tempo per calmarla. Intanto anche papà Ju­lien, per l'emozione è quasi svenuto e occorre rianimarlo. Quando è possibile cominciano le domande e Mariette, ri­prendendo a piangere, racconta che la Madonna ha detto: «Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio. Pregate molto. Ad­dio». Dicendo «Addio» le aveva imposto le mani e benedicendola col segno della croce, come di consueto, si è allontanata. La Vergine, giunta come sempre dall'alto, questa volta non sorrideva mentre le parlava; quando poi le ha detto «Addio» il suo volto si è fatto serio e triste. Mariette è talmente sconsolata che mentre piange ripete mesta che non la rivedrà più, che la Madonna non tornerà più dal momento che le ha detto «Addio». L’apparizione è durata circa cinque minuti e appena Mariet­te è stata riportata in casa, una pioggia torrenziale ha ricomin­ciato a cadere.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Prima che la Madonna appaia, la pioggia smette per riprendere quando Mariette rientra in casa

Non lasciamoci tentare di credere che si tratta di una sem­plice coincidenza; leggiamo invece questo episodio alla luce dello spirito sicuri che proprio nulla avviene per caso. Mi pare davvero significativo constatare che persino gli ele­menti naturali si sottomettono alla maestà divina che eccezio­nalmente concede alla Vergine di visitare la terra; e come un tempo la tempesta sul lago si è calmata (Mt 8, 23-27), così pos­siamo credere con assoluta certezza che la venuta nel nostro cuore della Santissima Trinità e di Maria, dolce Mamma cele­ste, portano necessariamente la pace vera, quella che il mondo non può dare (Gv 14, 27).



«Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio»

Questa dichiarazione rivelata senza alcuna pausa nel dirla, richiama la nostra fede su due verità inseparabili: la Madonna è madre di un figlio, Gesù, nostro Salvatore, che è Figlio di Dio Padre e al contempo è lui stesso Dio. È un mistero grande: Gesù non è Dio per metà, non è solo uo­mo Figlio del Padre, concepito dallo Spirito nel grembo vergi­nale di Maria, non è solo la seconda persona della Santissima Trinità: Gesù è Dio. È troppo grande questo Dio unico, in tre persone uguali ma separate, per essere contenuto nei limitati confini della mente umana: solo in un cuore aperto e che si lascia abitare trova mi­steriosamente la sua dimora. La Vergine che, assunta in cielo, ha già gustato la meraviglia del mistero, ci aiuta a comprenderne almeno una minima parte pronunciando quella frase come fosse un'unica parola, proprio per confermare che lo Spirito l'ha resa Madre di Gesù Cristo, nostro Salvatore, vero uomo e vero Dio.



«Pregate molto»

Per la terza volta consecutiva la Madonna lancia questo ap­pello ed è anche l'ultimo messaggio di questa ultima apparizio­ne. Così conclude le straordinarie visite che ha fatto a Mariet­te, ripetendo ancora l'invito alla preghiera. É impossibile non soffermarsi a riflettere quanto sia impor­tante aderire alla richiesta della Vergine, se lei stessa sceglie di suggellare la fine delle apparizioni con questa materna e insi­stente supplica: «Pregate molto»; prendiamola come una "consegna" rispondendo al suo invito, col cuore libero e disponibile alle grazie che immancabilmente abbondanti ne verranno.



«Addio»

Il volto della Madonna nel salutare Mariette è persino triste; sa di dare un grosso dispiacere a questa bambina così fedele. Addio (significa a Dio), è il saluto essenziale! Vuol dire da­vanti a lui ci rivedremo, è lì che ti do appuntamento: a Dio! Quando alla tua ora ti presenterai davanti a lui, ci incontrere­mo di nuovo. Arrivederci alla sua presenza, a Dio! Così vuole intendere la Madonna: questo è il mio augnrio, non mancare all'appunta­mento perché da quell'istante non ci separeremo più. Mariette però è umanamente inconsolabile perché è adesso che vuole rivedere la Vergine e immagina che prima di giunge­re a Dio, passeranno ancora molti anni. Come non commuoversi davanti a tanta attesa? Semplice, schietta e sensibilissima, al culmine della sua de­solazione, successivamente dichiarerà che la Vergine le ha det­to una sola parola di troppo: «Addio».



Tre domande... molte risposte

So gnardare con occhi stupiti le decine di miracoli che quoti­dianamente fanno nuova la mia vita? Se penso che l'unico grande e vero appuntamento sarà quello dell'ultimo giorno, tante cose che mi sembravano importanti finiscono in fondo alla graduatoria. Sono disposta a lasciarvele? Se una persona cara ritorna al Padre, se una malattia mi col­pisce, se una difficoltà sopraggiunge a mettermi alla prova, mi dispero chiedendomi il perché di tutto questo o mi sforzo di cre­dere che nulla avviene per caso e che il Signore della vita è so­lo Amore infinito che non mi abbandona mai?



Banneux ieri: lo scenario



La casa

La Madonna appare a una bambina mentre è nella sua casa. Si tratta di una modesta abitazione della famiglia di un operaio e, per Mariette, è il luogo più conosciuto. Certamente la Vergine non ha considerato fosse meglio ap­parire a chi abitava in una reggia, perché lei stessa ha vissuto nella modestia a Nazaret e non solo, ha provato anche l'umilia­zione della stalla proprio quando avrebbe voluto dare al Re dei re l'onore più grande. Maria ci viene a trovare nelle nostre case, nei luoghi a noi più comuni, per dirci che nel quotidiano c'è la straordinarietà della vita; e quella casa, dove Mariette ha continuato a vivere con la sua famiglia nella più assoluta normalità, oggi disabitata, ri­mane lì al suo posto accanto alla piccola cappella, per ricordare nel silenzio a tutti i visitatori che dalla finestra al pian terreno, due occhi di bambina hanno saputo credere ben oltre a quello che hanno visto.



Il giardino

Forse più che giardino è meglio specificare che si trattava di un fazzoletto di terra delimitato da una siepe di recinzione. Di sicuro i Beco non avevano né il tempo, né l'energia per coltiva­re fiori e piante ornamentali, ma la Madonna, che lo trova ugnalmente degno della sua presenza, si sceglie il punto dal quale Mariette può vederla e vi ritorna in seguito.



Gli abeti

In un bosco di abeti, che fanno ancor più buia e fredda la se­ra, due sono quelli che la bimba non smette di fissare mentre attende la Madonna, perché è proprio fra le loro cime che la ve­de arrivare dall'alto, piccola e bianca nella notte. Più lei si avvicina, sempre meglio la distingue, fino a quando, ferma a poca distanza, la sua statura è di grandezza naturale. Quando ritorna in cielo, è ancora tra la maestosità dei due grandi alberi che ripercorre la strada e allontanandosi scom­pare. Chi passeggia per le stradine del bosco, a seconda della sta­gione, camminando ode lo scricchiolìo della neve soffice calpe­stata, o il rumore sordo del passo sul morbido tappeto di aghi caduti. In quell'incanto viene spontaneo alzare lo sguardo ver­so il cielo e ci si sente piccoli. Allora quei giganti silenziosi dal­le cime che svettano sembrano diventare un ponte fra la terra e il cielo, un ponte sul quale far correre anche il più intimo fre­mito dell'anima.



La pioggia, il vento, la neve

Ogni sera i fenomeni naturali non vogliono rimanere in di­sparte: quando non nevica, piove a dirotto e il vento gelido sfer­za impietoso chiunque metta piede fuori dalla porta. Il terreno gelato è duro, ma le ginocchia di Mariette sembra­no infischiarsene della scomodità: l'attesa della Bella Signora è così forte che pare proprio non ci sia sacrificio che non valga la pena affrontare. Appena compare tra gli abeti, però, ogni volta all'improvvi­so tutto si calma e si ripete quanto accadde sul lago: il vento cessa, la pioggia e la neve si ritirano per far posto a colei che per un momento lascia il cielo per consolare i poveri della ter­ra (cf Mt 8, 23-26).



Il freddo

Le apparizioni hanno luogo in inverno e, come non bastasse, proprio nel cuore del periodo più crudo, che quell'anno in parti­colare è segnato da un clima straordinanamente rigido. Non è certo una coincidenza che la Madonna mitighi il fred­do pungente con la sua materna presenza, ma questo può avve­nire in ogni stagione della nostra vita, a gennaio come in pieno agosto: tutti noi soffriamo il freddo e spesso, i brividi di scelte che ci hanno portato lontano da Dio, rendono impossibile pro­seguire la strada. Come allora è stato possibile a una bambina affrontare e combattere le intemperie, così anche noi oggi siamo sollecitati a vincere la pigrizia che si accontenta del tepore di una fiammel­la per godere invece di un perenne fuoco scoppiettante. La Madonna è li, davanti a ciascuno di noi, per sciogliere il ghiaccio spesso che si è creato e per scaldarci il cuore col calore che emana dalla sorgente dell'Amore.



Il buio

La Vergine appare a Mariette sempre la sera, quando è già buio. È una scelta significativa, rassicurante, che vuole invitarci a non temere: lei è una mamma e sa che ai bambini la notte fa paura; per questo è lì, proprio in quell'ora. Non è solo la piccola Mariette a temere la notte; forse anche i due discepoli in viaggio hanno avuto paura per il "forestiero" che voleva proseguire il cammino e lo hanno invitato insisten­do: «Resta con noi perché si fa sera...» (Lc 24, 29). L'uomo, però, non rifugge solo dal buio di quelle sere d'inver­no; in tante altre condizioni oscure cerca una presenza di cui fi­darsi. C'è il buio nell'anima per il peccato che grava; la tenebra nella mente perché siamo incapaci di scegliere il bene; l'oscu­rità nella tentazione che non riusciamo a vincere; la notte nel­l'ora della prova che ci ha fatto soccombere; non c'è luce nella sfiducia, nella solitudine, nella persecuzione, nell'attesa, nel­l'angoscia... ma più forte, molto più forte di ogni buio è il de­bole chiarore di una candela, magari accesa dal desiderio di ricominciare da capo, luce sufficiente a ricordarci che anche nel sepolcro la morte è durata solo poche ore, mentre la risur­rezione si preparava a vincere, a vivere e a regnare per l'eter­nità.



Il sentiero: camminare e sostare verso la sorgente

Lunga o breve, c'è sempre una strada che separa il luogo in cui siamo da quello che desideriamo raggiungere; decidere di percorrerla significa mettersi in cammino. La Madonna si serve del sentiero che costeggia il bosco per condurre Mariette alla sorgente. Il sentiero è una strada già tracciata, che esiste sulla map­pa di ogni cuore ed è per ciascuno un itinerario fatto "su mi­sura". Ogni nostra giornata è l'opportunità da non perdere per cam­minare sul sentiero che ci conduce agli infiniti incontri che la Provvidenza ci offre e non solo per Mariette, ma anche per tut­ti noi, il bastone su cui appoggiarci può chiamarsi fiducia. Delle otto volte in cui la Vergine appare a Mariette, ben quat­tro terminano alla sorgente. La Madonna ripete così un gesto a lei tanto consueto, quello di camminare, che però non è un semplice muoversi verso una meta: è preghiera. Maria inizia questo meraviglioso esercizio subito dopo aver ricevuto l'annuncio dall'angelo e si reca da Elisabetta; ecco, quando la gioia è immensa, non la si può contenere e la si tra­sforma in amore. Quando sono veramente colma della gioia che Gesù solo può dare, divento prossimo sorridente per il fratello che ho accanto. Lungo il percorso dal giardino alla sorgente, mentre Mariet­te continua il rosario - pur non udendone la voce - nota che la Vergine muove le labbra proprio come pregasse. Questo è uno degli esempi più dolci e persuasivi che la Mam­ma celeste ci offre per farci comprendere che anche in un breve tragitto come è quello, ci è possibile volgere al cielo il nostro cuore, certi che lei cammina con noi. La piccola non si limita a camminare al segnito della Vergi­ne; è tale e tanta la sua fiducia che quando la Mamma si ferma, non esita a lasciarsi cadere di peso sulle ginocchia: evidente­mente non ha altra preoccupazione se non quella di fidarsi cie­camente. Non pensa che fermarsi sia sprecare minuti preziosi, proprio come nessun automobilista giudica tempo perso la sosta dal benzinaio per fare il pieno. Inoltre, la natura umana è così fragile che non è permesso a nessuno camminare in continuazione: ecco allora che di tanto in tanto, anche se il percorso è minimo, ci viene offerta una pau­sa. Fermiamoci fiduciosi, perché solo più avanti comprendere­mo quanto quella tappa era necessaria, ma soprattutto sentire­mo nell'intimo che era segnata da sempre sul nostro sentiero.



La sorgente

Perché mai, fra tante cose preziose, la Madonna sceglie una sorgente d'acqua? Maria, che si è sempre schierata a favore della vita, non po­teva certo mostrare a Mariette una miniera di diamanti: sceglie l'acqua, anzi, sceglie acqua che zampilla, acqua che “vive”. L’espressione "dove c'è acqua, c'è vita" è quella che meglio sintetizza e ci fa comprendere l'indispensabile contributo di questo elemento perché ogni forma di vita esista. L'acqua, però, assolve sicuramente almeno altri due compiti molto importanti: disseta - è l'unica bevanda che davvero calma la sete e al tempo stesso è la più povera, la più umile, la più abbondante, diffusa, facile da trovare, quella... più a portata di mano. Anche l'uomo più ricco del mondo, potente e insignito, se vuo­le dissetarsi chiede acqua, non bevande raffinate e costose, ma semplice acqua fresca; lava - non importa per quale motivo siamo sporchi: l'acqua lava. Lava i piedi infangati del contadino, come ha lavato quelli de­gli apostoli prima della Cena; lava le mani sporche di lavoro e ha lavato quelle di Pilato; lava il sudore del missionario in Amazzonia, come un tempo quello di Simone di Cirene; lava il bimbo appena nato, come ha lavato Gesù bambino impiastric­ciato di terra dopo il gioco; lava le folle nel Giordano e a Sibe ha lavato gli occhi al cieco nato; lava oggi chi percorre il sentiero dell'unità fra i popoli, come ha lavato chi duemila anni fa ha camminato sulle strade della Palestina. Con la potenza dell'Amore, però, quella semplice e umile ac­qua fa di più: - diventa vino a Cana, perché la gioia della festa possa conti­nuare (Gv 2, 1-11); - disseta completamente e «chi beve di quell'Acqua non avrà più sete»: è accaduto alla Samaritana, che si trovava ad attingere al pozzo di Giacobbe nell'ora più calda del giorno (Gv 4, 1-14); - cancella la colpa d'origine ridonando all'anima quel candore più bianco della neve (Sal 51, 9); - esce dal costato trafitto di Gesù, quale fonte perenne da cui sgorga lo Spirito fecondo (Gv 19, 34). E l'acqua che in dono viene data per dissetare, lavare, purifi­care, che solo dopo aver compiuto la sua missione ritorna a co­lui che l'ha inviata (Is 55, 10), proprio a La Fange, luogo nel qua­le è quanto di più banale ci possa essere, trova nella Madonna dei Poveri colei che se ne riserva una fonte per tutti i popoli. Si, la Vergine ci mostra in una cosa comunissima la straordi­narietà dell'ordinario, ma c'è di più: l'acqua della sorgente è di proprietà della Madonna e proprio perché è sua ce ne fa dono, ne prendiamo quanta ne vogliamo, la portiamo anche a casa, ma l'eccedenza, la sovrabbondanza si disperde semplicemente, "banalmente" nella terra; non c'è accumulo... non c’è granaio (cf Lc 12, 13-21) per chi è gratuità. Un poverello di Assisi, grande santo, ha "cantato" le meravi­glie della natura con tanta gioia e stupore, da chiamare l'acqua non cosa, ma addirittura sorella. Possa in tutti noi nascere l'estasi non solo per l'acqua ma­teriale, ma per Gesù stesso, acqua viva (Gv 7, 38), sorgente di vita eterna; unicamente a lui ci dissetiamo e bevendo alla sua fonte inesauribile diventiamo a nostra volta piccoli zam­pilli per i fratelli che hanno sete di lui e ancora non l'hanno trovato.



La preghiera

A eccezione della prima sera, la Madonna appare sempre do­po che Mariette ha pregato. Non è certo un caso che si ripete sette volte! È piuttosto la conferma che non esiste ingerenza nelle cose spirituali. Né Maria, né Gesù entrano forzatamente nella nostra vita; si rivelano una prima volta, poi attendono pazienti la risposta personale di ognuno. Mariette ha visto quanto le è bastato per comprendere, in quel momento; è rimasta affascinata, ma il seguito ha richiesto molto del suo impegno personale. È indiscutibile che la Grazia e la protezione della Vergine hanno sostenuto Mariette nell'attesa, però è doveroso ricono­scere che questa bambina di dodici anni, ha voluto essere te­nace fino all'ostinazione, senza smettere di pregare anche quando si è trovata pressoché sola a vivere un'attesa muta e senza segni. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che la Vergine, semmai non avesse avuto "in programma" di ritornare dalla piccola, l'ha fatto intenerita da tanta insistente preghiera. Di sicuro è vero che la Madonna ha gradito il sacrificio di Marinette, trasfor­mandolo in fiducioso abbandono e conversione per tanti cuori dubbiosi. Il primo frutto maturato con l'esempio della bambina è pro­prio l'aperta disponibilità agli eventi del suo babbo. Papà Beco, non lasciandosi condizionare dai commenti, crede a sua figlia senza temere di apparire ridicolo; ma c'è di più: la sera del 18 gennaio decide che l'indomani si confesserà e rice­verà l'Eucaristia, dopo anni di lontananza dalla Chiesa. Ecco la potenza della preghiera, nell'ambito limitato di quel poco che un occhio umano può intravedere, ma chissà quanti sono i prodigi operati che solo il Signore conosce. Per Mariette la preghiera non è stata un obbligo, un dovere, una cosa "da fare"; di sicuro è stato un appuntamento di gioia e festa tale, che neppure le intemperie di quell'inverno sono sta­te sufficienti a farle rimandare.



Banneux oggi: il santuario



Oggi Banneux è un luogo benedetto in un abetaia che palpita santità, dove la banalità è ancora di casa. Non sono certo né l'architettura e neppure il pregio delle ope­re d'arte a impreziosire Banneux, quanto piuttosto quell'impal­pabile presenza di soprannaturale, inafferrabile con le mani, eppure tanto concreta, reale, sperimentabile. Nella povertà, nell'essenzialità, c'è una ricchezza sovrabbon­dante di particolari, poiché il povero pensa con amore e fa frut­tare proprio con il particolare, con l'attenzione, col nulla mate­riale quanto il ricco compra col denaro e senza fatica dal povero. Di fianco alla modesta cappellina desiderata dalla santa Ver­gine c'è ancora la casa di Mariette. Tutto attorno, col passare degli anni, immerse nel verde, so­no sorte delle costruzioni che fin nei dettagli comunicano sem­plicità e sobrietà. Nulla è lasciato al caso ed è proprio la povertà a trasformar­si in eleganza. Una caratteristica che colpisce immediatamente il pellegrino è la quantità di piccoli ambienti a disposizione per la preghie­ra: cappelline sparse nel bosco o piccoli locali attigni alle cap­pelle e alle chiese, fanno si che ci si possa isolare nel silenzio, col cuore aperto e disponibile all'ascolto. Un'atmosfera di calorosa, fraterna, sincera accoglienza inco­raggia all'apertura verso i fratelli e alla disponibilità, e dopo qualche ora già si ha l'impressione di "abitare" da tanto que­st'oasi spirituale. L'orologio serve a poco, perché il tempo si misura con lo stu­pore per la bellezza della natura, con la riflessione che lascia parlare l'anima, con l'estasi per la gratuità, con il desiderio di conversione. Tutto è aperto nel santuario, che non ha mura e cancelli; una bassa stecconata lo delimita e chiunque può entrare e uscire a suo piacimento. Gli abeti, sempre più alti, sono le sole "guardie del corpo", te­stimoni delle innumerevoli guarigioni del fisico e dello spirito, che da anni la bontà divina accorda a chi chiede con fede. Anche le centinaia di formelle ex-voto che rivestono le pareti di tanti luoghi sacri e testimoniano il ringraziamento di altret­tanti miracolati, sono tutte della stessa fattura e hanno il me­desimo formato, a sottolineare che veramente fra noi non ci so­no differenze. Nel santuario c'è posto proprio per tutti e le diverse naziona­lità diventano motivo di scambio vicendevole; nella celebrazio­ne della santa Messa come nella preghiera del Rosario la sera, c’è un avvicendamento dei rappresentanti dei vari paesi, ognu­no che si esprime nella sua lingna.



La cappellina delle Apparizioni

È la cappellina chiesta dalla Madonna a Mariette quando le ha domandato cosa desiderasse. Costruita in pietra locale, col tetto in ardesia per resistere al­le intemperie de La Fange, è in muratura solo su tre lati e un cancello a inferriata sull'ingresso viene chiuso la sera. All'interno un piccolo altare è sovrastato dal trittico dipinto dallo zio del cappellano su indicazione di Mariette che, non tro­vando il disegno conforme a quanto lei aveva visto dal vero, ha costretto il pittore a rifarlo ben cinque volte. Nel tabernacolo c'è sempre presente Gesù Eucaristia, che ac­canto alla sua mamma attende, consola, sostiene ogni pellegri­no che vi si reca. Al centro del pavimento, una lastra di marmo bianco ricorda il punto dove la fanciulla ha visto sostare la Vergine e porta in­ciso il cronogramma: «E’ qui che Ella venne ad aprire il suo cuo­re di Mamma». Inaugurata il 15 agosto 1933 alla presenza di circa 60.000 persone, nel maggio 1985 ha accolto papa Giovanni Paolo Il che vi ha sostato in preghiera.



L'edicola san Giuseppe

A poca distanza dalla cappellina delle Apparizioni eretta in onore della Madonna, si è creato uno spazio all'aperto dedicato al suo sposo; si trova dietro la casa dei Beco, dove - a ridosso del muro posteriore - è stato costruito un riparo in muratura per proteggere un altare. San Giuseppe, che sulla terra ha custodito Maria e il Bambi­no, continua oggi a vegliare e proteggere la Chiesa.



La cappella del santissimo Sacramento

È situata sotto il porticato che dal lato destro della cappella delle Apparizioni porta alla casa del clero, intitolata al santo Curato d'Ars. Realizzata per offrire la possibilità di esprimere la preghie­ra personale a Gesù Eucaristia, è il punto di ritrovo per la re­cita del santo rosario la sera, terminata la stagione dei pelle­grinaggi. Da questo luogo si può accedere alla cappella della Croce, co­stituita sostanzialmente da un locale attigno più ristretto, mol­to raccolto, dove troneggia una grande croce; l'esignità dell'am­biente ne diventa il pregio, poiché favorisce la preghiera di gruppi di pochissime persone.



L'altare e il chiostro alla sorgente

L'acqua della sorgente oggi si versa in una vasca rotonda di cemento al centro della quale, appoggiata su un disco di pietra, c’è una stella in bronzo a cinque punte - a indicare i cinque con­tinenti - intersecata alla base da una croce. Sul davanti, attorno alla vasca, in lettere di bronzo c'è l'invi­to della Vergine a Mariette: «Immergi le tue mani nell'acqua». Dietro, un muretto che porta infisse due lastre di marmo: quel­la a sinistra con la scritta: «Questa sorgente è riservata per me»; quella a destra con: «Per tutte le nazioni, per alleviare la sofferenza degli ammalati». In mezzo, al di sopra dello zampillo, c'è una bella statua del­la Madonna dei Poveri a indicare che era quello il posto che oc­cupava, quando si fermava sulla piccola scarpata, come ha rac­contato Mariette. Forse con quella posa - il busto leggermente ricurvo in avanti e le mani giunte - voleva sottintendere che il suo atteggiamento è di "veglia" sulla sua proprietà regalata a tutte le nazioni. Vicino alla sorgente, poco distante dal punto in cui si è ferma­ta la Vergine, si vede un altare che nella bella stagione raccoglie intorno i devoti per la celebrazione della santa Messa. Il signifi­cato delle apparizioni diventa così pienamente vissuto, poiché proprio davanti alla sorgente destinata a tutte le nazioni, si rin­nova il sacrificio offerto per ogni uomo venuto al mondo. Un cronogramma inciso al di sopra dell'apertura a volta del­l'altare, traduce il simbolismo della fonte: «Non c'è che una sor­gente: Cristo Gesù. Maria ci apre il cammino». Di fronte all'altare si trova un chiostro con la statua di san Luigi Maria Grignon de Monfort; essendo riparato, i pellegrini possono attingere l'acqua miracolosa da un rubinetto collegato alla sorgente anche in caso di cattivo tempo.



La cappella del Messaggio

Se una piccola cappella indica il luogo delle Apparizioni, una cappella molto più grande ne ricorda i messaggi affidati a Ma­riette. Le parole della Vergine sono riportate in francese sul muro dietro l'altare, mentre in inglese, tedesco, olandese, ita­liano, spagnolo e ucraino si trovano sulle lapidi che adornano le sei colonne portanti. Perfettamente in sintonia col Magnificat - il cui testo ripro­dotto su ceramica è collocato sulla parete a sinistra - e con le Beatitudini - incise sul basamento della statua del Cristo, det­to appunto il Cristo delle Beatitudini, che si trova sul lato op­posto - le parole della Madonna a Banneux continuano la lode che ha portato la sua anima piena di Spirito a proclamarsi esul­tante in colui che è suo Salvatore e rivelano ai beati elencati da Gesù sulla Montagna la certezza di gustare la gioia eterna pro­messa dall'Amore Infinito, conquistata a prezzo di quanto sulla terra è oggetto di disprezzo. Posto su un candelabro di legno, finemente intagliato e deco­rato, è custodito il "cero della pace", benedetto e acceso da un vescovo dello Zambia nel 1958, 25° anniversario delle appari­zioni; da quel giorno il lume arde giorno e notte e in quell'occa­sione altri 45 ceri più piccoli, della stessa fattura, sono stati consegnati ai rappresentanti dei paesi che avevano aderito all'Unione Internazionale di Preghiera.



La cappella di Maria Mediatrice

Alla cappella del Messaggio ne è stata aggiunta un'altra, molto più piccola, dedicata a Maria Mediatrice, dove insieme con le apparizioni a Banneux, viene posto in evidenza il dupli­ce ruolo della Vergine: ha donato Cristo al mondo, salvezza per ogni uomo e contemporaneamente conduce ciascun uomo verso Cristo, dal quale sgorga ogni grazia. Anche due dipinti graffiti vogliono confermare la mediazione di Maria riprendendo due episodi evangelici: l'Annunciazione e la visita alla cugina Eli­sabetta. Accanto all'altare, invece, si trova da un lato una bellissima statua in ceramica della Madonna e dall'altro un tabernacolo in metallo che porta incastonati cinque cristalli di roccia, a simbo­leggiare la sorgente di Acqua viva, come precisa la scritta «Fons Vitae» posta sul fondo.



La cappella degli ammalati

È di fronte alla cappella del Messaggio e si estende sul lato destro del piazzale sul quale si affaccia luminosissima grazie alle grandi vetrate ad arco. Come nella cappella del Messaggio, sono ripresi sia il motivo delle travi a vista che quello della parete che da sull'esplanade, quasi interamente a vetri. Quest'ultimo particolare consente un più immediato contatto con il luogo sacro a chi si trova all'e­sterno, oltre che una piacevole illuminazione naturale per tut­ta la giornata a chi nell'interno vi si raccoglie in preghiera. È per eccellenza il luogo riservato agli ammalati, per i quali si svolgono celebrazioni al coperto in caso di cattivo tempo, ma a ogni pellegrino è ugnalmente consentito l'accesso.



L'altare maggiore

Una grande costruzione in muratura capace di ospitare deci­ne di concelebranti, protegge l'altare maggiore chiamato anche altare del Magnificat, che si erge su una scalinata dominando il piazzale e consentendo a tutti i fedeli presenti di segnire la ce­lebrazione. La mensa, in tema con la caratteristica di Banneux, è retta da sei colonne che formano cinque arcate e simboleggia un ac­quedotto, nel quale scorre l'acqua della sorgente di vita.



La cappella Maria regina dei Profeti

Sotto l'altare del Magnificat c'è una piccola cripta dedicata a Maria regina dei Profeti. Il crocifisso è stato scolpito da un artista del Burundi, mentre la Vergine è opera di un rwuandese e porta sul capo la corona della maternità, come tutte le mamme di questa nazione.



L'esplanade o grande piazzale

Nel corso degli anni il vecchio piazzale è stato trasformato e le strutture in legno sono state sostituite con quelle in muratura. Si estende dall'altare maggiore per tutta la lunghezza della cappella del Messaggio e di quella degli Ammalati che si fron­teggiano rispettivamente sul lato sinistro e su quello destro, terminando in un grande spiazzo a semicerchio nel quale tro­viamo a destra il chiostro di san Francesco d'Assisi, mentre a sinistra c'è quello di san Bernardo. Le arcate dei due chiostri si prolungano in quelle che co­steggiano le due cappelle, offrendo ai pellegrini un percorso al riparo.



La grande chiesa dei Pellegrini o Nowvelle église

Il numero dei pellegrini in continuo aumento e l'impossibilità di radunare in un ambiente coperto e sufficientemente capiente tutti gli ammalati presenti, hanno reso necessaria la costruzione di questa grande chiesa, che può accogliere ben 5.000 persone. Situata nello spiazzo dietro l'altare del Magnificat, si presen­ta come una grande tenda eretta ai margini del bosco. Vicino alla porta principale è incastonato nel muro un mat­tone della porta santa della basilica di San Pietro in Roma aperta da papa Giovanni Paolo Il in occasione dell'anno santo 1983-84. Questo mattone indica lo stretto legame che unisce Banneux alla Chiesa universale. Sulla parete di fondo sono affisse le fotografie della visita del Pontefice avvenuta nel 1985, mentre quelle laterali sono im­preziosite da una bellissima Via Crucis. Il viale che conduce a questa chiesa è intitolato a Giovanni Paolo Il.



La cappella San Michele

Questa costruzione, offerta dai pellegrini tedeschi, riproduce fedelmente la cappella di Rhòndorf, in Germania, nella quale, durante la seconda guerra mondiale, non si è mai smesso di re­citare ogni giorno il santo rosario per tutti i prigionieri, senza distinzione di nazionalità. La sintonia di questo gesto con le parole della Vergine è una testimonianza gradita a Banneux, dove la cappella è stata de­dicata a san Michele, protettore della Germania. Nella stagione dei pellegrinaggi viene utilizzata come luogo di adorazione di Gesù Eucaristia, che rimane esposto per tutto il giorno.



Missio

A metà strada fra la cappella del Messaggio e la cappella San Michele, si trova un padiglione missionario. Sorto per il legame profondo che unisce la fonte destinata a tutte le nazioni alla missionarietà della Madonna già con Eli­sabetta, ha subito suscitato nelle diocesi del Terzo Mondo il de­siderio di mettersi sotto la protezione della Vergine dei Poveri. Da maggio a settembre, ad accogliere i visitatori, sono pre­senti alcuni missionari disponibili a condividere le loro espe­rienze offrendo molteplici iniziative che spaziano dall'esposizio­ne di oggetti di artigianato provenienti dai vari paesi, all'ani­mazione a cura di diversi gruppi che con materiale fotografico e tramite audiovisivi fanno conoscere la realtà delle loro terre. Chi approda in questo luogo di preghiera accogliente e silen­zioso si sente il benvenuto; tutto comincia con l'incontro, conti­nua con la condivisione e conduce alla riflessione personale.



Lo Shabann

Questo nome nasce dalla fusione di due parole: shalom - che in ebraico significa pace - e Banneux. Si tratta di una costruzione in legno, immersa nel bosco, de­stinata ai giovani. Ogni anno ne ospita diverse centinaia, che in piccoli gruppi vi trascorrono una intera giornata di preghiera oppure un breve periodo di riflessione guidata sui temi fondamentali per un cri­stiano quali il ruolo dei giovani nella società e nella Chiesa, il come vivere la povertà oggi, la pace, la condivisione ecc. Tutto questo alla luce del messaggio della Vergine dei Poveri e sotto il suo sguardo materno.



La cappella delle Nazioni

All'ingresso della piazza delle Nazioni, in corrispondenza della fermata dell'autobus di linea, molti anni fa era stato alle­stito un riparo per i pellegrini in partenza; attualmente è sosti­tuito da una cappella nella quale possono prendere posto un centinaio di persone che, nell'attesa di lasciare Banneux, anche solo per una manciata di minuti, hanno ancora l'opportunità di rimanere in preghiera.



Milano



La sera del 15 gennaio 1933 ha inizio a Banneux una semina senza fine che porterà frutti anche all'estero. In Italia la notizia delle apparizioni si diffonde a poco a poco grazie a diverse persone che vivono e fanno conoscere il mes­saggio della Vergine dei Poveri; i loro incontri, avvenuti nelle circostanze più imprevedibili, mostrano ancora una volta - nel caso fosse ancora necessario - come e quanto siano stati guidati solo dalla Provvidenza, che dopo aver regalato segni prodi­giosi, attende con pazienza amorevole che il cuore degli uomini si faccia dimora per custodirli e "terra buona" per dare frutto. Dalla data delle apparizioni, trascorrono dodici anni prima che la Madonna dei Poveri trovi definitivamente accoglienza nella zona di Milano. All'inizio del 1945, a Villa Cortese, presso la cappella delle suore di san Giuseppe Cottolengo, l'arcivescovo di Milano, il cardinal Ildefonso Schuster; benediceva una statua della Ma­donna dei Poveri rendendo pubblica la gioia di questa comunità in festa per l'ottenuta guarigione di una consorella, grazie al­l'intercessione della Vergine di Banneux. Qualche mese più tardi, in primavera, il Cardinale era nuo­vamente "impegnato" con la Madonna dei Poveri: si trovava in un quartiere alla periferia della città, alle Case Minime di Bag­gio e lasciava quei fratelli con la promessa di dedicare proprio alla Vergine dei Poveri la chiesa che per loro si sarebbe dovuta erigere quanto prima in sostituzione dell'ormai insufficiente cappella. La Provvidenza non poteva aver fatto scelta migliore: la Ma­donna dei Poveri era stata chiamata a proteggere proprio un quartiere assai popolato e altrettanto povero, che solo il suo cuore materno era in grado di accogliere, consolare e benedire. A fine anno un terzo appuntamento con la Vergine di Ban­neux: esattamente il 23 dicembre il cardinal Schuster scriveva ai padri Oblati di san Giuseppe che da poco erano giunti alle Case Minime, confermandoli oltre che nella loro missione di pa­stori, anche quali "custodi" della cappella dedicata alla Madon­na dei Poveri. Come un tempo Giuseppe di Nazaret non ha rifiutato Maria in attesa di un figlio non suo, così ora i padri Oblati, che hanno il loro modello nel casto sposo della Vergine, non rifiutano le mi­serie della zona di Baggio e la Madonna dei Poveri trova acco­glienza.



IL MOVIMENTO MADONNA DEI POVERI

Mentre si intensifica l'attività apostolica degli Oblati di san Giuseppe presso le Case Minime, cresce anche un seme «per diffondere la devozione e il culto della Madonna dei Poveri, per l'estensione del Regno di Dio e di Maria santissima nel mondo». Padre Angelo Rainero (o.s.j.), coltiva nel suo cuore que­sta speranza che diventerà un fiume di grazia al quale donerà tutta la sua vita. Il Movimento Madonna dei Poveri è la realtà che ha la sua sorgente nelle apparizioni di Banneux e manifestandosi a Mi­lano continua una profezia ininterrotta: «Tu apri la sorgente per inondare tutti i popoli della terra». Attraverso la Rivista, l'Ora di Maria, la benedizione degli ammalati, l'U.I.P. e gli Orantes in via, i pellegrinaggi, la cresci­ta spirituale di coloro che ne fanno parte, il Movimento si espande per essere come Maria in cammino con gli uomini, do­cili allo Spirito Santo, a servizio della Chiesa e del Regno.



La rivista

Nel gennaio 1947 viene pubblicato il primo numero della ri­vista La Madonna dei Poveri con l'indicazione "bollettino dell'e­rigendo santuario presso le Case Minime di Baggio - Milano" sotto il titolo. Con questa iniziativa si fanno conoscere le atti­vità degli Oblati di san Giuseppe che da due anni stanno lavo­rando in questa realtà e si inizia a diffondere il messaggio del­la Vergine di Banneux. In poco tempo questa pubblicazione è in distribuzione in tutta Italia e all'estero, diventando sempre più e sempre me­glio l'organo di collegamento tra i devoti della Madonna dei Poveri. Trascorrono i mesi e nel giugno del 1948, durante un pelle­grinaggio a Lourdes, un incontro del tutto celeste e "provviden­zialmente mariano" fa sì che due signore, una belga e una ita­liana, si parlino e scoprano di conoscere entrambe le apparizio­ni di Banneux; si intesse una fitta rete di aggiornamenti e le due "amiche" si lasciano con la promessa di informare delle no­tizie scambiatesi i rispettivi sacerdoti responsabili. Nel giro di qualche settimana lo stesso monsignor Kerkhofs scrive ai padri Oblati a Milano: vuole avere ulteriori informa­zioni circa la loro attività, la chiesa che dovrà essere costruita e la rivista, della quale desidera ricevere tutti i numeri fino ad al­lora pubblicati; da parte sua contraccambia inviando il bolletti­no che viene diffuso a Banneux. Le due riviste si fanno eco, dando notizie di carattere in­ternazionale ai rispettivi lettori: Banneux fa sapere di Mila­no e quanto di prodigioso vi sta accadendo; Milano riserva una pagina per mantenere il filo diretto tra i devoti e il San­tuario.



L'òra di Maria

É un appuntamento mensile di preghiera, unico in Italia, per onorare la Madonna dei Poveri e con lei adorare Gesù sorgente di vita e di misericordia. Il giorno 15 di ogni mese, alle ore 15, nella chiesa di Milano si vive un intenso pomeriggio, molto partecipato e sentito dai de­voti; nato nel 1949 con l'arrivo alle Case Minime della statua donata dai minatori del Limburg, ancora oggi è sostenuto e ani­mato dai padri Oblati di san Giuseppe, che infaticabilmente si adoperano per continuare e diffondere l'opera affidata loro tan­ti anni fa. L'incontro si articola in vari momenti: il ringraziamento per tutti i benefici ricevuti, l'adorazione, il canto, la Riconciliazio­ne, la recita del santo rosario, la celebrazione Eucaristica, l'in­tercessione per tutti gli ammalati presenti e per quelli che chiedono di essere ricordati nelle preghiere, il saluto alla Ver­gine. Il 15 del mese commemora in particolare la prima apparizio­ne della Madonna dei Poveri, ma coincide anche con un altro avvenimento, molto meno conosciuto: la sera del 15 ottobre 1945 gli Oblati giungevano a Baggio con la benedizione del car­dinal Schuster; per servire Gesù nei fratelli e custodire la chie­sa dedicata alla sua mamma uniti alla popolazione del quartie­re con la tenera discrezione dello sposo Giuseppe che avevano scelto quale modello di vita religiosa. Durante l'anno, esattamente il 15 gennaio e il 15 agosto, la festa è ancora più solenne. Questi due giorni, infatti, segnano eventi di grazia che caratterizzano la storia di Banneux: il pri­mo è l'anniversario della prima apparizione a Mariette, mentre il secondo ricorda la data dell'inaugurazione della cappellina delle Apparizioni, avvenuta proprio il 15 agosto 1933.



Benedizione degli ammalati

La prima benedizione degli ammalati risale al 13 maggio 1950, quando ancora la chiesa non era costruita. Da allora l'appuntamento con la Madonna dei Poveri è di­ventato una consuetudine che si ripete due volte all'anno: la se­conda domenica di maggio e la seconda domenica di ottobre. In queste occasioni si vive una celebrazione riservata parti­colarmente ai malati, che con fiducia filiale ricordano le parole rivelate a Mariette quando la Vergine si è riservata la sorgen­te: «Io vengo ad alleviare la sofferenza» e «Per i malati, per dar loro sollievo», certi che questa Mamma celeste intercede presso Gesù che sana e guarisce ancora oggi, come duemila anni fa.



ULP - L'Unione Internazionale di Preghiere

Nel marzo 1934 sorge a Banneux l'Unione Internazionale di Preghiere con l'approvazione di monsignor Kerkhofs; lo scopo è mettere in pratica quanto la Vergine dei Poveri ha raccoman­dato: «Pregate molto». Così ogni sera, alle 19, presso la cappellina delle Apparizioni, si prega il rosario intero al quale si aggiunge la recita delle in­vocazioni alla Madonna dei Poveri. Idealmente uniti a questo appuntamento quotidiano, tanti fedeli sparsi nel mondo continuano ad alimentare quel grande fiume di suppliche che da Banneux sale al cielo per presentare al Padre, con l'intercessione della Vergine, tutte le necessità dei suoi figli.



Gli Orantes in via

Padre Angelo Rainero, un instancabile apostolo della Vergine dei Poveri, durante il suo 25° pellegrinaggio a Banneux, nel gen­naio 1956, ebbe l'ispirazione di riflettere sul "pregare per via". Mentre camminava in raccoglimento sulla strada percorsa da Mariette al seguito della Madonna, ha "scoperto" che lei stessa aveva mostrato alla bambina questo nuovo modo di con­versare col cuore; la Vergine infatti - racconta Mariette - du­rante il percorso muoveva le labbra come pregasse, assicuran­do con la piccola l'intera umanità, che lei, quale dolce Mamma, accompagna amorevolmente le nostre preghiere con le sue. Comprendiamo quindi che il rosario meditato lungo tutto il caratteristico percorso nel santuario a Banneux non è un gesto originale e nemmeno un'attrazione folcloristica, ma è piuttosto il ripetere devotamente quanto la santa Vergine si è degnata insegnarci. Allora si è chiesto come poter calare nell'arco della giornata questa meravigliosa opportunità e ha pensato che durante ogni spostamento, breve o lungo che sia, ciascuno ha la possibilità di utilizzare il tempo, che diversamente andrebbe infruttuosa­mente perduto, per pregare. Che bello! Ognuno di noi può pregare per via, benedicendo il Signore che ha suscitato un'idea così fantastica. Certo a qualcuno potrà sorgere un dubbio: «Un tempo, quan­do il traffico non era così caotico e la gente si muoveva meno, era possibile concentrarsi per volgere il pensiero a Dio, ma ai giorni nostri è pressoché impensabile». No, anche oggi, oserei dire soprattutto oggi, questa proposta può essere vissuta; tutto sta nell'intendere cosa sia pregare. Pregare è aprire il proprio cuore con semplicità e naturalez­za alla Santissima Trinità, alla Vergine; è parlare con confiden­za alla moltitudine di santi che incessantemente canta l'Osan­na festoso al Creatore della vita. Pregare non è addentrarsi in disquisizioni teologiche; è inve­ce lodare il Signore per le cose più normali che ci circondano, è esultare per il cinguettìo di un uccellino, è gioire per il germo­glio di un geranio sul davanzale, è stupirsi per la perfezione di ogni essere vivente, è rimanere incantati per la forma e i colori di un sasso, è amare per chi non ha più il coraggio di farlo, è be­nedire il nome santo di Dio per chi lo bestemmia, è supplicare di concedere la pace a ogni cuore, è saper dire anche solo: «Ge­sù, ti voglio bene» e per fare questo è sufficiente un attimo, quell'attimo che impiego per scendere i gradini del tram. Quante occasioni per pregare! C'è solo l'imbarazzo della scel­ta e basta iniziare per scoprire che, come le onde sulla riva, que­ste infinite possibilità non si esauriscono mai. È nato così un gruppo di persone "oranti in via", che col pas­sare degli anni è diventato numerosissimo. Unirsi è un gesto piccolo e silenzioso, capace però di infonde­re coraggio a chi vorrebbe lasciarsi andare dubitando che nes­suno è più disposto a "spendere" una preghiera per chi è nel bi­sogno. Gli Orantes sanno che qualunque offerta di lode o di suppli­ca al Signore (ore di adorazione o pochi attimi di raccoglimen­to), è a beneficio della Chiesa intera, delle sorelle, dei fratelli e di tutti quanti sono nella necessità: è come avere un "cesto di pane" che in un clima fraterno è a disposizione di chi può offri­re come di chi deve sfamarsi; è decidere di intensificare ogni giorno la nostra vita spirituale affinché con serenità e pace sap­piamo affidarci e confidare nell'infinita misericordia del Padre, che amorevolmente provvede alle nostre necessità stimandoci molto più preziosi dei due passeri e di quei gigli del campo dei quali è ugualmente Creatore.



PARTICOLARI DI UNA STORIA

Il 1948 sta volgendo al termine. Un minatore fiammingo, leg­gendo sulla rivista belga La Vergine dei Poveri della realtà mi­lanese, ne parla a un compagno di lavoro italiano; come un tam­tam la notizia si diffonde tra le baracche degli emigrati e inizia una commovente catena di solidarietà coordinata dal loro cap­pellano per tramutare un desiderio in realtà: si vuole donare un bella statua della Madonna dei Poveri per l'erigenda chiesa a lei dedicata. Ancora una volta si ripete la stupefacente scena di genero­sità che caratterizza i semplici: sono sempre i poveri, proprio quei minatori italiani che per poter mantenere le loro fami­glie sono costretti a lasciare patria e affetti, che danno larga­mente quanto certo non è superfluo, affinché la casa di Dio possa essere degnamente abbellita dalla statua della Vergine cui è stata anche affidata la protezione della popolazione di Baggio. La mattina del 20 settembre 1949 un gruppetto di italiani parte alla volta di Banneux: è un viaggio ben diverso dal como­do pellegrinaggio dei nostri giorni, ma la fatica e le tappe not­turne obbligate non smorzano l'entusiasmo di partecipare alla solenne benedizione e consegna della statua che presto lascerà il Belgio. È il 2 novembre quando la statua della Vergine vola su un bi­motore dell'ALITALIA da Bruxelles a Milano-Malpensa. L’ac­compagnano pochi minatori che prima di ripartire per il Belgio le posano accanto due delle loro lampade. A riceverla c'è una folla festosa di bambini, donne, uomini, giovani, anziani, autorità civili ed ecclesiastiche, che conti­nuerà a salutarla anche dai bordi delle strade percorse dal fur­gone che la trasporta fino a Milano. Dopo una sosta di dieci giorni nella chiesa di san Francesco da Paola in via Manzoni, il mattino del 13 novembre un corteo si snoda per accompagnarla alla sua destinazione definitiva: il quartiere delle Case Minime di Baggio, che non lascerà mai più. Il cardinal Schuster non manca alla celebrazione solenne e davvero commoventi sono la sua devozione e le parole con le quali invita tutti i fedeli ad abbandonarsi fiduciosamente a questa Mamma che predilige i poveri e addolcisce la sofferenza degli ammalati. Festeggiamenti animati soprattutto da frequenti predicazio­ni e momenti di intensa preghiera, proseguono per altre due settimane nelle quali moltissime sono le testimonianze, grandi e piccole, di devozione e fede sincera. Se la Madonna dei Poveri ha giuridicamente "preso possesso" del territorio consegnatole, non da meno è la risposta degli abi­tanti, che le hanno pubblicamente dichiarato di volerla davve­ro quale Mamma celeste, dono immenso del Padre, guida sicu­ra verso Gesù.



IL TEMPIO DEDICATO ALLA MADONNA DEI POVERI



La chiesa viene costruita

Sono trascorsi tre anni dall'arrivo della bella statua e il 1° novembre 1952, il cardinal Schuster benedice la posa della pri­ma pietra del nuovo tempio, interamente costruito in cemento armato. La scelta è "obbligata": si tratta infatti del materiale più povero e architettonico al tempo stesso. Questa data segna l'ultima visita ufficiale del Cardinale a quel quartiere tanto prediletto; dal 29 agosto 1954 questo ama­tissimo pastore della Chiesa milanese seguirà in un modo spe­cialissimo i lavori dalla Casa Eterna, proteggendo e interce­dendo. Il 1° febbraio 1954 viene eretta la parrocchia e il 31 maggio 1955, monsignor Gian Battista Montini - il futuro papa Paolo VI - inaugura la nuova chiesa, celebrandovi la prima santa Messa. Mancano ancora i pavimenti, anzi, è molto più semplice dire che c'è solamente l'altare maggiore, ma con tutta questa po­vertà la Vergine non può che sentirsi a suo agio: lei, protettrice di ogni povero, ora ha una casa definitiva che è pronta per ac­cogliere tutti i figli che d'ora in poi e per gli anni futuri verran­no a chiederle aiuto, protezione, sollievo.



La chiesa: qualche nota architettonica

Opera degli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, è sicura­mente uno dei più caratteristici esempi di architettura moder­na paleocristiana del dopoguerra in Italia, nel quale è sublima­ta la fusione dell'arte con la fede. Lo sviluppo essenziale non nasconde l'attenzione nello studio dei particolari liturgici e il cemento armato si presta, per la sua aridità, a sottolineare l'importanza dei valori spirituali. Divisa in tre navate, otto pilastri costituiscono la struttura portante di quella centrale dalla quale si offre uno sguardo pa­noramico sull'interno, severo e maestoso, illuminato da una lu­ce diurna discreta, che penetra da fonti non direttamente visi­bili ai fedeli. Nel coro esagonale è racchiuso l'altare maggiore, in marmo cipollino dorato, che è stato ubicato secondo il primitivo siste­ma basilicale; il sacerdote è così rivolto all'assemblea, antici­pando sensibilmente le innovazioni liturgiche del concilio Vati­cano Il. Accanto a esso scale in vista, ripide e lunghe, salgono alla can­toria, mentre altre scale comode e larghe scendono alla cripta. Il pavimento, in granito, è formato da lastre di varia dimen­sione, forma e colore, diverse le une dalle altre, ma simili e uni­te fra loro da una sottile fuga di cemento. Proprio per il grande valore artistico di essenzialità e per il particolare risalto allo spirito, questa chiesa fin dall'inizio è stata motivo di studio e di ricerca da parte di insegnanti e stu­denti in architettura, provenienti dall'Italia e dall'estero, dive­nendo un'opera di riferimento per il sacro e il moderno.



La chiesa della Madonna dei Poveri oggi

Pur non essendo ancora completato il progetto originario, l'attività è svolta a pieno ritmo. Entrando, sulla sinistra, vi è la statua della Vergine dei Po­veri in un piccolo spazio delimitato da qualche panca disposta a mo' di balaustra. Lo sguardo dolce e accogliente, il sorriso tenero e materno, le mani giunte che invitano alla preghiera, fanno sentire a chi si inginocchia la singolare tenerezza che la Madonna ha per cia­scuno di noi. Ai lati, le due lampade adornate dal nastro tricolore; dai mol­ti e profondi significati che facilmente riconducono al messag­gio di Banneux, sono simboli di luce che invitano alla speranza e a non temere mai il buio. Proseguendo nella navata centrale e alzando lo sguardo, una grande croce in cemento armato, tempestata di pietre colorate in pasta di vetro, spicca sullo sfondo: sospesa sopra l'altare vie­ne illuminata dalla pioggia di luce che entra dai 49 lucernari del tiburio. La croce gemmata è simbolo del mistero pasquale di morte e risurrezione del Cristo. Quest'opera d'arte di padre Costantino Ruggeri (o.f m.) sta a dirci che dopo ogni tenebra giunge la luce e questa è luce di vi­ta che promana dal Risorto e dall'alto. La chiesa è anche meta di pellegrinaggi perché la semplicità, il silenzio e lo spazio di questo angolo cittadino, invitano pro­prio a vivere una pausa di riflessione.



La cripta

Scendendo nella cripta, l'intimità si fa più intensa. In una piccola vasca, ai piedi di un quadro realizzato dalla pittrice Gianna Marchi Orlandi, che riproduce quello della cap­pellina delle Apparizioni, c'è l'acqua della sorgente di Banneux. Viene così offerta l'opportunità di compiere il gesto richiesto dalla Madonna: «Immergi le mani nell'acqua». E’ un modo sem­plice, ma immediato, per confermare la propria adesione a Cri­sto Signore che si offre a ciascuno nel dono totale di sé. Proprio perché la Madonna ha detto di essere venuta per tut­ti, sull'acqua della sorgente non c’è nessuna proprietà umana; così nel tempio di Milano a lei dedicato, con la stessa gratuità che fa di Banneux un dono, a piene mani ciascuno può attinge­re alla gratuita tenerezza materna per poi incontrare e tuffarsi nell'unica Sorgente della vita. Come alla piccola Mariette la Vergine dei Poveri è apparsa per rischiarare la notte della sua esistenza conducendola a Gesù, sorgente perenne di vita per ogni essere umano, così per cia­scuno di noi i suoi messaggi siano conforto nelle pene, sollievo nelle malattie, speranza nelle prove affinché sempre più rico­nosciamo nel suo Figlio Gesù l'unico nostro Signore, il Salvato­re, e come Simeone lo sappiamo annunciare a ogni fratello: lu­ce per illuminare le genti (Le 2, 32).



Una fonte inesauribile



Sono trascorsi due anni da quando questo libro ha cominciato il suo cammino "di mano in mano" per portare con semplicità un piccolo annuncio e spero tanta luce e consolazione. Il lavoro era stato iniziato per rispondere a un invito chiaro e inequivocabi­le, quasi un comando, che mi ha portato a camminare nella fe­de e nell'abbandono fiducioso sperimentando che a Dio tutto è possibile. In questo arco di tempo, dalla prima pubblicazione fino a og­gi, ho avuto modo di meditare e riflettere a lungo sul messaggio della Vergine dei Poveri e mi sono accorta che quanto avevo scritto è solo una minima parte del tesoro racchiuso nelle ap­parizioni di Banneux. E allora che fare? Tacere? Scrivere anco­ra? Tra le tante soluzioni la più semplice mi è sembrata quella di offrire alcune pennellate come un ritornello musicale che in poche battute ne richiama il motivo facilmente orecchiabile, quel motivo che lascia nel cuore il desiderio di canticchiarlo perché facile e soave. Delle molte riflessioni che in questi due anni ho visto spun­tare nel mio cuore, eccone alcune: sono sprazzi di una luce che certamente può essere solo suscitata dall'alto. Banneux non è un argomento "esaurito" con una dettagliata narrazione dei fatti e la raccolta delle voci dei testimoni, è una rivelazione che si protrae nel tempo; è come un prisma colpito dalla Luce dal quale partono, dilatandosi, raggi luminosi river­beranti i sette colori dell'arcobaleno; è come l'effetto prodotto dal cristallo purissimo nel quale un raggio, illuminandone una sfaccettatura, da lì si riflette a sua volta su altre mille.



Luce di provvidenza

Anche se le apparizioni avvengono alla sera, quando ormai la notte stende il suo velo oscuro che tutto uniforma, la Luce è protagonista a La Fange dove la Vergine, comparendo lumino­sa nella notte, vince dapprima le tenebre che annunciano il giorno finito, per continuare a sconfiggere quelle - certo più in­tense - che avvolgono l'umanità intera. Si, luce nella persona di Maria che meno non potrebbe esse­re, quale Immacolata risplendente della bellezza di Dio, ma anche luce da leggere come punto di riferimento, come faro sempre acceso nella notte sociale, storica, etica, morale del contesto europeo e addirittura mondiale. Una luce che reca un lieto messaggio di sollecitudine materna illuminando un luo­go, una casa, una strada, l'esistenza di una fanciulla. Nella notte la luce risplende di uno splendore fatto solo di cielo che stupisce e attrae dolcemente. Si ha come la sensazione di rivi­vere una simbologia biblica dove anche gli elementi naturali entrano in gioco lasciando il passo alla rivelazione. È veniente dall'alto «un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12, 1) che scende tra gli uomini, prima della salita al potere di Hitler che sarà uomo di morte, persecutore e assassino. Come comprendere e attestare la vittoria della Luce quando milioni di uomini conosceranno la più grave e vergognosa delle perse­cuzioni, quel genocidio che sfocerà nella shoà? Eppure la pre­senza luminosa di Maria sulla strada fangosa è partecipazione anticipata, come già avvenuto negli eventi della salvezza, per riconfermare che il male si schianterà contro la bellezza, che l'orgoglio di satana sarà terrorizzato solo dai più piccoli, per­ché la Bellezza ha strada eterna rispetto a quanto pur lunga possa essere la notte. Dopo la croce c'è la risurrezione che dichiara la morte vinta per sempre e nulla può fare anche il serpente più velenoso: insidiando il calcagno gli verrà schiacciata la testa, perché in Ge­sù risorto è la nostra vittoria.



Il papà di Mariette

Il papà di Manette è colui che dal primo istante si preoccupa della sua bambina e, senza esagerare, si può dire che supplisce responsabilmente a quanto la mamma stessa non fa. Appena si rende conto che Mariette non scherza, che davvero le è accaduto qualcosa di particolare, subito si dà da fare: esce in giardino e fa le prove con l'acqua, con la lampada, controlla che non ci sia nulla fuori posto e indaga per trovare qualche ele­mento che giustifichi il comportamento della figlia; vuole appu­rare la verità e quando comprende che il fenomeno è di natura religiosa, si reca immediatamente dal cappellano, colui che lui ritiene competente in merito. Quando, anche dopo aver "battuto questa pista" non risolve nulla, allora segue di persona la sua bambina, esce in giardino e rimane vicino a lei, è presente e interviene consolandola, soc­correndola, spiegandole quanto non capisce, dandole sicurezza: è padre. Tutto ciò dopo una giornata di lavoro sicuramente pe­sante (è un operaio), con le preoccupazioni contingenti di po­vertà e di famiglia da mantenere, affrontando i disagi e le in­temperie della stagione, ma soprattutto gli schemi dei suoi compagni di lavoro e il mormorio del paese intero. Tutto ciò sen­za un ritorno, senza un interesse (sia lui che la moglie non spe­culeranno mai su questa vicenda né per arricchirsi, ma neppu­re per stare un po' meglio) e senza neanche aver intravisto la Bella Signora. L’atteggiamento del babbo di Mariette è un invito alla rifles­sione per l'oggi dove, analizzando lo spaccato della società in cui viviamo, la figura del padre è sempre più assente per una quantità di motivi che prendono il nome di esigenze che inizia­no dal lavoro per terminare nell'assenza di valori. Mai come nel nostro tempo troppi bambini devono difendersi dall'ama­rezza di non conoscere un papà e dalla confusione di averne più di uno. Papà Julien non rivendica il diritto di essere lasciato in pace, non dice alla mamma che tocca a lei occuparsi della figlia, agi­sce. Anche questo è un insegnamento per noi che oggi diamo un'importanza vitale alla comunicazione usando e abusando di ogni mezzo e non ci rendiamo conto invece che non sappiamo più parlarci e neppure ascoltarci. In casa Beco, dove c'era posto solo per l'essenziale, dove pure le parole erano un lusso, non solo c'è attenzione e ascolto persino per un bisogno psicologico, ma tro­viamo chiara anche la risposta, tradotta in gesto concreto. E il comportamento del papà comprova che non è assoluta­mente necessario vedere per agire: lui che non ha visto nulla, fa; la mamma, che dalla finestra aveva veduto la sagoma del­l'Apparizione, non si lascia coinvolgere.



Mariette non chiede mai a nessuno di pregare con lei

Da quando il 18 gennaio per la prima volta trova il coraggio di uscire in giardino a pregare in attesa della Bella Signora, non chiede a nessuno di stare con lei, di farle compagnia, di con­dividere quel momento; non esce perché ci sono "gli altri" che la aspettano, il gruppo che la sostiene: fa fatica da sola. Lei prega, dà l'esempio; probabilmente è ben felice quando qualcuno pre­ga con lei, ma non chiede nulla. Credo sia su questo esempio muto ma contagioso che è nata l'UIP. Mariette, come è stato più volte ribadito, è schiva e a stento risponde alle domande durante gli interrogatori; a mag­gior ragione, perciò, evita di parlare per convincere. La gente, che dopo le Apparizioni andrà sempre aumentando, aderisce al­l'iniziativa di trovarsi a pregare tutte le sere alle 19 non per le parole di Mariette (che non ci sono), ma perché "chiamata" di­rettamente dalla Vergine e perché l'esempio della fanciulla co­munica fiducia e invita alla fedeltà. Ancora una volta i fatti suppliscono egregiamente le parole. Se è vero che Mariette prega senza aspettare che altri lo fac­ciano con lei, è anche vero che nella Vergine ha avuto un gran­de esempio. Già la sera del 15 gennaio, la fanciulla ha visto che la Madonna muoveva le labbra e, con la semplicità e l'imme­diatezza dei bambini, ha interpretato questo gesto come un pregare. Che altro poteva fare Maria se non pregare? Così, im­mediatamente, la bimba corre a cercare una corona di rosario per fare altrettanto. È forse anche per questo muovere le labbra, presente in tut­te le apparizioni e che Mariette nota fin dalla prima volta, che in seguito la Madonna ripeterà per ben tre volte l'invito a pre­gare molto. E’ una cascata di eventi che si susseguono: la Vergine muove le labbra, Mariette prende subito il rosario e prega alla fine­stra, continua a pregare in giardino attendendo la Bella Signo­ra, prega mentre la Vergine la conduce alla sorgente, prega quando la Madonna si allontana e scompare. E’ un crescendo che dall'inizio aumenta sempre più fino a sfo­ciare nel senza misura del pregare molto.



Mariette prega il rosario

Tra le mille preghiere che potrebbe anche inventare, Mariet­te prega il rosario e la Vergine evidentemente lo gradisce molto. Eppure, di questi tempi, la consideriamo una pratica superata, vecchia, noiosa, antiquata, ripetitiva; non ci attrae proprio e concludiamo che forse poteva andare bene anni fa. Invece, pro­prio oggi, è la sola preghiera sulla cui forza hanno puntato di­verse comunità per il recupero di tossicodipendenti e alcolisti ot­tenendo da anni grandi risultati. E il segreto dove sta? Solo nel come ci poniamo. Ripetere continuamente il saluto dell'angelo e l'invocazione di intercessione non è monotono se ogni volta è il cuore a parlare e, proprio i secoli che hanno visto protagonista questa preghiera, ci assicurano che può essere ricominciata sen­za sosta e non stancare mai. Il rosario è la preghiera dei poveri, quella che veramente è inscritta nel cuore della gente semplice la cui sapienza spirituale non è fatta di voluminosi trattati, ma dell'abbandono fiducioso e confidente nell'aiuto di Maria.



«Immergi le mani nell'acqua»

La prima cosa che la Vergine dei Poveri fa è condurre Marinette alla sorgente. Perché? Perché per questo è venuta, per portare tutti gli uomini alla Sorgente che è suo Figlio. E non si presenta, non le rivela la sua identità, lo farà in seguito; le chie­de di tuffare le sue mani nella fonte. Maria non propone alla piccola la scelta se immergere o no le mani nell'acqua: è certamente col tono più suadente che possia­mo immaginare, ma la invita a farlo. È questo un passo succes­sivo che guida Mariette sulla strada del coraggio che ha da po­chi istanti intrapreso, iniziata con quella decisione di uscire e af­frontare il buio che da sempre le faceva tanta paura; è un invito alla fiducia, all'abbandono di ogni ragionamento razionale per compiere un'azione che d'acchito può sembrare priva di senso; è perdere ogni capacità di ragionamento per obbedire senza chie­dere di capire prima. Mariette è immediata e, senza riserve, co­glie e accoglie l'opportunità.



«Questa sorgente è riservata per me»

Questa piccola fonte che era lì, da alcuni utilizzata per gli ani­mali e forse da molti mai notata, ora acquista un nome nuovo: «riservata per me». La Bella Signora ne conosce l'identità e la as­segna per il suo vero scopo. Anche lei ha un "diritto di banalità" in questa terra dove i poveri godevano di un piccolo privilegio. È come se la Vergine dicesse: «...poiché ti sei fidata e hai ri­schiato di essere persino ridicola immergendo le mani in una raccolta d'acqua dalle dimensioni di una pozzanghera, ora ti di­co che questa è addirittura una sorgente e che è riservata a me. Attenzione, questa dichiarazione non equivale a dire che è mia proprietà, bensì che questo piccolo lembo di mondo è "cintato": a tutti è consentito l'accesso, anzi, siete tutti i benvenuti, però entrando sappiate bene che non è terra qualunque, questa è sotto la mia speciale protezione. Solo col passare dei mesi vedrai che l'acqua di questo scarso zampillo che oggi sembra insufficiente a dissetare un uomo non solo non si esaurirà, ma andrà aumentando fino a soddisfare le esigenze di tanti pellegrini, arrivando ad avanzare e andare "perduta" mentre trabocca dalla fontana; sì, perché nella mia economia non esiste il timore di "sprecarla"». Mariette non poteva capire, ma la Madonna sapeva bene di che fontana stava parlando; lei, come nessun essere umano, co­nosceva l'identità di quella sorgente, ne conosceva la "portata" e sapeva cosa si nascondeva dietro le apparenze di una misera pozza. Quando era creatura nella terra di Palestina, anche allo­ra sapeva; sapeva che cosa si nascondeva nelle sembianze di un neonato partorito in una grotta e appoggiato in una mangiatoia, di un bambino onorato dai Magi e ricercato da Erode, di un ra­gazzo di dodici anni che insegnava ai dottori nel tempio, di un uomo al cui battesimo si apriva il cielo, di un figlio obbediente che dà ordini ai servi per amore della madre e ridona il vino che dà gioia alla festa, di un rabbi tradito da un suo apostolo, di un giusto mandato a morire per far libero un malfattore, del Re dei re coronato di spine e avviato al Calvario, di un mite inchiodato alla croce alla cui morte calano le tenebre mentre il velo del tem­pio si squarcia e la terra trema; lei, proprio diciannove secoli pri­ma, giovane mamma straziata, sapeva, ma ha dovuto sopporta­re che la sua anima fosse trapassata dalla preannunciata spada e vedere coi suoi occhi la sorgente dalla quale è sgorgata l'acqua dopo il sangue, quelle poche gocce d'acqua capaci di lavare lo scarlatto dell'umanità intera. Lei sapeva... sapeva bene di chi era figlio quel suo Figlio e ha creduto alla Parola attendendo finché questa, compiuta, si adempisse, finché a porte chiuse entrasse nel Cenacolo per mostrarsi a chi doveva vedere per credere, per poi vivere da risorto senza più farci temere la morte.



«Io sono la Vergine dei Poveri»

Vergine: non appartengo a uomo, non sono soggetta a vincoli umani e sono libera di essere totalmente dei poveri. I poveri rappresentano una causa così importante che meri­tano per la loro difesa la Madre di Dio, la Vergine, colei che non è legata a nessun interesse e perciò davvero assoluta garanzia.



«Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni… per i malati, per dar loro sollievo»

Dopo aver "delimitato" il suolo della sorgente, segue la preci­sazione a chiarimento di ogni frainteso: davvero il luogo non è proprietà privata a uso esclusivo di uno solo, anche se questi fosse la Madonna in persona, è semplicemente luogo riservato a lei, ma per tutte le nazioni. Ecco che il senso diventa sempre più chiaro: la sorgente è a disposizione di tutti, come per tutti lei ha dato quel Figlio suo Figlio di Dio concepito nel mistero. Le parole dell'angelo le avevano detto molto sulla grandezza e regalità di quel figlio, tranne che fosse suo e Maria ha accetta­to di portarlo in grembo senza averne la "proprietà", acconten­tandosi di averlo per donarlo. Ugualmente fa per la sorgente, al di là delle apparenze che la presentano come acqua zampillante, perché quella fonte rap­presenta Gesù, sola acqua che dona la vita immortale. E se ancora non bastasse l'aver aggiunto «per tutte le nazio­ni», specifica quel «per i malati, per dar loro sollievo». Nessuno è più indifeso e povero di chi non ha la salute, sia del corpo co­me dell'anima e nulla più si cerca quando non si sta bene che il modo di alleviare le sofferenze. In sintonia con il motivo della venuta del Figlio quale medico alla ricerca dei malati da guari­re, dalla fonte sgorga l'acqua che risana da tutte le malattie, che dà sollievo nella sofferenza. Ecco un altro esempio di com­prensione a cascata" del messaggio di Banneux, una compren­sione graduale e sempre più profonda, che aggiunge e comple­ta, che appassiona, coinvolge e converte. Ecco la conferma evi­dente dello stretto rapporto evangelico, del filo sottile, ma sal­dissimo, che lega la storia della salvezza in ogni suo evento. E in questa terza apparizione triplice è il messaggio che la Vergine comunica aggiungendo: «Io pregherò per te». Manette non può immaginare quanti interrogatori la aspet­teranno, quante ore di domande e risposte prima che il cappel­lano, il vescovo, la Chiesa possano proclamare l'autenticità de­gli avvenimenti di Banneux; lei non può sapere e non compren­de certo il significato di quel «Io pregherò per te», ma la Madonna sa che la piccola ha bisogno di essere sostenuta con la preghiera. Le servirà più avanti ricordare queste dolci parole e forse le daranno consolazione nei momenti più difficili; Mariet­te non dirà mai nulla al riguardo, ma io amo pensare sia così.



«Desidererei una piccola cappella»

Mariette pone questa domanda alla Vergine sollecitata dagli adulti che forse sperano, in base alla risposta che riceveranno, di capire meglio cosa sta succedendo a La Fange e di che natu­ra sono questi fenomeni strani che ormai prendono il nome di appuntamenti con la Bella Signora. La Vergine chiede una piccola cappella perché come non le occorre riservarsi una grande tenuta per manifestare le opere del Signore, così non desidera che gli uomini facciano affida­mento su grandi templi per radunarsi in preghiera e imparino piuttosto a credere che il Creatore dell'universo non potrebbe essere racchiuso in una costruzione gigantesca mentre abita nel cuore di chi lo vuole ospitare. E poi lei, Vergine dei Poveri, come potrebbe mettere a disagio i suoi figli? Sa bene che un povero non si avvicinerebbe mai a un'imponente cattedrale.



«Io vengo ad addolcire la sofferenza»

Non era sufficiente aver detto una volta che la sorgente era per dar sollievo ai malati di tutte le nazioni; in questo messag­gio la Vergine rafforza e completa il significato delle sue prece­denti parole. E lo fa alla luce di un fatto realmente accaduto, di una grossa sofferenza che ha colpito Mariette in questi ultimi giorni e che è durata fino a pochi attimi fa: lei non si è mostrata alla piccola per ben tre settimane, tre lunghissime settimane durante le quali la bambina ha subito ogni sorta di angherie ri­spondendo all'attesa senza segni con una fedeltà sorprendente. Che ora le sia accaduto quanto avviene a una mamma dopo aver dato alla luce il suo piccolo? Alla vista della Madonna tut­ta quella sofferenza è sparita. E quando non è possibile toglier­la, la Vergine assicura di venire a mitigarla, a renderla più sop­portabile. Solo quanto appartiene al soprannaturale può essere espres­so con questo linguaggio umanamente così incomprensibile, do­po che sovente la nostra esperienza nel dolore fisico è fatta di amare constatazioni che ci fanno ammettere che spesso neppu­re le medicine specifiche riescono a lenire il dolore, mentre le fe­rite morali, apparentemente invisibili, sono ancora più lanci­nanti e inguaribili di quelle che possiamo vedere.



«Credete in me, io crederò in voi»

È conseguenza di un rapporto ormai consolidato l'avere fidu­cia in qualcuno, infatti la Vergine ne chiede solo alla sesta ap­parizione e per un motivo preciso: risponde così a una sollecita­zione fattale a nome del cappellano. Quale altro segno dovreb­be dare perché si creda a Mariette che lei veramente le appare? E anche in questa occasione non spreca parole in rimproveri: con immediatezza va subito al nocciolo della questione e la ri­sposta che dà attesta che non si ferma neppure a valutare se il cappellano chiede un segno in buona fede o perché spinto dalla sua fragilità umana; quel «crederò in voi» è anche per non escludere a priori che la domanda sia stata posta senza "cattive intenzioni". E come se dicesse: «Sforzatevi di credere in me, co­minciate a fare questo tentativo, fate questo gesto di credere in me... io crederò in voi. Anche in questo vi ho dato l'esempio: quando a Nazaret l'angelo è venuto ad annunciarmi che sarei diventata la Madre, umanamente avevo delle perplessità e gli ho chiesto come sarebbe stato possibile; poi ho compreso che del progetto divino dovevo solo fidarmi e ho creduto. A voi non chie­do tanto».



«Pregate molto»

Staccato dal contesto delle apparizioni parrebbe un invito ac­corato e nulla più; la Madonna avanza questa richiesta solo du­rante le ultime tre visite a Mariette, quando la bambina ormai "la conosce bene" ed esattamente dopo esserle stata accanto, averla sostenuta nel cammino, ma soprattutto dopo quel: «Io pregherò per te» di sorprendente tenerezza. La Vergine non raccomanda qualche modalità di preghiera, quale tipo di orazione; l'essenziale è pregare come segno di una confidenza che tutto attende come dono. Certo, la richiesta può sembrare "banale" quasi scontata, eppure non è così ovvio at­tuarla, soprattutto se ci impegniamo con perseveranza, virtù che ha davvero quell'azione costante e inarrestabile come quel­la di una pur piccola goccia d'acqua che giorno dopo giorno perfora il sasso sul quale continua a cadere. Alla base di ogni nostra fatica c'è la preghiera. Questa e solo questa è la chiave che apre ogni porta e nella misura in cui cre­diamo in questo strumento d'oro, abbiamo il coraggio di affida­re ogni nostra scelta, preoccupazione, ogni cosa da fare alla po­tenza della preghiera. Mi attende un incontro importante? Ho un appuntamento con dei medici per un responso difficile? Ci sono in famiglia con­troversie che mi sembrano insanabili? Umanamente qualcosa è impossibile? Non voglio perdere tempo a trovare soluzioni con la mia povera testa, mi affido alla Provvidenza e nell'attesa prego molto. Qualcuno potrebbe sorridere per un comporta­mento a prima vista così puerile, ma chi lo ha fatto non è rima­sto deluso e ne può gridare a gran voce i benefici. Mariette non sa ancora che questa accorata richiesta di mol­ta preghiera è la prima di altre due che la Vergine ripeterà pri­ma di lasciarla definitivamente.



«Mia cara bambina...»

Manette ha compreso bene che il «Credete in me, io crederò in voi» dettole poco prima non è rivolto a lei, ma se casualmen­te si fosse trovata a pensarlo o qualcuno avesse voluto farglielo credere, con questa frase dolcissima e del tutto personale, la Vergine fa sentire alla piccola quanto è grande la sua tenerez­za per lei.



«Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio»

E come al termine di un'opera d'arte, sempre l'autore appone la sua firma, così la Madonna vuole concludere le sue visite a Mariette dichiarando il suo nome che pronuncia senza stacchi: il Salvatore è Dio e lei ne è la Madre. Se ha condotto la bambina alla sorgente perché vi immerges­se le mani, in questa ultima visita vuole farle comprendere che quella non è uno zampillo qualunque, è la Sorgente della quale lei è Madre.



L’inizio e la fine

Le prime parole della Madonna a Banneux sono l'invito a tuf­fare le mani nell'acqua e le apparizioni terminano con il gesto della Madre che impone le mani sulla bambina dopo averle ri­petuto l'invito alla preghiera. È come se le dicesse - e dicesse a tutti noi - di immergere le mani e... di tenervele immerse. La preghiera, infatti, è quel bagno spirituale che completa quello compiuto fisicamente; e se un gesto esteriore insegna anche ai più razionali ad abbandonare ogni falso pudore per ritornare bambini, il pregare molto è invece un incontro silenzioso, inti­mo, segreto. Solo la preghiera, l'immergersi nella parola di Dio, nella li­turgia e nei gesti autentici di amore consentono a chi è disposto a vivere in pienezza, di essere inondato dalla presenza del Si­gnore e, sostenuto dal suo Spirito, essere portatore di una luce intramontabile.



Frammenti di storia

Desidero concludere questo nuovo capitolo fissando alcuni eventi di questo 1999, anno che vede finire il secondo millennio dalla nascita di Gesù, il Salvatore che ha sconfitto la morte con­quistandoci la vita eterna. Due anniversari importanti invitano i devoti della Vergine dei Poveri a festeggiare ringraziando e benedicendo il Signore per questi doni di grazia: sono il 50° an­niversario dell'approvazione delle apparizioni di Banneux che monsignor Louis-Joseph Kerkhofs, vescovo di Liegi, su manda­to della Santa Sede, il 22 agosto 1949 dichiarava autentiche, e il 50° dell'arrivo della statua della Vergine dei Poveri donata dai minatori del Limburg ai lavoratori del quartiere di Baggio; era il 2 novembre 1949. Guardo a queste due date come alle due lampade da minato­re poste accanto alla statua della Vergine nella chiesa di Mila­no: brillano ai suoi piedi per ricordare a tutti che la sua presen­za vicino a noi è fedele nel tempo e la sua venuta a Banneux è stata l'annuncio di una luce che vuole rischiarare la strada di ciascuno, quella strada che conduce alla Sorgente "ogni Mariet­te" che si lascia chiamare e accetta di immergere le mani nel­l'acqua. A queste due pietre miliari nella pagina della storia, se ne aggiunge una terza: il 20 gennaio 1999, giorno che ha visto una statua della Vergine dei Poveri "ricambiare" a Roma la visita che il Santo Padre le aveva fatto a Banneux nel 1985. È già stato detto che il cardinal Schuster nel 1945 aveva affi­dato la cura pastorale del quartiere delle Case Minime ai padri Oblati di San Giuseppe promettendo loro che la chiesa che do­veva essere costruita nel rione sarebbe stata dedicata alla Ma­donna dei Poveri. Da allora, fedelmente, questi figli spirituali del beato monsignor Marello, vi continuano a prodigare energie ed entusiasmo e hanno voluto estendere a tutta la Provincia italiana l'opportunità di conoscere, meditare, approfondire il messaggio della Vergine dei Poveri. Chi più di loro - che hanno scelto la povertà e il cui ideale di vita è san Giuseppe, uomo giu­sto e sposo perfetto - può comprendere e accogliere con mag­giore gioia la presenza di Maria nella propria casa? E con questi sentimenti che padre Luigi Testa, direttore del Movimento Madonna dei Poveri, ha fatto pervenire al Papa il desiderio che benedicesse una statua della Vergine apparsa a Banneux, quella che dovrebbe raggiungere "in peregrinatio" le case dei confratelli. E come poteva la Madonna non intercede­re, vedendo che chi ha scoperto un tesoro immenso non lo tiene gelosamente per sé, ma con la stessa gratuità lo dona? Così dal Vaticano è giunta la risposta e all'udienza di mer­coledì 20 gennaio, proprio prima di partire per il suo viaggio in Messico, papa Giovanni Paolo Il ha benedetto la statua iti­nerante. Queste le parole di accoglienza del Pontefice: «Saluto i fedeli del Movimento Madonna dei Poveri dell'omo­nima parrocchia di Milano, qui convenuti per far benedire la statua della Vergine di Banneux che "visiterà" le comunità del­la provincia religiosa degli Oblati di San Giuseppe. Carissimi, vi esprimo il mio compiacimento per questa pere­grinatio mariana in preparazione al Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ed auspico che essa costituisca per tutti un'occasione di rinnovato annuncio del Vangelo e di gioiosa testimonianza cristiana» (da «L'Osservatore Romano», 21 gennaio 1999). È solo un caso questa coincidenza o si tratta di un'occasione per scoprire la fedeltà di Dio in un messaggio che continua nel tempo? Impossibile non leggere alcuni fatti con occhi stupiti e altret­tanto impossibile non meditarli. Ecco allora qualche "briciola di riflessione" a cui segue una testimonianza: è solo una, ma vuo­le essere la prima di molte altre che desidererei raccogliere con la stessa delicatezza con la quale si tengono tra le dita le prato­line, farne un bouquet e offrirlo alla Vergine dei Poveri per rin­graziarla della continue meraviglie che opera nella vita di chi la invoca.



Mercoledì 20 gennaio

È risaputo che il giorno riservato all'udienza del Santo Padre è il mercoledì, ma mercoledì 20 gennaio è anche l'anniversario della quarta apparizione della Vergine dei Poveri a Manette Beco. La sera di quel giorno, rispondendo alla bambina, la Madon­na aveva espresso un desiderio: «Desidererei una piccola cap­pella»; e immediatamente a Banneux don Jamin aveva iniziato a impegnarsi per realizzare la richiesta. Nella maestosità della sala Paolo VI, per la distanza, vedevo rimpicciolita la bella statua della Madonna appoggiata su un tavolino ai piedi di una possente colonna e gioivo perché diffi­cilmente potrà essere accolta in un luogo più grande. Si, la Ver­gine aveva desiderato una piccola cappella, ma qui, in un im­menso salone, scortata dalle guardie svizzere, riceveva gli ono­ri di 3.000 fedeli e l'inchino devoto del Pontefice.



Il Papa in viaggio

Il Papa ha benedetto la statua appena prima di partire per il Messico e ha compiuto questo gesto davanti a una folla mul­tietnica di fedeli accorsi dai luoghi più diversi. Giovanni Paolo Il è colui che, nella storia della Chiesa, ha percorso infaticabile le strade del mondo realizzando il maggior numero di visite apostoliche in tutti i paesi che hanno voluto ospitarlo. Si può dire a gran voce che, in lui, le parole della Vergine «per tutte le nazioni» hanno trovato un promotore straordinario e un apostolo che le incarna. Il Santo Padre, vicario del buon Pastore, appassionatamente vuole raggiungere ogni figlio: non si limita ad aspettare e acco­gliere, si mette in cammino e va, e se le circostanze lo consento­no, torna successivamente.



Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Il 20 gennaio, poi, cadeva nel cuore della settimana di pre­ghiera per l'unità dei cristiani, quella settimana dal 18 al 25 gennaio fatta in realtà di otto giorni - e otto sono proprio le ap­parizioni della Vergine dei Poveri a Mariette - dei quali l'ulti­mo aveva come tema: «A colui che ha sete, io darò gratuitamen­te l'acqua della fonte della vita» (Ap 21, 6). Possono forse passare inosservati questi episodi che, con un effetto "a cascata", reciprocamente ora si illuminano e appaio­no chiari, ora invece rivelano e mostrano aspetti fino a oggi na­scosti? Il taglio ecumenico e universale del messaggio di Banneux, che non esclude nessuna creatura sulla terra, trova soprattutto nell'acqua della sorgente un segno palpabile quale risposta a una necessità primaria di ogni uomo: dissetarsi, e vale la pena ricordare che nulla più dell'acqua è così comune a La Fange.



Mercoledì, giorno dedicato a san Giuseppe

In ultima analisi, ecco una ''curiosità'' benevola appartenente alla tradizione popolare: il mercoledì è il giorno della settimana dedicato all'onore di san Giuseppe, sia nelle famiglie religiose ispirate all'imitazione di questo patriarca come nella devozione semplice e genuina che le nostre nonne hanno alimentato da­vanti alle statue e alle immagini che lo hanno raffigurato in tutti i tempi. Lui, sposo degnissimo della Vergine, quel giorno, forse più di altri, ha esultato nel vedere un susseguirsi di "coincidenze" con­vergere per rendere alla Madre del suo Salvatore, venuta nella notte per i poveri di tutto il mondo, il tributo sincero e commos­so della Chiesa in festa.



…è capitato a me e rendo grazie!

Abitare a Roma non vuol dire aver visto il Papa da vicino: fi­nalmente mi è piovuta dal cielo questa grazia che devo solo al­l'essere Orantes in via. È per la benedizione di una statua della Vergine dei Poveri venuta da Milano che sono stata invitata insieme ad altri Orantes all'udienza del mercoledì e così, dalla seconda fila del­la sala Nervi, non ho perso una parola di quanto è stato detto. Tanta era la gioia mista all'agitazione e alla paura di arriva­re in ritardo che prima delle otto ero già in San Pietro, e giac­ché c'ero, non ho rinunciato a una visitina: come non dire grazie per quel sogno a occhi aperti? Entrando nella grande basilica, aprivo la porta contempora­neamente a un'altra donna, indiana, sui quarant'anni, avvolta nel suo san bianco e rosa. Subito mi è venuta alla mente una frase pronunciata dalla Vergine e detta a proposito della fonte: «Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni...». Per tutte le nazioni... anche per me che solo due giorni prima non immaginavo niente di tutto questo! Nell'immensità del capolavoro e del genio umano della Cat­tedrale mi sentivo piccolina, più ancora di quanto lo sono di sta­tura. Ho visitato con calma la chiesa, restando come sempre a bocca aperta e col naso all'insù davanti alla Pietà: anche se qui ci vengo spesso, non mi abituo mai a tanta maestosità. Il tempo passa e non me ne rendo conto. Son pronta a uscire e mentre sto aprendo la porta, con me esce anche quella donna indiana che avevo incontrato entrando. «Per tutte le nazioni...» mi torna alla mente. Sfrego gli occhi, eppure ci vedo bene! E proprio lei. Pochi passi e si perde nella piazza. A me, invece, resta nel cuore questa coincidenza. Signore, tu ci fai arrivare insieme nella tua casa, dalle strade più diverse, dai luoghi più lontani; ci fai stare alla tua presenza, ci nutri con la tua Parola, ti fai cibo per darci forza e farci cre­scere, poi ci fai ripartire per portare a tutti quelli che incontria­mo, a quanti non ti conoscono ancora, il tuo messaggio d'amore. Con questi sentimenti di gioia e di stupore, forse con un sor­riso che non ho mai avuto (sarà per questo che mi guardavano straniti? e a me che importa!), mi sono presentata alle guardie svizzere per entrare all'udienza e dire da vicino alla Vergine dei Poveri il mio grazie più commosso. Mi hai voluta qui e di questo "fuori programma" non me ne dimenticherò mai. Volgeranno lo sguardo come la piccola Mariette è stata capace di guardare in alto nel corso delle apparizioni attendendo la Vergine e giunta a La Fange ha saputo fissare i suoi occhi nello splendore della Ma­dre, compiamo anche noi lo stesso gesto consapevoli di dover scrutare l'orizzonte di questo libro giunto alla seconda edizione. "Guardare verso è rispondere, sapendo dove orientarsi, a un bisogno profondo di pienezza e di grazia. La realtà di questa ap­parizione della Vergine ci ricorda che Maria ha guardato verso la casa e in particolare ha voluto incontrare colei che si è scelta come sua messaggera. Lo sguardo della Madre è gravido di te­nerezza, dolcezza, amore e compassione; il suo volto non si cor­ruccia minaccioso, ma resta sorprendentemente amabile. Mariette, che ha avuto il dono di vedere la Madonna, ha po­tuto pretendere dal pittore Jamin che si attenesse alla descri­zione, al racconto e alle puntualizzazioni che gli esponeva. Ogni volta che mi viene offerta l'opportunità di essere a Ban­neux e in particolare dinanzi al trittico collocato nella Cappella dell'Apparizione, è immediato cercare il volto della Bella Signo­ra e restare lì, quasi incantato. Poi, dinanzi alla fonte, lo sguar­do riposa perdendosi in quell'acqua, nel messaggio, nel simbolo cercandone il significato. «Fermati e contempla perché Cristo è la sorgente». Chiudo gli occhi e ripenso alle parole del profeta, a quelle che trascrive il discepolo amato: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Zc 12, 10; Gv 19, 37), mistero inson­dabile nel quale ci si può solo inabissare perché si compia anche per me la profezia e mi riconosca tra coloro che sanno orientar­si verso Gesù. Sovente l'attenzione è richiamata altrove, ma l'importante è ritornare per ripuntare l'obiettivo nella giusta direzione, la fonte, perché questo è lo scopo della Vergine a Ban­neux: accompagnarci come ha fatto con Manette alla sorgente.



Il tuo dolce invito ci attiri sempre, o Madre,

e se a volte procediamo da figli sbadati

che cercano cisterne screpolate, tu richiamaci dolcemente

perché non è facile fissare lo sguardo sulle cose di lassù

e solo con te accanto, saremo sicuri di non perdere la meta.

Sì, ora possiamo ancora guardare

perché non si è più arrestato il nostro cammino verso la Sor­gente.



padre Luigi Testa



COME ARRIVARE A BANNEUX



In automobile:

Autostrada Les Ardennes (E25) uscita Sprimont (nr° 45); oppure

Autostrada Liegi-Aachen (E40) prendere l’autostrada per Spa-Verviers (E42) uscita Pepinster-Banneux (nr° 5).



In treno e autobus:

Autobus regolari in partenza da Liegi, Pepinster, Virviers, Aywaille e Trooz.



1. Liegi-Banneux:

Un autobus collega Liegi a Banneux; il tragitto dura 50 minuti.

Per informazioni rivolgersi alla stazione Guillemins.



2. Virviers-Bannoux:

partenza all’uscita laterale della stazione, rue de la Gare; il tragitto dura 23 minuti.



3. Pepinster-Banneux:

partenza da Place Maison Communale a 3 minuti dalla stazione; il tragitto dura 13 minuti.



Nota: Troverete tutte le informazioni riguardanti gli orari alla vostra stazione di partenza.








Presentazione a cura

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MOVIMENTO MADONNA DEI POVERI

Piazza Madonna dei Poveri, 2 - 20152 Milano. Tel.: 02-48707406 02-48707406 / Fax.: 02-48717133



Le apparizioni della Vergine a Banneux nel gennaio del 1933 sono state una luce nel gelo e nella sera tenebrosa delle Ar­denne, ma più ancora nella notte del dolore e della sofferenza che l'umanità ha vissuto come conseguenza dell'illuminismo, del nazionalsocialismo e dell'avvento della seconda guerra mondiale. Quando la fede viene assopita e l'uomo si trova inesorabil­mente di fronte al mistero del dolore, della morte e quando nel­l'indigenza è a contatto con le tenebre, non può in nessun modo venire meno la speranza della fede nel Dio vivente, colui che è venuto, viene e verrà. Nella notte la Vergine dei Poveri viene per chiamare alla fede, per invitare a rimettersi in cammino, per sollecitare al­la confidenza in Dio, per accompagnare l'umanità a Cristo Gesù. Le apparizioni di Banneux segnano la storia dell'Europa: av­vengono nel cuore di questo vecchio mondo bisognoso di risco­prire il senso della solidarietà, dell'appartenenza al mistero della salvezza, dell'apertura ai deboli, ai piccoli, ai sofferenti e ai poveri. L’intervento della Vergine delle nazioni è dono di grazia per scuotere dall'apatia spirituale i singoli, le famiglie, le comunità, i popoli: dono per tutti, perché nessuno è escluso dal piano del­la redenzione. Banneux resta per sempre segno di questa luce dall'alto che viene ancora a rischiarare a qualunque livello coloro che si la­sciano accompagnare dalla Madre verso una meta sicura. Di questo messaggio, così intenso ed evangelico, la presente pubblicazione ne vuole dare una lettura con semplicità, attra­verso la sensibilità di una madre e di una donna che nella sera del suo cuore coglie la presenza della luce vera che illumina ogni uomo. L'intento non è quello di uno studio sistematico sulla realtà delle apparizioni o di un approfondimento teologico, ma un ten­tativo di lettura spirituale del messaggio attraverso uno stile semplice, dove anche il particolare assume un suo significato senza perdersi. Dovremmo, in un certo senso, riscoprire il valo­re della devozione come atteggiamento di stupore reverenziale di fronte alle opere di Dio di cui Maria santissima ne è segno in­confondibile. Una luce nella notte. Sì, Banneux è questo. E anche il libro è nato così: nella notte, a Banneux, in occasione di un pellegri­naggio invernale. Poi è rimasto nel silenzio dell'attesa, ma con la speranza di una promessa che si sarebbe compiuta; sono i di­segni imperscrutabili di Dio, che non lasciano tutto nel buio, ma a un certo punto fanno spuntare una luce. È la realtà dell'evento che maturato nel segreto viene rivela­to per essere donato, offerto, condiviso: dono e mistero per tutti.

Grazie, Vergine santa, povera tra i poveri, donna del cammino, della solidarietà, della fede.

Grazie, Madre di Dio, figlia di un popolo benedetto; che ogni generazione dica la tua beatitudine e con noi, benedici il Signore che con ogni benedizione ci ha ricolmati di grazia. Padre Luigi Testa.






Banneux, un dono per tutti



Banneux è un piccolo villaggio delle Ardenne, distante una ven­tina di chilometri da Liegi, in Belgio, il cui nome significa "luo­go banale" per via di un privilegio - detto appunto di banalità - goduto dagli abitanti di quella zona così povera, ai quali era concesso l'uso gratuito del bosco per la raccolta della legna e i prati per il pascolo delle mandrie. Non a caso, un luogo "banale" è stato scelto dalla Provviden­za per concedere doni straordinari, ben più duraturi dei privi­legi materiali. Al nome Banneux, dopo la prima guerra mondiale, venne ag­giunto anche Notre-Dame, in segno di gratitudine e di ricono­scenza alla Vergine, non per le apparizioni - che allora non era­no ancora avvenute - ma per la materna protezione con la qua­le aveva preservato il paese dai bombardamenti, a differenza di quanto era toccato ai comuni vicini. Banneux, possiamo dirlo con certezza, è la dimostrazione vi­sibile dell'amore col quale da sempre Dio cura e si occupa delle sue creature: dapprima risparmiato dalla devastazione della guerra e dalla morte terrena, diventa poi luogo scelto per esse­re luce nella notte, guida sicura che conduce tutti gli uomini sul cammino verso la vita eterna. Tutti i colori, con le loro mille sfumature, che dipingono il ca­polavoro divino chiamato Banneux, hanno in comune il mede­simo paradosso evangelico: ciò che è stolto agli occhi umani, è prezioso agli occhi di Dio, proprio come la pietra scartata dai co­struttori divenuta poi testata d'angolo (Mt 21, 42), fondamento secondo il quale le "banalità", una volta illuminate dalla Gra­zia, si trasformano in perle preziose, rarissime, uniche, nelle quali solo l'Amore ha potuto e voluto suscitare la vita.



Domenica 15 gennaio 1933.



È sera e nel piccolo villaggio di Banneux tutto è tranquillo: la notte sta per scendere e avvolgere nel silenzio quell'angolo di mondo; tra poco, anche gli ultimi doveri della giornata trove­ranno una sosta nel sonno, prima di ricominciare una nuova settimana di lavoro. A La Fange, il buio è reso ancora più cupo e intenso dal sibi­lo del vento che fa eco tra le fronde degli abeti carichi di neve; nessuno può immaginare che proprio lì, alla periferia del paese, stanno per accadere fatti straordinari. In casa Beco, la lucerna è ancora accesa: in cucina, mamma Louise sta cullando l'ultima nata, Marie-Louise, mentre papà Julien nella camera accanto si è addormentato vestito, vicino alla piccola Simone; Alphonse e André sono già coricati in una camera al piano superiore, invece Mariette, la maggiore di set­te fratelli è a pian terreno con la mamma e, mentre aspetta che rientri Julien di dieci anni, accudisce il fratellino René che è malato. Mariette è seduta su una panca, vicino alla finestra e di tan­to in tanto scosta la tendina nella speranza di intravedere Ju­lien: forse è un po' preoccupata, dal momento che il ragazzo è uscito in mattinata per andare a pranzo dal parroco, sono qua­si le 19 e non è ancora rientrato. Mentre per un'altra volta punta gli occhi nell'oscurità, Ma­riette vede un bagliore e guardando bene, riconosce nel giardi­no una fignra luminosa: una Bella Signora vestita di un abito lungo bianco, con una cintura celeste ai fianchi che ferma, in piedi, la guarda e le sorride. Meravigliata e sbalordita, non sapendo cosa pensare, imma­gina sia il riflesso, nel vetro della finestra, della lampada a pe­trolio appoggiata sul tavolo; allora la prende, la porta immedia­tamente nella stanza accanto e si affaccia di nuovo. La visione è sempre lì, più nitida che mai, col capo leggermen­te curvato a sinistra e le mani giunte, inclinate verso il basso. Con l'emozione che cresce, Mariette racconta alla mamma cio che vede in giardino e, nonostante si senta rispondere che sono sciocchezze quelle che va dicendo, insiste per essere creduta. La mamma è stanca dopo una giornata faticosa, ma non riu­scendo a calmare la bambina nemmeno deridendola e dicendole con tono ironico che potrebbe aver visto la Madonna in persona, cede alle sue richieste e finalmente guarda dal vetro, mettendo­si nella stessa posizione in cui si trovava sua figlia: strabiliata, anche lei vede una sagoma umana bianca; ma, dopo qualche istante, intimorita e credendola una visione malefica, lascia ca­dere il lembo della tenda e torna alla culla di Marie-Louise. Intanto Mariette continua a fissare l'apparizione, senza paura. Prende una corona di rosario che aveva trovato qualche tempo prima sulla strada per Tancrémont e comincia a pre­garla. Dopo qualche decina di Ave, nota che la Bella Signora muove le labbra, come se stesse pregando con lei, ma non ne ode la vo­ce. Vede invece che con l'indice della mano destra le fa cenno di avvicinarsi, di seguirla e la bambina, subito, lascia la finestra per chiedere alla mamma il permesso di uscire. Sono le 19, è buio, fa freddo e col terrore che siano stregone­rie, mamma Louise non solo vieta alla figlia di andare in giar­dino, ma con decisione che non ammette repliche chiude la por­ta d'ingresso a chiave. A Mariette non resta che ritornare alla finestra, però nel frattempo la Bella Signora è sparita lasciandole nel cuore un grande desiderio di rivederla. Come fare? Per un po' continua a pregare, poi, vedendo disat­tesa la sua speranza, si rassegna in silenzio. Al ritorno di Julien i commenti sull'apparizione sono termi­nati e sebbene il ragazzo si giustifichi spiegando che è stato in gita con altri amici e con il cappellano all'oratorio di Polleur; ri­ceve ugnalmente una sgridata. La giornata è conclusa e sola­mente l'indomani la bambina racconterà al babbo l'accaduto. Papà Julien, operaio onesto e lavoratore, di poche parole, de­dito alla sua numerosa famiglia, le risponde secco che sono tut­te fantasticherie, anzi, con decisione le domanda se forse non stia rincretinendo, sebbene dentro di sé debba riconoscere che Mariette non ha mai mentito. Nonostante siano accadute cose insolite è lunedì, quindi Ma­riette e altri due fratelli si preparano per andare a scuola. Durante l'intervallo, giocando con l'amica Joséphine, le confi­da di aver visto la Vergine nel suo giardino; alla derisione da parte della compagna, risponde mettendosi a piangere. Conoscendo il forte carattere di Mariette, capace persino di battersi con i ragazzi più grandi (i quali, dopo aver ricevuto da lei una lezione adegnata, la temevano e non osavano più con­traddirla), Joséphine rimane molto colpita da questo comporta­mento e subito si ricrede, assumendo un atteggiamento rispet­toso, chiedendole di descriverle la Bella Signora e suggerendo­le di parlarne al cappellano. Al ritorno da scuola le bambine si fermano da don Jamin: Jo­séphine doveva restituire un libro della biblioteca e ne appro­fitta per confidare al sacerdote la grande novità, ma alla noti­zia il cappellano si mostra scettico. Prosegnendo la strada ver­so casa, l'amica lo riferisce a Mariette che, per la seconda volta nella giornata ricomincia a piangere a dirotto, picchiando i pie­di per terra, gridando addolorata che sa bene lei cosa ha visto e che ne è proprio sicura. Mariette non ha dubbi: è certa di aver visto la Vergine e, an­siosa di rivederla, comincia a domandarsi cosa fare per miglio­rarsi; si prefigge di diventare "più degna" impegnandosi in al­cuni propositi: ritorna a frequentare il catechismo, partecipa alla santa Messa e si riavvicina al sacerdote col quale i rappor­ti sono da tempo pessimi. Nella sua semplicità, questa ragazzina schietta intuisce che per piacere alla Madonna deve riavvicinarsi alla Chiesa e non aspetta oltre: stabilisce un programma e da subito si impegna. Così impara la lezione di catechismo e l'indomani mattina, ter­minata la santa Messa delle 7.30, lo dimostra rispondendo be­ne alle domande. Don Jamin rimane stupito nel rivederla dopo tre mesi di as­senza e quando tutti i compagni sono usciti dalla chiesa, la trat­tiene per incoraggiarla a continuare e per sapere direttamente da lei cosa ha visto la domenica sera. Mariette si limita a rispondere brevemente alle domande che le vengono poste, come se aver visto la Madonna fosse la cosa più naturale del mondo. La sua voce sicura e l'atteggiamento innocente fanno intuire al sacerdote che la bambina non men­te, tuttavia lui non lascia trapelare un suo giudizio, limitando­si a suggerirle di amare la Vergine e di parlare di quanto lei ha visto solo con i suoi genitori. Nel frattempo papà Julien non smette di pensare al racconto della figlia: lui non ha visto nulla, è vero, ma la sua rettitudine non gli permette di sottovalutare l'accaduto, così decide di fare degli esperimenti in giardino prima con la lampada accesa, poi con dell'acqua versata sul punto dell'apparizione (e rapidamen­te congelatasi per il freddo intenso), al fine di capire se Mariet­te non abbia avuto un abbaglio. Ogni ipotesi viene esclusa; rimane solo da credere alla bam­bina, stando a vedere come evolveranno i fatti, che in questo momento lo potrebbero mettere in ridicolo agli occhi dei suoi compagni di lavoro e dei compaesani.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Maria entra nel giardino dei Beco

A differenza di altre apparizioni, la Madonna questa volta si presenta nel giardino, nella proprietà privata di una famiglia, ne varca la soglia e vi sosta. Dal cielo, la Vergine "si scomoda" e viene a presentarsi in ca­sa nostra. Con questo gesto vuole sottolineare che ha deciso di farci visita, di venirci a trovare dove siamo, dove viviamo. Vedere un amico per strada è diverso da quando viene in ca­sa, perché a casa nostra viene appositamente, viene proprio per noi, mentre in strada l'incontro è casuale.



La Vergine sorride

La comprensione è immediata, perché il lingnaggio del sorri­so viene capito da tutti, specie dai bambini che non hanno an­cora preconcetti. E se fra noi, esseri umani, un sorriso può abbattere barrie­re, chissà quanto più irresistibile deve essere quello della Mamma celeste! A Mariette infatti è bastato quello sguardo nella sera per cominciare a pregare, a fidarsi e a cambiare la sua vita.



Al cenno della Vergine Manette vorrebbe uscire

Manette è immediata, spontanea e comprende subito che la fiducia nella Bella Signora è ben riposta. Mariette non si perde in congetture, in ragionamenti, in ra­zionalità, non suppone e non immagina: valuta con il giudizio del cuore, unico vero strumento che non inganna. Non sa cosa vuole da lei l'apparizione che la chiama con un semplice cenno dell'indice e nemmeno se lo domanda; lei è pronta a uscire, se non le venisse impedito.



Mariette deve obbedire alla mamma

Mariette non può scegliere: la mamma ha chiuso la porta a chiave e con questo gesto intende far capire a sua figlia che la decisione è presa e l'argomento è chiuso. La Vergine, che è Madre, certamente sa che Mariette deve ob­bedire alla sua mamma (che la "costringe" a obbedire) e di sicu­ro voleva che la bimba obbedisse. Se questo particolare non fosse stato significativo, senza dub­bio lo avrebbe evitato, magari apparendole in un altro luogo, dove la bambina non aveva impedimenti, quando era sola; in­vece tutto accade a quell'ora della sera, nel buio e freddo giar­dino di casa, con la mamma ancora alzata. La Madonna conosce bene il prezzo dell'obbedienza, perché dopo quel "sì" la sua vita è stata un continuo ripetersi di infini­te obbedienze, piccole, grandi e dolorose obbedienze che la por­tano a ripetere un ennesimo “si” anche sotto la croce: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19, 26). Gesù sta morendo nel corpo, per la sua mamma straziata dal dolore si avvera la profezia di Simeone (Lc 2, 35), ma ancora nel suo cuore c'è spazio per un nuovo figlio da amare, nel quale è rappresentato il genere umano. In quel momento solenne, il cuore materno di Maria si dilata per accogliere ogni creatura come figlio e nessuno più di Gesù, che ha conosciuto e vissuto vicino a sua madre trent'anni, può sapere quanto vale la pena di affidare a lei tutti gli uomini, per i quali lui sta donando la sua vita.



Mariette prega il rosario

La visione della Vergine riaccende in Manette il desiderio di pregare. E’ un riflesso immediato, non ragionato o premeditato. Non si pone il problema se ricorda o no l'Ave, il Pater o i mi­steri, se conosce a memoria la Salve Regina o le litanie; ram­menta solo di avere un rosario, lo prende subito e comincia a pregarlo, come sa: semplicemente. E’ una corona trovata in terra, sulla strada che porta a Tancrémont, certo non viene da questo o quel santuario e non è stata impreziosita dalla bene­dizione del tale o tal altro prete; è una semplice, "banale" coro­na, smarrita da qualcuno e probabilmente ritrovata sporca di terra. Senza volerlo, questa "selvatica" bambina di dodici anni che per non subire i continui rimproveri del parroco è pronta a ri­nunciare a ricevere la prima Comunione, ci dà un grande inse­gnamento: prega con spontaneità, subito, servendosi di quello che ha a disposizione, così come è capace. E’ una scena di sem­plicità da imprimere nel nostro cuore per infonderci fiducia a dialogare tranquillamente e a parlare col cuore al Signore.



Il 15 gennaio 1933 è domenica

La prima apparizione della santa Vergine avviene la domeni­ca, giorno di riposo, di festa, riservato alle cose speciali come la lode e il ringraziamento a Dio che trovano il loro culmine nel­l'Eucaristia. In seguito apparirà solo in giorni feriali. La domenica è quel primo giorno dopo il sabato nel quale il ti­more degli apostoli viene diradato dalla presenza luminosa del Risorto. Ogni affanno si ferma per trovare riposo nel Creatore, benedirlo e lasciarsi benedire per poi ricominciare una nuova settimana. Sebbene la sera stia per chiudere il giorno di festa, il cielo in­vece sta per aprirsi: «La sera di quello stesso giorno... venne Gesù... si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!"» (Gv 20, l9ss), segno della sovrabbondante misura dell'Amore, misura pigiata e ben colma (cf Lc 6, 38; Mt 19, 29): ecco il centuplo. Quando umanamente tutto è stato dato, divinamente tutto inizia.



Tre domande... molte risposte

Credere a un'apparizione quando la Chiesa ha espresso il suo riconoscimento è più facile, ma se oggi venissi a conoscenza di un fatto così straordinario, che si verifica a pochi chilometri da casa mia, che posizione prenderei? Manette è immediata: vorrebbe segnire subito la Bella Si­gnora. Cosa faccio quando la parola di Dio mi interpella e mi invita? Prendo tempo e forse non mi decido mai o mi precipito a se­gnirla? Sottomettersi al volere di qualcuno che ci vuole bene è duro perché spesso non se ne capiscono le ragioni. Come mi comporto quando dovrei obbedire e come mi atteg­gio quando mi voglio imporre?



Mercoledì 18 gennaio 1933



La giornata volge al termine, la cena è consumata e come sem­pre Mariette riordina la cucina. Sono circa le 19 quando, senza dire nulla, esce. E’ incredibile questo! Dove ha trovato il coraggio per vincere la sua paura a tutti conosciuta? Il babbo, stupito nel non vederla rientrare subito, la segne e la trova inginocchiata sul bordo del sentiero che dall'ingresso di casa porta al confine del giardino, davanti al punto in cui la do­menica sera si era fermata l'apparizione. Con la determinazione di chi vuole scoprire la "causa" delle improvvise stranezze della propria figlia, papà Julien cerca in ogni angolo, fa il giro della casa, fruga tra i cespugli della siepe, rientra dal cancello, urta e rovescia un secchio, sbatte la porta d'ingresso facendola cigolare e, non trovando niente di strano, preoccupato grida alla bambina che se continua così, certo di­venterà stupida. Mariette è ancora nella stessa posizione e prega a voce bassa il rosario come non si fosse accorta di nulla, incurante del fred­do intenso (-12°) e del buio. Disarmato dal comportamento della bambina, l'uomo inforca la bicicletta e si reca ad avvisare il cappellano, perché trattandosi di un fenomeno religioso ritiene sia materia di sua competenza. Don Jamin non è ancora rientrato e l'incredulità scettica del­la perpetua non frena il signor Beco che decide di interpellare un suo vicino di casa, Michel Charlesèche, stimato da tutti per la sua saggezza; questi, insieme al figlio Henrie di undici anni, si incammina verso La Fange. Nel frattempo è accaduto qualcosa: mentre Mariette recitava le Ave, improvvisamente ha teso le braccia verso l'alto, guar­dando estasiata in cielo; fra le cime di due grandi abeti c'è una piccola figura luminosa che man mano le si avvicina diventa sempre più nitida fino a fermarsi a qualche passo da lei. È la stessa visione di domenica, in grandezza naturale, po­sata su una specie di nuvola di fumo grigiastra, elevata da terra una trentina di centimetri; ha il viso sorridente e dolce che le comunica bontà e tenerezza. Tiene le mani rivolte in alto ed è luminosa, bella e splendente come il sole; sul capo, sopra il velo bianco e lungo, ha un' aureola di luce dalla quale si staccano raggi più lunghi intercalati da raggi un po' più corti e il suo abito è ancora uguale. Questa sera Marinette no­ta che ha il piede destro scoperto, ornato da una rosa d'oro, mentre dall'avambraccio destro le pende una corona di rosa­rio bianca. La santa Vergine muove lentamente le labbra, come se pre­gasse, ma senza far udire la sua voce; poi, con un cenno dell'in­dice (lo stesso della volta precedente), invita la bambina a se­guirla, indietreggiando posata sulla nuvoletta. Manette la segue varcando la stecconata e mentre si incam­mina sulla strada che porta verso Tancrémont, giunge suo pa­dre con i Charlesèche che le chiede dove stia andando; Mariet­te non si ferma e senza nemmeno voltarsi risponde che "Lei la chiama" e prosegue, seguita e sorvegliata a distanza. La Vergine, dopo qualche metro, si ferma e la bimba si lascia cadere in ginocchio così pesantemente sul terreno gelato che se ne ode il tonfo, ma trascorso un istante, al cenno della Madon­na, si rialza, riprende a camminare, senza rispondere ai ripetu­ti richiami e senza curarsi di dove mette i piedi. La Madonna continua a scivolare all'indietro senza distoglie­re lo sguardo dalla bambina che, a una seconda sosta, cade an­cora sulle ginocchia per rialzarsi nuovamente all'invito e ri­prendere a camminare. A un tratto, piega bruscamente verso destra e si inginocchia al bordo di un fosso davanti a una misera sorgentella d'acqua, mentre la Bella Signora è ferma davanti a lei, al di là del riga­gnolo, sopra la scarpata e le dice: «Immergi le tue mani nell'ac­qua». Mariette, senza esitare, obbedisce e la corona del rosario le scivola dalle dita che bagna e muove nell'acqua. I tre testimoni attratti dallo sciacquio si avvicinano e odono la bambina ripetere: «Questa sorgente è riservata per me». Allora Michel Charlesèche, sorpreso, cerca nell'oscurità verso la scarpata senza scorgere nessuno e sente ancora Mariette ri­petere le parole della Vergine: «Buona sera, arrivederci». Dopo il saluto, la Bella Signora si eleva sugli abeti vicini alla fonte e si allontana guardando la piccola che la fissa fino a quando, rimpicciolita e troppo distante, scompare. Come se si risvegliasse da un sogno, la bambina stropiccia gli occhi e finalmente si incammina verso casa col babbo e i due vicini. Sono quasi le 20, l'apparizione è durata più di trentacinque minuti e alle domande, che non si fanno attendere, Mariette ri­sponde senza farsi supplicare. Il cappellano, di ritorno da Liegi verso le 21, dopo essere stato informato da Michel Charlesèche degli avvenimenti, de­cide di consigliarsi con un sacerdote suo conoscente e di re­carsi con lui di persona dai Beco, dai quali, dopo aver udito personalmente il racconto dei fatti, può verificare che Mariet­te è coricata nel suo letto al piano superiore e dorme tranquil­lamente. Sono passate le 22 e congedati tutti, finalmente la notte con­cede riposo.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Alle 19 Mariette esce e inizia a pregare

In famiglia è noto a tutti che Mariette ha paura del buio, ep­pure giunte le 19, ora nella quale la domenica la Bella Signo­ra è apparsa in giardino, la piccola non può fare a meno di uscire. È talmente sicura di chi aveva visto, che trova il coraggio di affrontare il buio e a chi, in seguito, le chiederà come si sarebbe comportata se ancora la mamma avesse chiuso la porta a chia­ve, risponde che sarebbe saltata dalla finestra. Senza aver ricevuto un appuntamento (né prima, né dopo la Vergine gliene darà mai), senza preoccuparsi del freddo, che davvero è inclemente, si inginocchia nel punto in cui si era fer­mata l'apparizione e inizia a pregare. Nella sua semplicità, Mariette fa quello che più le sembra lo­gico perché la Bella Signora ritorni a trovarla: prega, da sola, senza chiedere il consenso e la compagnia di nessuno. Come mai Mariette dopo tre giorni viene irresistibilmente attratta a uscire, senza neppure la certezza di rivedere l'appa­rizione? Di sicuro non è un caso. Mi affascina pensare a quei tre giorni come al tempo della pienezza, della grazia e mentre per Gesù nel sepolcro, ben a ra­gione, sono tre giorni dalle ore dimezzate, per Mariette trascor­rono tutti interi poiché solo al loro termine il frutto è maturo.



La Vergine ritorna dalla bambina

La Bella Signora ritorna dalla bambina che, senza appunta­menti, la aspetta. Questo ritorno mi riempie di gioia perché è una conferma che nella vita dello spirito mai nulla è perduto per chi è sincero, semplice, spontaneo, in buona fede. Domenica la Madonna aveva invitato Mariette a uscire, ma la mamma glielo aveva fermamente impedito e proprio perché Maria è una mamma, conosce il valore di quell'obbedienza. Questo ritorno vuole rincuorare la bambina, mostrandole che la sua sottomissione viene premiata e vuole rincuorare tutti noi affinché con tranquillità ci affidiamo a lei, che certamente si manifesterà venendoci in soccorso, proprio perché la nostra condizione attuale di vita non ci consente di "correre" da lei in pellegrinaggio, alle funzioni in suo onore, ai gruppi di preghie­ra che tanto ci attirano e dobbiamo invece accontentarci di pre­garla nelle nostre case. La Vergine vuole dimostrarci che per tutto c'è un tempo e che il nostro tempo non è uguale a quello della Provvidenza. Come Mariette doveva incontrare la Madonna, perché quel­l'occasione avrebbe cambiato la sua vita, così a ciascuno di noi è assicurato un appuntamento speciale, che però non è reso ta­le unicamente dalla nostra volontà, ma dalla nostra disponibi­lità a lasciarci incontrare.



Appoggiata su una nuvola

Questa sera Manette ha potuto notare alcuni particolari im­portanti della Bella Signora: - giunge dal cielo e scende fino a lei: la Madonna non "risiede" da noi, ma dall'alto scende fino a dove viviamo, ritornando per qualche momento sulla terra dove ha abitato; - ha i piedi posati su una piccola nube - il cui aspetto riporta al­la leggerezza e all'impalpabilità del fumo - staccata da terra una trentina di centimetri, quasi a ricordarci che non le serve più un appoggio materiale per essere sostenuta; - non sparisce nel nulla, ma si allontana da lei ritornando in cielo da dove era giunta, mostrandoci chiaramente che la no­stra meta è la patria celeste. Queste tre osservazioni ci ricordano che la Vergine "abita" in cielo dove è stata assunta col corpo per rimanere incorrotta re­gina degli angeli e dei santi e l'apparizione che si manifesta per la prima volta il giorno 15, ci riporta proprio alla festa della sua assunzione, che la Chiesa celebra il 15 agosto.



La Bella Signora dove condurrà Mariette?

Senza parlare, con un "banale" cenno, invita la bambina a se­guirla: dove? Mariette non lo sa, ma si incammina tranquilla; cosa le su­scita certezza? Al sorriso e alla tenerezza si aggiunge un atteggiamento ma­terno della Vergine che non propone alla piccola un percorso da sola (recati lì, raggiungimi là), ma adotta la stessa "tecnica" del­le mamme che insegnano ai loro piccini a camminare: stando davanti a lei, indietreggia lentamente mentre la bambina muo­ve i primi passi. La Madonna è li, non distoglie lo sguardo da Mariette che ini­zia a seguirla e, ancora una volta, senza parole, la comunicazio­ne è avvenuta.



Mariette cade tre volte in ginocchio

Nel breve tratto di strada che separa il giardino dalla sor­gente, la Bella Signora si ferma tre volte e Mariette si lascia ca­dere sulle ginocchia. Nonostante il percorso sia minimo, c’é il tempo per sostare. Cosa può suggerire quel cammino a tappe? Innanzitutto che non ci è mai chiesto di raggiungere una vet­ta spirituale senza qualche fermata intermedia e questo è un pensiero che rassicura, dal momento che è la Vergine stessa a disporre le pause per chi la segue. Altre volte, però, le interruzioni rappresentano lo spaccato delle nostre esperienze nel cammino: la necessità del riposo do­po l'attività; il tempo della caduta e quello della ripresa; l'alter­nanza al fare (Lc 10, 41) con l'ascoltare (Lc 10, 42); il tempo del­la parola e quello del silenzio; l'immobilità forzata di chi atten­de soccorso e il tempo della convalescenza. Un fatto è suggestivo: Mariette quando si ferma cade in gi­nocchio, forse perché al cospetto di una Mamma così dolce, fer­ma non può che stare inginocchiata; forse perché l'armonia è così celestiale che il corpo non regge a tanta beatitudine. A Banneux, a ricordarci il tragitto di Manette, incastonate nell'asfalto come gemme preziose, si trovano tre pietre grigie, rotonde, poste nei punti dove la Madonna si è fermata, affinché per ogni pellegrino sia possibile compiere personalmente quel­lo stesso gesto filiale.



«Immergi le tue mani nell'acqua»

Mariette non domanda spiegazioni, tuffa immediatamente le mani nell'acqua gelida e lo fa con un tale vigore che le scivola il rosario dalle dita e lo smarrisce. Ancora una volta emerge il completo abbandono della bam­bina nella Vergine. Sarebbe legittimo chiedere almeno un perché, invece Mariet­te non lo farà mai, anzi, durante gli interrogatori successivi af­fermerà che, se mai la Madonna glielo avesse chiesto, era pron­ta a buttarsi nel fuoco.



«Questa sorgente è riservata per me»

Riservarsi una sorgente nel deserto può essere clamoroso, ma a Banneux è quanto di più "banale" si possa fare, specie se la zona scelta è La Fange. Se poi si considera che quella che viene chiamata fonte è in realtà una pozza d'acqua dove fino a qualche ora prima si sono abbeverati gli animali, c'è da rimanere umanamente confusi. Inoltre la Vergine, con quelle parole, ci mostra una fonte geo­grafica, ma per indicarci la Sorgente della vita: Gesù, che lei stessa ha dato a tutta l'umanità dicendo quel "si". Con «questa sorgente è riservata per me» ci ricorda che è sta­to riservato a lei portare nel grembo Gesù Sorgente. Ecco allora che lei prende possesso della fonte come ha pos­seduto Gesù dentro di sé, che però non ha fatto sua proprietà esclusiva nemmeno un istante: l'ha custodito per donarlo a tut­ti gli uomini. E’ meraviglioso immergere le nostre mani in quella fonte, ma ancor più straordinario è sapere e credere che tutto il nostro es­sere si può tuffare nella sorgente del cuore di Gesù per trovare la vita eterna. Così, nella Chiesa ogni giorno, sette fontane perenni e zam­pillanti lavano, dissetano, rinvigoriscono ogni creatura in cam­mino verso il Regno facendo sgorgare l'acqua che cancella la colpa d'origine col Battesimo, perdonando il peccato con la Ri­conciliazione, cibando e saziando con l'Eucaristia, arricchendo di doni con la Confermazione, consacrando indissolubilmente con l'Ordine Sacro e il Matrimonio, implorando la guarigione e preparando al dolce sorriso senza fine con l'Unzione degli In­fermi.



Tre domande... molte risposte

Mariette segue subito la Bella Signora senza chiederle dove è diretta. Anch'io so partire e fidarmi senza conoscere in antici­po il programma? Immergere le mani nell'acqua richiede l'umiltà di passare, per fede, tramite un gesto semplice. So farmi piccola fino a que­sto punto? In un mondo così tecnologicamente avanzato, trova spazio in me la grazia dei Sacramenti? Credo che il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo attraverso semplici segni, si donano a me?



Giovedì 19 gennaio 1933



La giornata scolastica si è svolta all'insegna di un saggio ginni­co e Mariette ha potuto confidare a Joséphine, che ormai le cre­de, quanto è accaduto la sera prima. In fermento, invece, è don Jamin che apprendendo suo mal­grado il ripetersi dell'apparizione, decide di seguirne l'anda­mento, inviando a La Fange dei testimoni di sua fiducia e avvi­sando il vescovo di Liegi, monsignor Louis-Joseph Kerkhofs. Verso le 19, nonostante il tempo pessimo e il freddo pungen­te, Mariette si copre le spalle con un vecchio cappotto ed esce accompagnata dal babbo. Come la sera precedente, allo stesso posto, si inginocchia sul­la neve e comincia a recitare delle Ave a voce bassa. Dopo un paio di decine, tende le braccia ed esclama: «Oh! Ec­cola!». Un attimo di silenzio e le domanda: «Chi siete, mia Bella Si­guora?», ripetendo ad alta voce la risposta che riceve: «Io sono la Vergine dei Poveri». Come la sera prima, la Vergine è giunta dall'alto del cielo e più si avvicina, più la figura si ingrandisce, fino a raggiungere la statura naturale e fermandosi nel solito punto. Appena la Madonna comincia a muoversi in direzione della sorgente, Mariette la segue scortata da un buon numero di persone che la curiosità ha radunato a dispetto delle intem­perie. Con lo sguardo fisso, puntato leggermente in alto, la bambi­na ripercorre il sentiero sostando inginocchiata alle stesse sta­zioni della sera precedente, senza accorgersi del seguito di te­stimoni. Alla sorgente nuovamente si inginocchia volgendo lo sguardo fisso sopra la scarpata. Tutti possono udire chiaramente una seconda domanda che Manette rivolge alla Vergine: «Bella Signora, ieri avete detto: "Questa sorgente è riservata per me". Perché per me?» e men­tre termina la frase si porta una mano al petto indicando se stessa. Cogliendo l'ingenuità della bambina, il sorriso della Vergine si fa ancora più marcato e ilare, quindi le risponde: «Questa sor­gente è riservata per tutte le nazioni», aggiungendo dopo una piccola pausa: «Per i malati, per dar loro sollievo». A queste parole segue il ringraziamento entusiasta di Ma­riette che con grande espressività dice: «Grazie, grazie». La dolce Mamma non ha ancora terminato il suo messaggio e con voce soave le confida: «Io pregherò per te» e poco dopo con­clude con un «Arrivederci». A questo punto la Madonna si eleva sopra gli abeti e dive­nendo sempre più piccola e lontana, scompare. Tutti hanno potuto udire la voce di Mariette, sia quando ha posto le domande alla Vergine, sia quando ha ripetuto le rispo­ste ricevute, sebbene non si sia accorta di aver parlato. Terminato il dolce incontro, continuando a stropicciarsi gli occhi, la bimba si alza e scorgendo il babbo poco lontano, gli si getta tra le braccia; intanto le persone presenti, commosse, continuano a pregare mentre si dirigono verso la casa dei Beco do­ve subito comincerà l'interrogatorio. Questa visione è durata circa sette minuti e da quanto affer­ma Mariette si possono subito notare due cose: la prima è che la bambina ripete le medesime parole che senza rendersi conto aveva pronunciato durante l'incontro con la Madonna; la se­conda è che quanto dichiara è autentico, poiché di alcuni termi­ni quali «nazioni» e «sollevare gli ammalati» lei non conosce proprio il significato; eppure questa fanciulla semplice ha ri­sposto alla Vergine con un ringraziamento entusiasta nono­stante avesse solo intuito che si trattava di qualcosa di bello dal fatto che mentre Maria le parlava non smetteva di sorriderle. Fra i presenti c'era anche il medico di famiglia, il dottor Heu­se, che dopo averla attentamente esaminata ne ha confermato il perfetto stato di salute.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Io sono la Vergine dei Poveri»

La Vergine non fa attendere la risposta e la sua affermazione è semplice, chiara e comprensibile. Quel «Io sono la Vergine dei Poveri» è uguale a "Io sono la Vergine di tutti", perché quale uomo non è povero? Il primo povero è Gesù, l'unico che da infinitamente ricco, vo­lontariamente si fa povero. C'è da rimanere incantati per l'universalità di questo mes­saggio: nessuna creatura al mondo si sente esclusa, nessuno è passato, passa e passerà sulla terra senza sentirsi in qualche modo compreso in queste parole, perché tutti noi, nel profondo, conosciamo e riconosciamo la nostra condizione di poveri, se non materialmente, certo nello spirito. Perché «dei poveri»? Ecco un altro paradosso evangelico: vie­ne tenuta in considerazione una categoria che per il mondo non conta proprio nulla e addirittura i poveri sono protetti dalla Vergine proprio perché non hanno niente e nessuno: sono pove­ri. Se fossero ricchi è perché avrebbero già ricevuto. Ai poveri, che altro non hanno se non la povertà, la Madonna volge uno sguardo di privilegio, attento, materno, benevolo. Ai ricchi non dà nulla: loro hanno la ricchezza, loro hanno già avu­to e nel suo grande canto, il Magnificat, addirittura dice che i ricchi sono rimandati a mani vuote (Lc 1, 46-55).



«Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni»

Mariette aveva riferito le parole che la Vergine le aveva det­to il giorno prima - «Questa sorgente è riservata per me» - sen­za comprenderle; oggi le chiede una spiegazione e la Mamma celeste sorride per l'equivoco di questa bambina che aveva pen­sato rivolto a se stessa quel dono. In verità, nemmeno ora le sono chiare le cose poiché "nazioni" è un termine che non sa cosa significhi. La fonte è un dono per tutti, non per Banneux, per il Belgio, per l'Europa, ma per tutte le nazioni: Banneux è un dono per tutti, senza distinzione di lingua, razza, fede e la scelta se ac­cettarlo o no è del tutto personale. Ecco questo Dio che non fa preferenze di persone, gradisce chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque popolo apparten­ga (cf At 10, 34).



«Per i malati, per dar loro sollievo»

In questa espressione troviamo la misura sconfinata della premura della Vergine e possiamo godere della materna atten­zione che ha la Madonna nei nostri confronti: è all'uomo, alla creatura umana malata che volge il suo sguardo ed elargisce la sua protezione, facendola addirittura partecipe della fonte che si è riservata. Quel «Per i malati» dichiara il culmine e la massima amplifi­cazione della sua identità quando si proclama Vergine dei Po­veri: davvero la sua tenerezza non si ferma solo ai poveri (quin­di a tutti), ma raggiunge particolarmente i poveri malati. La fonte che si riserva, però, non è da considerare come un'at­trazione turistica o una cura termale, perché quell'acqua ha una destinazione ben precisa: è per i malati, per dar loro sollievo e questo vale per ciascuno, anche per coloro che non ottengono la guarigione. Non tutti, infatti, sono risanati, mentre davvero tutti possono ricevere la consolazione e il sollievo, doni dello Spirito. Di quali ammalati si parla? Di tutti, appartenenti a tutte le nazioni, anch'esse malate. Dal 1933 a oggi, quell'acqua ha lavato corpi affetti da tutte le malattie fisiche e spirituali, e continuerà questo servizio fino a quando la Provvidenza lo concederà, ben sapendo che non l'ac­qua ha poteri miracolosi, ma è la fede di chi vi immerge le ma­ni che ottiene la grazia.



«Io pregherò per te»

Mariette è "disponibile" alla Vergine, però da sola non può farcela, non soltanto perché la sua vita di fede finora è stata po­co fervente, tiepida, addirittura lontana e disinteressata, ma soprattutto perché la condizione fragile della creatura umana, necessita l'intervento della grazia divina. Senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5): è una terribile ve­rità alla quale l'uomo fatica a sottomettersi; senza la grazia di Dio non possiamo far nulla: non poco, non male, non alcune co­se soltanto, ma nulla. La Madonna sa tutto questo e promette a Manette di prega­re per lei, chiedendo a suo Figlio Gesù di concedere a questa bambina tutti i doni necessari per crescere nella fede e conti­nuare il cammino verso la salvezza. «Io pregherò per te» è quanto di più rassicurante ogni crea­tura oserebbe sperare di sentirsi dire e la Madonna rivolge que­sto privilegio a una povera ragazzina, quasi a tranquillizzarla che d'ora in poi non deve temere, perché è la Vergine in persona a garantirle che pregherà per lei.



Tre domande... molte risposte

Circondata come sono dal benessere e dalle ricchezze mate­riali, riesco a riconoscermi povera? La sorgente è una, per tutte le nazioni, e questo mi fa riflet­tere che non sono superiore a nessuno, sono sullo stesso piano dello straniero e del terzomondiale. Nel profondo del cuore sono convinta di questa uguaglianza? La Vergine dice a Mariette che pregherà per lei e lo ripete an­che a me, oggi. Sono consapevole di aver bisogno di quelle preghiere come dell'aria che respiro? O credo invece che non servono a nulla eio basto a me stessa?



Venerdì 20 gennaio 1933



Mariette trascorre a letto la giornata perché durante la notte - forse per il freddo della sera prima, forse per l'emozione dello straordinario incontro - non è stata bene. In mattinata il cappellano si è recato a trovarla e volendo metterla alla prova, prima di andarsene, ha convinto i suoi ge­nitori a vietare alla loro figlia di recarsi all'appuntamento se­rale con l'apparizione. Alle 18.30 Mariette è ancora coricata e dorme profondamen­te, ma verso le 18.45, senza che nessuno la chiami, si sveglia e si prepara per uscire. Naturalmente i suoi genitori si oppongono, spiegandole che la temperatura è rigidissima e lei è indisposta. A nulla servono le suppliche, i ragionamenti o i tentativi di convincerla, che la irritano rendendola ancora più risoluta, sostenuta anche dalla testardaggine che emerge quale componente fondamentale del suo carattere; in famiglia la conoscono bene, non c’è che arren­dersi e lasciarla fare di testa sua. Seguita dal papà si inginocchia al suo solito posto e comincia a recitare sottovoce il rosario. Attorno a lei, una ventina di testimoni, partecipano alla preghiera e dopo un paio di minuti la vedono aprire le braccia e la sentono esclamare: «Oh! Eccola!»; un brevissimo silenzio e a questa espressione soggiunge: «Cosa desiderate, mia Bella Signora?». A una piccola pausa segue la risposta: «Oh! Una piccola cappella», pronunciata con un leggero tono interroga­tivo. Trascorso qualche istante, Mariette si piega in avanti e cade a terra come svenuta. Subito il babbo le solleva la testa chiamandola più volte, ma la bambina non risponde. Aiutato da un vicino, papà Julien prende in braccio la figlia e la porta in casa dove, appena sdraiata su un letto, riprende im­mediatamente conoscenza. La mamma si è spaventata e inquieta rimprovera il marito ritenendolo responsabile di aver ceduto ai capricci di Mariette. Fortunatamente c'è il dottor Chaumont tra i presenti, la visi­ta e trovando tutto nella norma, consiglia di lasciar tranquilla la bambina che poco dopo si addormenta. Cos’è successo? Come mai Mariette è svenuta? I fatti sono i seguenti. Mariette ha visto apparire la Vergine da lontano, come le al­tre volte e avvicinarsi a lei passando fra le cime dei due grandi abeti. Quando le ha chiesto cosa desiderasse, la Madonna ha rispo­sto: «Desidererei una piccola cappella»; poi, disgiungendo le mani, girandole con le palme verso il basso, le ha imposte su di lei pur tenendole sempre vicine al petto e con la destra le ha tracciato il seguo della Croce, benedicendola. Questa volta la Vergine è rimasta in giardino, forse perché Mariette era indisposta? E’ probabile, dal momento che la visi­tatrice è la Mamma per eccellenza. Poi, mentre la Madonna si allontana per ritornare fra gli an­geli, Mariette ha perso conoscenza. La richiesta di una cappellina è così banale e comune ad al­tre apparizioni, da vanificare le aspettative dei testimoni che si allontanano profondamente delusi. Fra loro c'è anche il padre di don Jamin, il cui compito è quello di riportare al figlio la cronaca dei fatti, e proprio per la pessima impressione che ne riceve, lo esorta alla massima prudenza. Viene così a mancare quel fervore che inizialmente aveva entusiasmato i curiosi, lasciando spazio all'apatia e al disin­teresse che nei giorni seguenti vedranno presenti pochissime persone.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Desidererei una piccola cappella»

La Vergine esprime un desiderio solo dopo che Mariette le po­ne una domanda a riguardo. Non esige nulla, non si presenta pretendendo, ma attende che l'offerta di un dono parta dal nostro cuore. Nella richiesta è molto discreta: una piccola cappella. Perché una cappella? Fra le tante risposte possibili, riflettia­mo su alcune. - La cappella è anzitutto un luogo di preghiera e Maria fin da pic­cola ha amato incontrare il Siguore, e aprire a lui il suo cuore. - La cappella è sempre un luogo piuttosto piccolo che invita al raccoglimento e all'intimità, spesso impossibili in una grande chiesa. Una piccola costruzione non "spaventa", anzi favorisce l'accostarsi anche a coloro che difficilmente frequentano luoghi sacri. - La cappella è un dono che per essere realizzato richiede di essere costruito e se si vuole "esaudire" il desiderio della Ver­gine è indispensabile cimentarsi nell'edificazione di una co­struzione. La Madonna non chiede un grattacielo, non lo vorrebbe mai; domanda che ci impeguiamo a "costruire" mattone su mattone cose piccole, che rientrano nelle nostre possibilità, ma che dob­biamo comunque innalzare giorno dopo giorno. - La cappella è un seguo concreto, evidente, è una testimonian­za anche per chi non è direttamente coinvolto nell'apparizione come lo è invece Mariette. È un seguo presente a Banneux dal 1933, che ha raccolto sot­to il suo piccolo tetto milioni di pellegrini proteggendo per qual­che istante il cuore di oguno. È un seguo visibile del dono coraggioso di ieri, della lode di oggi e della Provvidenza per domani. - La cappella è una piccola chiesa nella Chiesa, dove il popolo di Dio si raduna per nutrirsi della Parola e del Pane vivo, e come la sorgente a Banneux ci è donata perché ci immergiamo nella Sorgente, così la cappellina diventa luogo di banchetto per la festa senza fine, dimora accogliente nel viaggio, rifugio nella tempesta della prova. - La cappella è un luogo nel quale le infinite traiettorie percor­se dall'uomo si intersecano per avere e riavere continuamente la Vita per la quale solo l'insondabile mistero dell'Amore, rende il seme fecondo. Così, per grazia, la comunità si incontra e nasce, si nutre di Cristo, cresce, da lì parte per essere missionaria, giunge agli estremi confini della terra, muore come il chicco di grano per moltiplicarsi e nuovamente rivivere.



Perché una piccola cappella?

- Piccola perché la Madonna si dichiara la Vergine dei Poveri e come potrebbe chiedere ai poveri una chiesa grande? I poveri sono poveri e per loro una piccola cappella equivale all'obolo della vedova (Mc 12, 41-44). - Piccola perché la Madonna non ha bisogno di grandi spazi: la sua grandezza è stata l'umiltà nella casa di Nazaret, dove si è chiamata serva (Lc 1, 38) quando l'angelo Gabriele le annun­ciava che l'Eterno l'aveva scelta quale sposa per essere Madre del Salvatore. - Piccola perché nel piccolo Maria si compiace per fare cose grandiose.



La Madonna impone le mani su Mariette e la benedice

La Vergine santa compie su Mariette un gesto antichissimo e carico di siguificati che ritroviamo frequentemente nella paro­la di Dio. L'imposizione delle mani è sempre legata a occasioni partico­lari e concentra l'espressione della massima predilezione di Dio per i suoi figli, infatti può essere un rito per la trasmissione di una grazia o di un carisma (Eb 6, 2), ma può essere anche un semplice gesto di benedizione (Mt 19, 15) o il mezzo per opera­re una guarigione (Mt 9, 18; Mc 6, 5; 7, 32; 8, 23-25; 16, 18; Lc 4, 40; 13, 13; At 9, 12.17; 28, 8). Per Mariette è la manifestazione della tenerezza che la Ma­donna nutre nei suoi confronti e che manifesta invocando su di lei la protezione del Dio Altissimo, la cui divina benevolenza le concederà di essere testimone forte e verace di questo evento straordinario. In seguito, infatti, questa semplice bambina sarà capace, per grazia, di affrontare le dure prove degli interroga­tori, lo scherno dei conoscenti e la curiosità incredula di tanti sciocchi, senza lasciarsi condizionare da nessuno e senza farne un motivo per sentirsi superiore a chi la circonda. All'imposizione delle mani segue la benedizione che la Vergi­ne impartisce con la destra tracciando un segno di croce davan­ti alla bimba. È il massimo gesto che la madre di Gesù può com­piere perché il seguo di croce è la sintesi dell'amore del Padre che ha dato il Figlio offertosi per la salvezza dell'uomo e, risor­gendolo da morte, prima di riaverlo accanto a sé per l'eternità, gli ha concesso di inviare al mondo il Santo Spirito datore dei doni, affinché non fossimo soli.



Tre domande... molte risposte

Che impegno metto (solidarietà, amicizia, giustizia, ugua­glianza, mitezza) nella costruzione della "cappella" che mi vie­ne chiesta? L'imposizione delle mani è per me un gesto magico o il farmi umile al punto di chiedere al fratello che ho bisoguo del suo aiu­to, della sua preghiera, della sua intercessione? La Madonna benedice Mariette; io benedico i genitori, i miei bambini, il marito, i fratelli, le sorelle, gli amici, la vita stessa con i suoi doni, se ancora non con il gesto, almeno con le parole?



Lunga pausa di attesa



Sabato 21 gennaio Mariette non va a scuola e nel pomeriggio, spontaneamente, si reca dal cappellano; questa decisione forse è dettata dall'urgenza di fargli conoscere il desiderio della Ver­gine circa la cappellina. Don Jamin la interroga e prima di congedarla le dice che a suo parere, poiché la Vergine l'ha benedetta, non le riapparirà più. Interpretando che il sacerdote le parla così per diffidenza e incredulità riguardo le visite della Madonna, Mariette inizia a protestare e piangendo gli ripete che non solo lei ha visto la Vergine, ma ne ha pure udita la voce. Giunge la sera e alle 19 in punto la bambina esce; i suoi ge­nitori - ormai persuasi della realtà delle apparizioni - nono­stante il "malore" del giorno prima, non intervengono più, la­sciandola libera di fare quello che si sente. Sempre inginocchiata allo stesso posto, inizia la recita del ro­sario; notando Mariette ancora immobile, Michel Charlesèche le chiede se non vede nulla e triste (ricordando le parole del cappellano) la piccola risponde che tutto è finito, perché la Ver­gine la sera prima l'ha benedetta e non verrà più. Così, mesta e addolorata, rientra in casa dove alcuni testi­moni si cimentano a convincerla che invece la Madonna tornerà ancora; a nulla valgono le parole: Mariette è in preda allo sconforto e non vuole ascoltare nessuno. Questa situazione di attesa senza segni durerà fino all'11 febbraio, ma ogui sera puntuale alle 19, con una perseveranza diamantina degna di un maestro nella fede, Mariette starà in­ginocchiata in giardino su un pezzo di sacco, col vecchio cappot­to del papà sulle spalle e gli stivali ai piedi, lo sguardo rivolto alle cime dei due grandi abeti, al freddo gelido di quell'inverno oltremodo rigido, sotto la pioggia battente a dirotto o sferzata dal vento pungente, nel buio della sera, sempre più sola. Il quadro si ripete: dopo il primo rosario ne segue un secondo, poi un terzo, un quarto, alle volte un quinto, un sesto e anche un settimo. Poi, arrendendosi all'evidenza, rientra a casa in la­crime ripetendo ogui volta che per quella sera la Bella Siguora non era ritornata. I pochi presenti che si alternano a qualche visitatore di pas­saggio, vedendola piangere sconsolata e incapaci di calmarla, si amareggiano e ne provano pietà. L'indomani, attraversando il paese per recarsi a scuola, im­mancabilmente incontra chi la deride appellandola "Bernadet­te" o prendendosi gioco di lei e inchinandosi con sarcasmo al suo passare. A niente serviranno gli stessi rimproveri della nonna mater­na e delle zie che la ritengono demente, criticando anche i suoi genitori per l'assurda libertà che le accordano. Ogni sera, giunta l'ora, sente un desiderio irresistibile ed esce nella speranza del dolce incontro.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Tre settimane di attesa

Dopo l'imposizione delle mani e la benedizione, la Mamma celeste manca all'appuntamento per tre lunghissime settima­ne, senza preavvisare Mariette e non avendola neppure saluta­ta, giacché la bambina era svenuta. Non un solo spiraglio di luce nella notte dell'attesa, non un segno al quale aggrapparsi per sperare di rivederla. Dal 15 al 18 gennaio Mariette aveva sperimentato "i tre gior­ni" della pienezza; ora quei tre giorni non sono solo pieni, ma addirittura sovrabbondanti, sono tre giorni per sette: un tem­po esageratamente ricco. Dove trova tanta tenacia e perseveranza una ragazzina di dodici anni? La Vergine, prima di lasciarla nella prova, benedicendola ha invocato su di lei la grazia necessaria per giungere - pur con tutta la fatica che umanamente non le è stata risparmiata - si­no alla fine. Manette ogui sera, puntuale, non mancherà di sperare nel­l'incontro celestiale e a chi le domanda spiegazioni risponde che non può resistere, perché "Lei" la chiama. Quali sono le armi vincenti che la Madonna impugna per for­tificare Marinette? La preghiera, concentrata nell'imposizione delle mani, e il segno della croce - mistero della fede espressione della San­tissima Trinità - nel nome del Dio Padre, del Dio Figlio e del Dio Spirito Santo, unico vero Dio in tre persone uguali e di­stinte. E davvero questo "poco-tutto" basta alla bambina per rico­minciare ogui sera, incurante del giudizio umano che, non riu­scendo a scalfirla nelle sue certezze, la qualifica stupida e non degua di attenzione.



Sentimenti di Manette durante l'attesa

Dalla prima apparizione, Manette in questa esperienza è so­la, come del resto ognuno di noi lo è nel rapporto con l'Eterno. La sua stessa mamma, pur avendo visto quella sera una sago­ma bianca, intimorita e incredula, si ritira dalla scena, lascian­dola completamente abbandonata a se stessa. Se è difficile per chiunque testimoniare una propria espe­rienza intima (se non si può far comprendere a qualcuno l'in­tensità del proprio mal di testa, figuriamoci quanto più arduo è comunicare un proprio stato d'animo), è addirittura impossibi­le trovare "prove" per documentare un'apparizione. A questo isolamento, per Manette si aggiunge il martirio: ab­biamo davanti una bambina di appena dodici anni, schiva, sem­plice, che vive in una famiglia dove c'è posto solo per l'essenzia­le e che non ha altra valenza sociale se non la miseria. Da quando dice di aver visto la Madonna (chissà perché do­veva apparire proprio a lei), un uragano di giudizi le si è abbat­tuto contro; compagui di scuola e monelli della strada quando la incrociano la scherniscono, qualcuno è riuscito a picchiarla e tantissime altre persone la credono matta. Mariette, a differenza di chi la circonda, non si pone doman­de e non chiede spiegazioni; nel tempo di attesa risponde con la fedeltà che conosciamo. Pur non potendolo affermare con certezza, mi piace pensare che la Vergine si sia commossa davanti alla costanza di Mariet­te che ha vissuto fino in fondo la perseveranza alla quale ci in­vita Gesù nel vangelo (Mt 10, 22; Lc 8, 15).



Tre domande... molte risposte

So attendere senza disperarmi anche quando tutto diventa incerto? So credere senza più vedere? Sono disposta a subire ingiustizie, a lasciarmi insultare per difendere e perseverare in un ideale di fede che non posso "di­motrare"?



Sabato 11 febbraio 1933



Sono le 19, Marite è al suo solito posto in ginocchio e sta pre­gando il rosario, al termine del quale, con voce implorante, chie­de di cominciarne un altro. È all'inizio della quinta decina, quando all'improvviso si in­cammina con passo sicuro sulla strada che porta alla sorgente. Con lo sguardo leggermente rivolto verso l'alto, passa davan­ti alle poche persone presenti senza accorgersi di loro e senza rispondere alle loro domande. Ai soliti due punti si ferma, cade inginocchiata poi si rialza. Giunta alla fonte di nuovo si inginocchia, recita una decina di Ave, immerge le mani nell'acqua e col crocifisso della corona si segna lentamente. Per qualche istante tace, poi la si sente esclamare: «Grazie! Grazie!». Dopo un breve silenzio, scoppia a piangere rifugiandosi nelle braccia del papà e camminando veloce con lui si dirige verso casa. La bambina alle prime domande non risponde: è seduta al ta­volo in cucina, ha la testa appoggiata sul braccio destro ripie­gato e continua a singhiozzare. Trascorrono diversi minuti, ma quando comprende che le persone ritengono opportuno lasciarla sola, chiede loro di at­tendere e pazientare ancora un poco. Finalmente si tranquillizza e vuole parlare col babbo, solo con lui; allora si alza per andare nella camera accanto e dirgli tutto. La porta rimane socchiusa e uno dei presenti può udire il rac­conto che poi Manette ripeterà. La Vergine questa sera le ha detto: «Io vengo ad alleviare la sofferenza», parole alle quali segue il doppio ringraziamento della fanciulla. Prima di andarsene la Madonna l'ha salutata così: «Arrive­derci», poi si è allontanata come al solito. Il tutto è durato una decina di minuti. Anche stavolta la bambina non comprende il siguificato dell'espressione «soulager la souffrance» ed è il papà che glielo spiega in vallone; così rasserenata ritorna in cucina per narra­re dell'apparizione e per rispondere alle domande. Al termine i testimoni propongono di recarsi con Marite dal cappellano che, dopo aver ascoltato gli adulti, vuole fare alcune domande alla bambina. È tale la sicurezza nel cuore di Marite che prima di conge­darsi, comunica a don Jamin una decisione straordinaria: l'in­domani riceverà la prima Comunione. Nel sentire questa novità, il sacerdote sbalordito si informa se sia un desiderio della Madonna e tranquillamente Marite risponde che la Vergine non le ha suggerito proprio niente, ma che è sicura, con questa scelta, di farle molto piacere. Con fer­mezza don Jamin tenta di dissuaderla poiché non solo non co­nosce il sacramento della Riconciliazione, ma non è nemmeno ben preparata al grande incontro con Gesù, che semmai av­verràa maggio. Impassibile e fermamente decisa, Marite semplifica tutto rispondendo che a prepararla ci penserà lui: avrà il tempo per farlo la mattina prima della santa Messa.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Io vengo ad addolcire la soffrrenza»

La Vergine ha compassione di ogui sofferenza e vuole almeno mitigarla. Se è vero che il dolore non si può eliminare e accompagua buona parte del cammino terreno, che almeno ogui creatura sappia quanto la Mamma del cielo desidera alleviarne le pene. La Madonna non dice se è venuta a lenire le afflizioni fisiche o quelle spirituali, perché entrambe causano dolore. A lei preme addolcire ogui amarezza e ogui prova che la vita ci riserva. Questa è la sicurezza che ci lascia: nessuno è solo nello stra­zio; lei è accanto a ciascuno di noi per mitigare le pene che, ac­colte nella certezza che al Padre sta a cuore anche la sorte di due passeri (Mt 10, 29), diventano trampolini di lancio verso l'abbandono fiducioso nella Provvidenza. Sarà possibile così sperimentare personalmente la beatitudi­ne della pace interiore che ha illuminato il volto di tanti santi sconosciuti che hanno saputo lodare e benedire il Siguore nelle più atroci infermità.



Marite non comprende le parole della Vergine

Ancora una volta Mariette non conosce il siguificato delle pa­role che ha udito. Perché la Vergine insiste a comunicare con una bambina che non la capisce e ciononostante la ringrazia? Perché lei, da allo­ra Madre per sempre, non parla a questa figlia nella sua lin­gua? Ebbene, proprio perché gli eventi si sono manifestati così, si­curamente un senso c'è. Queste domande suggeriscono alcune considerazioni: - Mariette, pur non capendo letteralmente quello che con le pa­role la Madonna vuole comunicarle, ne comprende perfetta­mente il senso profondo, a conferma che il linguaggio dell'amo­re è universale; - la Vergine "si fa aiutare" dal babbo di Mariette, uomo burbero ma così partecipe e attento a quanto accade alla sua bambina, per spiegarle in vallone il siguificato delle sue parole; - per tutti noi "l'ignoranza" di Mariette è una grandissima ga­ranzia sull'autenticità del messaggio, che lei effettivamente si limita a ripetere come ha sentito.



Manette fa il segno della croce usando il crocifisso della corona

Chi le stava accanto ha osservato questo particolare: Mariet­te porta il crocifisso della corona sulla fronte, sul cuore e sulle spalle. E’ un gesto carico di siguificato: con quella croce di Gesù, sul­la quale lui è stato inchiodato per me, mi professo cristiano e per grazia di quel Gesù che al legno era attaccato dall'amore in­finito col quale ci ha amati - e non per i chiodi che lo sorreggevano - voglio vivere e annunciare quella Buona Novella che è venuto a predicare.



Mariette decide di ricevere Gesù Eucaristia

Chi si aspettava che Mariette, solitamente così timida e ri­servata, quella bambina che a fatica e con poche parole rispon­de alle domande che le vengono poste, sarebbe riuscita in una manciata di minuti a ottenere da don Jamin un permesso così straordinario? È l'esempio degli ultimi che saranno i primi (Lc 13, 30): Mariette ha superato i suoi compagni; evidentemente ha dentro una tale carica, che diventa capace di persuadere il sacerdote e di fargli comprendere il suo desiderio fortissimo di ricevere su­bito Gesù. Anche per don Jamin la Grazia è abbondante, perché non si lascia condizionare né dalle possibili critiche dei compaesani, né dalle formalità burocratiche per completare l'istruzione reli­giosa di Mariette, ma sa accettare coraggiosamente la proposta della bambina che ha davanti, forse ammirandone la sincerità di cuore. Per ottenere facilmente quel permesso, la piccola avrebbe po­tuto dire che era un desiderio della Madonna, invece, alla do­manda che in proposito il cappellano le rivolge, ha l'onestà di ri­spondere che la santa Vergine non le ha chiesto nulla: è lei che è sicura di farle cosa gradita. Chiudendo gli occhi si può immaginare la scena, l'indomani mattina in sagrestia, quando Mariette riceve la Riconciliazione con la pace e la gioia dei semplici, partecipa alla Cena per nu­trirsi del solo Pane che fa vivere in eterno. Mariette, che desidera e ottiene ardentemente anticipare l'incontro con Gesù, traduce in vita vissuta la visita della Ma­donna sulla terra, il cui scopo è quello di condurci a suo Figlio, unica Sorgente alla quale ogui uomo può attingere, indipen­dentemente dall'età.



Tre domande... molte risposte

Mariette che non comprende le parole della Vergine, ugual­mente le ripete credendole importanti. Io mi sforzo di accettare anche i misteri che non comprendo o che richiedono da parte mia un atto di fede? Che siguificato do alla Croce nella quotidianità? Ho la ferma perseveranza di cercare una comunicazione co­stante con Gesù Eucaristia?



Mercoledì 15 febbraio 1933



Il tempo è sempre più inclemente e il freddo così rigido, che i te­stimoni sono ogui volta di meno. Mariette, invece, col cappotto del babbo sulle spalle è inginocchiata al solito posto in giardino e prega assorta e tranquilla un'Ave dopo l'altra. Dopo sette decine tace, alza la testa e la si sente dire chiara­mente: «Santa Vergine, il cappellano mi ha detto di domandar­vi un segno». Per tre minuti circa rimane immobile e silenziosa, poi ri­prende a pregare, senza però spettare la sequenza di Ave e Pater; la sua voce è sempre più commossa e tremula fino a quando si tramuta in pianto. A un tratto, eccola prostrarsi a terra, continuando a piange­re, senza parlare. È in questo istante che interviene mamma Louise - che per la prima volta partecipa alla preghiera con la figlia - per ten­tare, senza riuscirci, di rialzare la bambina. Mariette non ri­sponde. A forza, una siguora la raddrizza, chiedendole perché piange e Mariette desolata replica che la Vergine è già ripartita. Vento e gelo sono così pungenti che è meglio rientrare e la piccola, seduta al tavolo, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate, continua a singhiozzare. Nel frattempo papà Julien scende dalla camera e vedendo la sua Mariette così disperata, ne prova un immensa pena. Appena la bambina si tranquillizza, racconta che la Vergine alla richiesta di un segno risponde: «Credete in me, io crederò in voi». Trascorso qualche istante in silenzio, la Madonna rive­la a Mariette un segreto e aggiunge: «Pregate molto»; infine, mentre la bambina prosegue il secondo rosario, come al solito, la saluta con un «Arrivederci», elevandosi al di sopra degli abe­ti, rimpicciolendo e allontanandosi nella direzione dalla quale era arrivata. L’apparizione è durata una decina di minuti.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Il cappellano chiede un segno

Nella documentazione relativa alla Commissione di Inchie­sta sui fatti di Banneux si legge che don Jamin era molto per­plesso per quanto accadeva a La Fange; ma in cuor suo, però, aveva promesso alla Madonna di dedicarsi totalmente a esau­dire le sue richieste se solo avesse avuto la certezza che era davvero lei ad apparire a Mariette. La Vergine sa che chi ha fede non ha bisoguo di segni per cre­dere; è la fede che ottiene i miracoli e non sono i miracoli a ot­tenere la fede; purtroppo chi non vuole credere, non si converte nemmeno davanti all'evidenza, anzi, dopo il primo, chiede un secondo... un ennesimo segno. Gesù, quando gli viene chiesto un seguo per credere, ricorda che non ci sarà altro seguo se non quello di Giona (Mt 12,38-40). Per Grazia, da quel 15 febbraio in poi, la Luce ha illuminato il cappellano che per il resto della sua vita si adopererà instan­cabilmente a diffondere il messaggio della Madonna dei Poveri, facendola conoscere a tutti quanti umanamente gli è stato pos­sibile raggiungere.



«Credete in me...»

Alla richiesta di un segno, la Madonna risponde con un'altra richiesta: desidera che si creda in lei. Credere è l'atto indispensabile per aver fiducia in qualcuno e se metto in dubbio quello che tu, amico, mi dici, non potrò mai fidarmi di te. Credere esige un salto completo e deciso nella parola di chi mi è davanti; credere non mi consente di aderire solo a propo­ste razionali, di verificare in anticipo "la bontà dei contenuti"; credere è la pretesa assurda di fidarsi senza riserve. Pietro, pescatore per una vita, torna a riva con le barche vuo­te, dopo una notte di lavoro senza ricompensa e Gesù, che forse non aveva mai gettato una lenza in trent'anni, lo invita a pren­dere il largo e a calare nuovamente le reti per la pesca. Uma­namente è assurdo e Pietro vuole spiegarlo a Gesù, ma decide di fidarsi e riparte sulla sua parola (Lc 5, 5). La pesca sovrabbondante che non riesce a essere contenuta dalle reti che si rompono, è solo il frutto dell'aver creduto. È Gesù stesso che a Tommaso dice che sono beati, cioè sono davvero ricolmati di ogui gaudio, coloro che pur non avendo vi­sto crederanno (Gv 20, 29). «Credete in me...» dice la Madonna; io, che ho dalla mia par­te valide "referenze" posso chiedervi di credere in me: di perso­na ho sperimentato cosa siguifichi fidarsi dell'umanamente im­possibile, quando all'angelo messaggero ho conseguato il mio si e solo dopo quel passo coraggioso la Grazia mi ha concesso di cantare il Magnificat, rete più che gonfia di pesci.



«… e io crederò in voi»

Se voi crederete in me, io crederò in voi che, invece, non ave­te "referenze" convincenti. Sforzatevi di credere, cominciate almeno con un debole ten­tativo, con un piccolo atto di fiducia e io crederò in voi, crederò al vostro desiderio di conoscere e amare il mio Gesù. Crederò al vostro desiderio di pace e intercederò per ottener­vi la grazia. Crederò alla vostra sete di giustizia, di uguaglianza, di fra­tellanza, di solidarietà e supplicherò il Padre di esaudirvi. Crederò al vostro bisoguo di amore, di speranza, di preghiera e chiederò di poter essere al vostro fianco nella prova affinché, al termine di ogui giornata sempre più vissuta nell'abbandono filiale, possiate sentire palpitare nel cuore la sola urgenza dei figli di Dio: diventare santi.



«Pregate molto»

Pregare è parlare di tutto con il Dio Trino, con la Mamma ce­leste, con la moltitudine dei beati che alla presenza senza fine dell'Amore intercedono per noi. Pregare è parlare con la stessa confidenza che ha un bambi­no con i suoi genitori. Papà, Abbà, mi presento a te come sono, perché sono tua fi­glia e ti apro il mio cuore; ti voglio bene e sono felice di avere un Padre come te; ti ringrazio per i mille doni dei quali il tuo Amo­re mi ricolma, primo fra tutti la libertà di vivere la vita che mi hai regalato. So che mi perdoni sempre se sono dispiaciuta del male che non riesco a evitare, perché il tuo Amore per me è sen­za limiti. So che mi capisci perché mi hai creato tu, mi conosci, mi ami e da sempre mi chiami per nome. Mamma del cielo, spesso mi sembra di non farcela, mi ritro­vo a terra, mi rialzo, cado nuovamente e avvilita penso che non riuscirò mai a essere fedele all'amore di tuo Figlio. Eppu­re ti invoco, perché anche tu hai percorso le strade polverose di questo mondo, anche tu hai fatto fatica, anche tu sei stata madre... «Pregate molto» è l'invito accorato che ci rivolge la Vergine, quasi a dirci che la preghiera è lo "strumento di lavoro" che dob­biamo usare, solo la preghiera. Pregando impareremo a lasciar parlare il nostro cuore e ciò che uscirà giungerà direttamente al suo cuore materno e non rimarrà senza risposta. Quanto pregare? Quel «molto» non è una misura esatta, defi­nibile. Ciascuno oggi conosce un molto, domani ne conoscerà un altro, tra un mese un altro ancora... ogni giorno molto. Se ci sforzeremo di vivere la preghiera, ci sentiremo man ma­no attratti in un'esperienza travolgente e appassionante, così lontana dal numero spropositato di formule ripetute stancamente e, quel che è peggio, per obbligo; una luce interiore ci in­viterà alla fiducia completa e ci guiderà di giorno in giorno a gustare una sempre più grande intimità con l'Amore che senza sosta opererà in noi miracoli.



Tre domande... molte risposte

Per credere, anch'io chiedo segui? In chi ho deciso di credere: nel denaro, nel potere, nella cul­tura, nel Dio della vita? Per me oggi, che dal mattino sono immersa nel vortice delle mille cose importanti da fare, che senso ha fermarmi mezz'ora e lodare il mio Siguore?



Lunedì 20 febbraio 1933



Puntualmente, da più di un mese, alle 19 Mariette esce e at­tende la Madonna inginocchiata al solito posto in giardino: la neve è durissima e fa corpo unico col terreno gelato; un vento implacabile e sferzante fischia nel buio silenzioso e deserto del­la campagua, ma la bambina immobile, prega con fervore il ro­sario. All'inizio della seconda corona si alza in piedi e così rimane sino al termine della quinta decina quando, improvvisamente, cade in ginocchio e sollevando leggermente le braccia, porta le mani in avanti, mentre il tono della sua voce si fa più alto ed espressivo. Trascorrono pochi istanti e Mariette si rialza, incamminan­dosi sul sentiero che porta alla fonte. Ai soliti punti sosta un po', prega inginocchiata e riprende di nuovo a camminare. Giunta alla sorgente, si inginocchia al bordo del fosso e te­nendo lo sguardo fisso rivolto verso l'alto prega ancora una de­cina di Ave, poi tace. Con la testa bassa, nascosta tra le mani, piange; la Vergine le ha detto: «Mia cara bambina, prega molto» e prima di allonta­narsi verso la cima degli abeti, l'ha salutata con un «Arrivederci». Verso le 22.30, papà Julien sale per coricarsi e trova Mariet­te ferma sulle ginocchia, ai piedi del letto, con la corona tra le mani, raccolta in preghiera.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

«Mia cara bambina... »

Questa espressione lascia intendere tutta la tenerezza che la Vergine nutre per Mariette che ritiene "sua", affidata a lei, (co­me del resto lo siamo tutti noi) e perciò protetta da lei. «Mia cara...» sta a sottolineare che proprio perché sono inca­ricata di soccorrerti, ci tengo a te, mi sei cara; sei preziosa ai miei occhi, mi stai a cuore. La Vergine, prima di entrare nell'argomento che a noi par­rebbe più importante - ribadirle cioè l'invito a pregare molto - la saluta affettuosamente, con garbo e tenerezza che predi­spongono l'animo all'ascolto; evidentemente il suo primo obiet­tivo è quello di instaurare coi suoi figli un rapporto amorevole, materno e gratuito. Non le importa di dare a Mariette un com­pito da eseguire, mentre le interessa molto amarla con quell'a­more di cui è capace una Madre celeste, un amore gratuito. Ecco allora che il cuore lascia ogni affanno per riposarsi fidu­cioso e sicuro nella presenza beata di Maria, poiché lei stessa diventa garanzia a quanto ci propone: aderire alla sua chiama­ta alla preghiera è il nostro vero bene.



«... prega molto»

Nel messaggio di mercoledì la Vergine si rivolgeva generica­mente a tutti, invitando alla molta preghiera; oggi parla a "tu per tu" con Mariette. Perché dedica un'apparizione a rinnovare personalmente un appello già espresso? La Vergine si rivolge a lei personalmente perché questo è lo stile della Piena di Grazia. Stiamo sicuri che l'Amore non si serve di un modello stan­dard per parlare ai miliardi di uomini sulla terra, come non ha fabbricato "pezzi in serie"; ciascuno di noi ha un rapporto unico, singolare, esclusivo, "su misura con l'Autore della vita, l'Alfa e l'Omega di ogni cosa. Com'è possibile sollecitare proprio una bambina come Ma­riette? Può forse impeguarsi più di quanto già sta facendo? Tranquillizziamoci! La dolce Mamma non chiede a nessuno l'impossibile ed è Mariette stessa a riferire che la voce della Madonna è dolce e il suo tono non è di rimprovero: si tratta piuttosto di un appello accorato. Proprio perché ha constatato la fedeltà e la perseveranza della bambina, non esita a privile­giarla con una richiesta del tutto personale.



Tre domande... molte risposte

Mi sono mai fermata a contemplare la grandezza di un Dio che mi ama singolarmente, come uno sposo fedele, come fossi la sola creatura al mondo sulla quale riversare le sue attenzioni? Cosa provo nel sapere che per la Madonna sono una sua cara figlia? Quando qualcosa di un fratello mi ferisce, ne desidero il cam­biamento per non soffrire più o perché lui migliorando se stes­so possa lodare il Signore?



Giovedì 2 marzo 1933



Questa sera una pioggia scrosciante imperversa su La Fange, ma, incurante, Mariette verso le 19 si prepara per uscire: ha uno scialle in testa e un sacco vuoto da mettere sotto le ginoc­chia. Sistemata al solito posto, inizia la preghiera, mentre una si­gnora presente, con un ombrello, la ripara dall'acqua battente che cade a dirotto. Al piccolo gruppo di testimoni si uniscono mamma Louise con uno dei fratellini. Concluso il secondo rosario, la pioggia improvvisamente ces­sa, il cielo si schiarisce fino a mostrare le stelle luminose. Mariette, inamovibile, inizia la terza corona quando, alla fine della seconda decina, la sua voce cambia tono diventando più elevata ed espressiva. La bambina tende le braccia, si alza velocemente, fa un pas­so avanti e poi ricade in ginocchio. Un'altra rapida decina di Ave e poi silenzio, interrotto da due «Sì... sì» ai quali seguono attimi strazianti: Mariette si prostra fino a toccare per terra con la testa e così rimane pregando e singhiozzando contemporaneamente. Un uomo corre ad avvertire il babbo che si precipita fuori se­guito dalla mamma. Commosso e rattristato nel vedere la sua bambina in quelle condizioni, la prende fra le braccia e la ripor­ta in casa, adagiandola su un letto nella camera a pian terreno. Alcune signore convincono Mariette a ritornare in cucina e tenendola sulle ginocchia cercano di coccolarla, ma questa vol­ta ci vuole molto tempo per calmarla. Intanto anche papà Ju­lien, per l'emozione è quasi svenuto e occorre rianimarlo. Quando è possibile cominciano le domande e Mariette, ri­prendendo a piangere, racconta che la Madonna ha detto: «Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio. Pregate molto. Ad­dio». Dicendo «Addio» le aveva imposto le mani e benedicendola col segno della croce, come di consueto, si è allontanata. La Vergine, giunta come sempre dall'alto, questa volta non sorrideva mentre le parlava; quando poi le ha detto «Addio» il suo volto si è fatto serio e triste. Mariette è talmente sconsolata che mentre piange ripete mesta che non la rivedrà più, che la Madonna non tornerà più dal momento che le ha detto «Addio». L’apparizione è durata circa cinque minuti e appena Mariet­te è stata riportata in casa, una pioggia torrenziale ha ricomin­ciato a cadere.



BRICIOLE DI RIFLESSIONE

Prima che la Madonna appaia, la pioggia smette per riprendere quando Mariette rientra in casa

Non lasciamoci tentare di credere che si tratta di una sem­plice coincidenza; leggiamo invece questo episodio alla luce dello spirito sicuri che proprio nulla avviene per caso. Mi pare davvero significativo constatare che persino gli ele­menti naturali si sottomettono alla maestà divina che eccezio­nalmente concede alla Vergine di visitare la terra; e come un tempo la tempesta sul lago si è calmata (Mt 8, 23-27), così pos­siamo credere con assoluta certezza che la venuta nel nostro cuore della Santissima Trinità e di Maria, dolce Mamma cele­ste, portano necessariamente la pace vera, quella che il mondo non può dare (Gv 14, 27).



«Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio»

Questa dichiarazione rivelata senza alcuna pausa nel dirla, richiama la nostra fede su due verità inseparabili: la Madonna è madre di un figlio, Gesù, nostro Salvatore, che è Figlio di Dio Padre e al contempo è lui stesso Dio. È un mistero grande: Gesù non è Dio per metà, non è solo uo­mo Figlio del Padre, concepito dallo Spirito nel grembo vergi­nale di Maria, non è solo la seconda persona della Santissima Trinità: Gesù è Dio. È troppo grande questo Dio unico, in tre persone uguali ma separate, per essere contenuto nei limitati confini della mente umana: solo in un cuore aperto e che si lascia abitare trova mi­steriosamente la sua dimora. La Vergine che, assunta in cielo, ha già gustato la meraviglia del mistero, ci aiuta a comprenderne almeno una minima parte pronunciando quella frase come fosse un'unica parola, proprio per confermare che lo Spirito l'ha resa Madre di Gesù Cristo, nostro Salvatore, vero uomo e vero Dio.



«Pregate molto»

Per la terza volta consecutiva la Madonna lancia questo ap­pello ed è anche l'ultimo messaggio di questa ultima apparizio­ne. Così conclude le straordinarie visite che ha fatto a Mariet­te, ripetendo ancora l'invito alla preghiera. É impossibile non soffermarsi a riflettere quanto sia impor­tante aderire alla richiesta della Vergine, se lei stessa sceglie di suggellare la fine delle apparizioni con questa materna e insi­stente supplica: «Pregate molto»; prendiamola come una "consegna" rispondendo al suo invito, col cuore libero e disponibile alle grazie che immancabilmente abbondanti ne verranno.



«Addio»

Il volto della Madonna nel salutare Mariette è persino triste; sa di dare un grosso dispiacere a questa bambina così fedele. Addio (significa a Dio), è il saluto essenziale! Vuol dire da­vanti a lui ci rivedremo, è lì che ti do appuntamento: a Dio! Quando alla tua ora ti presenterai davanti a lui, ci incontrere­mo di nuovo. Arrivederci alla sua presenza, a Dio! Così vuole intendere la Madonna: questo è il mio augnrio, non mancare all'appunta­mento perché da quell'istante non ci separeremo più. Mariette però è umanamente inconsolabile perché è adesso che vuole rivedere la Vergine e immagina che prima di giunge­re a Dio, passeranno ancora molti anni. Come non commuoversi davanti a tanta attesa? Semplice, schietta e sensibilissima, al culmine della sua de­solazione, successivamente dichiarerà che la Vergine le ha det­to una sola parola di troppo: «Addio».



Tre domande... molte risposte

So gnardare con occhi stupiti le decine di miracoli che quoti­dianamente fanno nuova la mia vita? Se penso che l'unico grande e vero appuntamento sarà quello dell'ultimo giorno, tante cose che mi sembravano importanti finiscono in fondo alla graduatoria. Sono disposta a lasciarvele? Se una persona cara ritorna al Padre, se una malattia mi col­pisce, se una difficoltà sopraggiunge a mettermi alla prova, mi dispero chiedendomi il perché di tutto questo o mi sforzo di cre­dere che nulla avviene per caso e che il Signore della vita è so­lo Amore infinito che non mi abbandona mai?



Banneux ieri: lo scenario



La casa

La Madonna appare a una bambina mentre è nella sua casa. Si tratta di una modesta abitazione della famiglia di un operaio e, per Mariette, è il luogo più conosciuto. Certamente la Vergine non ha considerato fosse meglio ap­parire a chi abitava in una reggia, perché lei stessa ha vissuto nella modestia a Nazaret e non solo, ha provato anche l'umilia­zione della stalla proprio quando avrebbe voluto dare al Re dei re l'onore più grande. Maria ci viene a trovare nelle nostre case, nei luoghi a noi più comuni, per dirci che nel quotidiano c'è la straordinarietà della vita; e quella casa, dove Mariette ha continuato a vivere con la sua famiglia nella più assoluta normalità, oggi disabitata, ri­mane lì al suo posto accanto alla piccola cappella, per ricordare nel silenzio a tutti i visitatori che dalla finestra al pian terreno, due occhi di bambina hanno saputo credere ben oltre a quello che hanno visto.



Il giardino

Forse più che giardino è meglio specificare che si trattava di un fazzoletto di terra delimitato da una siepe di recinzione. Di sicuro i Beco non avevano né il tempo, né l'energia per coltiva­re fiori e piante ornamentali, ma la Madonna, che lo trova ugnalmente degno della sua presenza, si sceglie il punto dal quale Mariette può vederla e vi ritorna in seguito.



Gli abeti

In un bosco di abeti, che fanno ancor più buia e fredda la se­ra, due sono quelli che la bimba non smette di fissare mentre attende la Madonna, perché è proprio fra le loro cime che la ve­de arrivare dall'alto, piccola e bianca nella notte. Più lei si avvicina, sempre meglio la distingue, fino a quando, ferma a poca distanza, la sua statura è di grandezza naturale. Quando ritorna in cielo, è ancora tra la maestosità dei due grandi alberi che ripercorre la strada e allontanandosi scom­pare. Chi passeggia per le stradine del bosco, a seconda della sta­gione, camminando ode lo scricchiolìo della neve soffice calpe­stata, o il rumore sordo del passo sul morbido tappeto di aghi caduti. In quell'incanto viene spontaneo alzare lo sguardo ver­so il cielo e ci si sente piccoli. Allora quei giganti silenziosi dal­le cime che svettano sembrano diventare un ponte fra la terra e il cielo, un ponte sul quale far correre anche il più intimo fre­mito dell'anima.



La pioggia, il vento, la neve

Ogni sera i fenomeni naturali non vogliono rimanere in di­sparte: quando non nevica, piove a dirotto e il vento gelido sfer­za impietoso chiunque metta piede fuori dalla porta. Il terreno gelato è duro, ma le ginocchia di Mariette sembra­no infischiarsene della scomodità: l'attesa della Bella Signora è così forte che pare proprio non ci sia sacrificio che non valga la pena affrontare. Appena compare tra gli abeti, però, ogni volta all'improvvi­so tutto si calma e si ripete quanto accadde sul lago: il vento cessa, la pioggia e la neve si ritirano per far posto a colei che per un momento lascia il cielo per consolare i poveri della ter­ra (cf Mt 8, 23-26).



Il freddo

Le apparizioni hanno luogo in inverno e, come non bastasse, proprio nel cuore del periodo più crudo, che quell'anno in parti­colare è segnato da un clima straordinanamente rigido. Non è certo una coincidenza che la Madonna mitighi il fred­do pungente con la sua materna presenza, ma questo può avve­nire in ogni stagione della nostra vita, a gennaio come in pieno agosto: tutti noi soffriamo il freddo e spesso, i brividi di scelte che ci hanno portato lontano da Dio, rendono impossibile pro­seguire la strada. Come allora è stato possibile a una bambina affrontare e combattere le intemperie, così anche noi oggi siamo sollecitati a vincere la pigrizia che si accontenta del tepore di una fiammel­la per godere invece di un perenne fuoco scoppiettante. La Madonna è li, davanti a ciascuno di noi, per sciogliere il ghiaccio spesso che si è creato e per scaldarci il cuore col calore che emana dalla sorgente dell'Amore.



Il buio

La Vergine appare a Mariette sempre la sera, quando è già buio. È una scelta significativa, rassicurante, che vuole invitarci a non temere: lei è una mamma e sa che ai bambini la notte fa paura; per questo è lì, proprio in quell'ora. Non è solo la piccola Mariette a temere la notte; forse anche i due discepoli in viaggio hanno avuto paura per il "forestiero" che voleva proseguire il cammino e lo hanno invitato insisten­do: «Resta con noi perché si fa sera...» (Lc 24, 29). L'uomo, però, non rifugge solo dal buio di quelle sere d'inver­no; in tante altre condizioni oscure cerca una presenza di cui fi­darsi. C'è il buio nell'anima per il peccato che grava; la tenebra nella mente perché siamo incapaci di scegliere il bene; l'oscu­rità nella tentazione che non riusciamo a vincere; la notte nel­l'ora della prova che ci ha fatto soccombere; non c'è luce nella sfiducia, nella solitudine, nella persecuzione, nell'attesa, nel­l'angoscia... ma più forte, molto più forte di ogni buio è il de­bole chiarore di una candela, magari accesa dal desiderio di ricominciare da capo, luce sufficiente a ricordarci che anche nel sepolcro la morte è durata solo poche ore, mentre la risur­rezione si preparava a vincere, a vivere e a regnare per l'eter­nità.



Il sentiero: camminare e sostare verso la sorgente

Lunga o breve, c'è sempre una strada che separa il luogo in cui siamo da quello che desideriamo raggiungere; decidere di percorrerla significa mettersi in cammino. La Madonna si serve del sentiero che costeggia il bosco per condurre Mariette alla sorgente. Il sentiero è una strada già tracciata, che esiste sulla map­pa di ogni cuore ed è per ciascuno un itinerario fatto "su mi­sura". Ogni nostra giornata è l'opportunità da non perdere per cam­minare sul sentiero che ci conduce agli infiniti incontri che la Provvidenza ci offre e non solo per Mariette, ma anche per tut­ti noi, il bastone su cui appoggiarci può chiamarsi fiducia. Delle otto volte in cui la Vergine appare a Mariette, ben quat­tro terminano alla sorgente. La Madonna ripete così un gesto a lei tanto consueto, quello di camminare, che però non è un semplice muoversi verso una meta: è preghiera. Maria inizia questo meraviglioso esercizio subito dopo aver ricevuto l'annuncio dall'angelo e si reca da Elisabetta; ecco, quando la gioia è immensa, non la si può contenere e la si tra­sforma in amore. Quando sono veramente colma della gioia che Gesù solo può dare, divento prossimo sorridente per il fratello che ho accanto. Lungo il percorso dal giardino alla sorgente, mentre Mariet­te continua il rosario - pur non udendone la voce - nota che la Vergine muove le labbra proprio come pregasse. Questo è uno degli esempi più dolci e persuasivi che la Mam­ma celeste ci offre per farci comprendere che anche in un breve tragitto come è quello, ci è possibile volgere al cielo il nostro cuore, certi che lei cammina con noi. La piccola non si limita a camminare al segnito della Vergi­ne; è tale e tanta la sua fiducia che quando la Mamma si ferma, non esita a lasciarsi cadere di peso sulle ginocchia: evidente­mente non ha altra preoccupazione se non quella di fidarsi cie­camente. Non pensa che fermarsi sia sprecare minuti preziosi, proprio come nessun automobilista giudica tempo perso la sosta dal benzinaio per fare il pieno. Inoltre, la natura umana è così fragile che non è permesso a nessuno camminare in continuazione: ecco allora che di tanto in tanto, anche se il percorso è minimo, ci viene offerta una pau­sa. Fermiamoci fiduciosi, perché solo più avanti comprendere­mo quanto quella tappa era necessaria, ma soprattutto sentire­mo nell'intimo che era segnata da sempre sul nostro sentiero.



La sorgente

Perché mai, fra tante cose preziose, la Madonna sceglie una sorgente d'acqua? Maria, che si è sempre schierata a favore della vita, non po­teva certo mostrare a Mariette una miniera di diamanti: sceglie l'acqua, anzi, sceglie acqua che zampilla, acqua che “vive”. L’espressione "dove c'è acqua, c'è vita" è quella che meglio sintetizza e ci fa comprendere l'indispensabile contributo di questo elemento perché ogni forma di vita esista. L'acqua, però, assolve sicuramente almeno altri due compiti molto importanti: disseta - è l'unica bevanda che davvero calma la sete e al tempo stesso è la più povera, la più umile, la più abbondante, diffusa, facile da trovare, quella... più a portata di mano. Anche l'uomo più ricco del mondo, potente e insignito, se vuo­le dissetarsi chiede acqua, non bevande raffinate e costose, ma semplice acqua fresca; lava - non importa per quale motivo siamo sporchi: l'acqua lava. Lava i piedi infangati del contadino, come ha lavato quelli de­gli apostoli prima della Cena; lava le mani sporche di lavoro e ha lavato quelle di Pilato; lava il sudore del missionario in Amazzonia, come un tempo quello di Simone di Cirene; lava il bimbo appena nato, come ha lavato Gesù bambino impiastric­ciato di terra dopo il gioco; lava le folle nel Giordano e a Sibe ha lavato gli occhi al cieco nato; lava oggi chi percorre il sentiero dell'unità fra i popoli, come ha lavato chi duemila anni fa ha camminato sulle strade della Palestina. Con la potenza dell'Amore, però, quella semplice e umile ac­qua fa di più: - diventa vino a Cana, perché la gioia della festa possa conti­nuare (Gv 2, 1-11); - disseta completamente e «chi beve di quell'Acqua non avrà più sete»: è accaduto alla Samaritana, che si trovava ad attingere al pozzo di Giacobbe nell'ora più calda del giorno (Gv 4, 1-14); - cancella la colpa d'origine ridonando all'anima quel candore più bianco della neve (Sal 51, 9); - esce dal costato trafitto di Gesù, quale fonte perenne da cui sgorga lo Spirito fecondo (Gv 19, 34). E l'acqua che in dono viene data per dissetare, lavare, purifi­care, che solo dopo aver compiuto la sua missione ritorna a co­lui che l'ha inviata (Is 55, 10), proprio a La Fange, luogo nel qua­le è quanto di più banale ci possa essere, trova nella Madonna dei Poveri colei che se ne riserva una fonte per tutti i popoli. Si, la Vergine ci mostra in una cosa comunissima la straordi­narietà dell'ordinario, ma c'è di più: l'acqua della sorgente è di proprietà della Madonna e proprio perché è sua ce ne fa dono, ne prendiamo quanta ne vogliamo, la portiamo anche a casa, ma l'eccedenza, la sovrabbondanza si disperde semplicemente, "banalmente" nella terra; non c'è accumulo... non c’è granaio (cf Lc 12, 13-21) per chi è gratuità. Un poverello di Assisi, grande santo, ha "cantato" le meravi­glie della natura con tanta gioia e stupore, da chiamare l'acqua non cosa, ma addirittura sorella. Possa in tutti noi nascere l'estasi non solo per l'acqua ma­teriale, ma per Gesù stesso, acqua viva (Gv 7, 38), sorgente di vita eterna; unicamente a lui ci dissetiamo e bevendo alla sua fonte inesauribile diventiamo a nostra volta piccoli zam­pilli per i fratelli che hanno sete di lui e ancora non l'hanno trovato.



La preghiera

A eccezione della prima sera, la Madonna appare sempre do­po che Mariette ha pregato. Non è certo un caso che si ripete sette volte! È piuttosto la conferma che non esiste ingerenza nelle cose spirituali. Né Maria, né Gesù entrano forzatamente nella nostra vita; si rivelano una prima volta, poi attendono pazienti la risposta personale di ognuno. Mariette ha visto quanto le è bastato per comprendere, in quel momento; è rimasta affascinata, ma il seguito ha richiesto molto del suo impegno personale. È indiscutibile che la Grazia e la protezione della Vergine hanno sostenuto Mariette nell'attesa, però è doveroso ricono­scere che questa bambina di dodici anni, ha voluto essere te­nace fino all'ostinazione, senza smettere di pregare anche quando si è trovata pressoché sola a vivere un'attesa muta e senza segni. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che la Vergine, semmai non avesse avuto "in programma" di ritornare dalla piccola, l'ha fatto intenerita da tanta insistente preghiera. Di sicuro è vero che la Madonna ha gradito il sacrificio di Marinette, trasfor­mandolo in fiducioso abbandono e conversione per tanti cuori dubbiosi. Il primo frutto maturato con l'esempio della bambina è pro­prio l'aperta disponibilità agli eventi del suo babbo. Papà Beco, non lasciandosi condizionare dai commenti, crede a sua figlia senza temere di apparire ridicolo; ma c'è di più: la sera del 18 gennaio decide che l'indomani si confesserà e rice­verà l'Eucaristia, dopo anni di lontananza dalla Chiesa. Ecco la potenza della preghiera, nell'ambito limitato di quel poco che un occhio umano può intravedere, ma chissà quanti sono i prodigi operati che solo il Signore conosce. Per Mariette la preghiera non è stata un obbligo, un dovere, una cosa "da fare"; di sicuro è stato un appuntamento di gioia e festa tale, che neppure le intemperie di quell'inverno sono sta­te sufficienti a farle rimandare.



Banneux oggi: il santuario



Oggi Banneux è un luogo benedetto in un abetaia che palpita santità, dove la banalità è ancora di casa. Non sono certo né l'architettura e neppure il pregio delle ope­re d'arte a impreziosire Banneux, quanto piuttosto quell'impal­pabile presenza di soprannaturale, inafferrabile con le mani, eppure tanto concreta, reale, sperimentabile. Nella povertà, nell'essenzialità, c'è una ricchezza sovrabbon­dante di particolari, poiché il povero pensa con amore e fa frut­tare proprio con il particolare, con l'attenzione, col nulla mate­riale quanto il ricco compra col denaro e senza fatica dal povero. Di fianco alla modesta cappellina desiderata dalla santa Ver­gine c'è ancora la casa di Mariette. Tutto attorno, col passare degli anni, immerse nel verde, so­no sorte delle costruzioni che fin nei dettagli comunicano sem­plicità e sobrietà. Nulla è lasciato al caso ed è proprio la povertà a trasformar­si in eleganza. Una caratteristica che colpisce immediatamente il pellegrino è la quantità di piccoli ambienti a disposizione per la preghie­ra: cappelline sparse nel bosco o piccoli locali attigni alle cap­pelle e alle chiese, fanno si che ci si possa isolare nel silenzio, col cuore aperto e disponibile all'ascolto. Un'atmosfera di calorosa, fraterna, sincera accoglienza inco­raggia all'apertura verso i fratelli e alla disponibilità, e dopo qualche ora già si ha l'impressione di "abitare" da tanto que­st'oasi spirituale. L'orologio serve a poco, perché il tempo si misura con lo stu­pore per la bellezza della natura, con la riflessione che lascia parlare l'anima, con l'estasi per la gratuità, con il desiderio di conversione. Tutto è aperto nel santuario, che non ha mura e cancelli; una bassa stecconata lo delimita e chiunque può entrare e uscire a suo piacimento. Gli abeti, sempre più alti, sono le sole "guardie del corpo", te­stimoni delle innumerevoli guarigioni del fisico e dello spirito, che da anni la bontà divina accorda a chi chiede con fede. Anche le centinaia di formelle ex-voto che rivestono le pareti di tanti luoghi sacri e testimoniano il ringraziamento di altret­tanti miracolati, sono tutte della stessa fattura e hanno il me­desimo formato, a sottolineare che veramente fra noi non ci so­no differenze. Nel santuario c'è posto proprio per tutti e le diverse naziona­lità diventano motivo di scambio vicendevole; nella celebrazio­ne della santa Messa come nella preghiera del Rosario la sera, c’è un avvicendamento dei rappresentanti dei vari paesi, ognu­no che si esprime nella sua lingna.



La cappellina delle Apparizioni

È la cappellina chiesta dalla Madonna a Mariette quando le ha domandato cosa desiderasse. Costruita in pietra locale, col tetto in ardesia per resistere al­le intemperie de La Fange, è in muratura solo su tre lati e un cancello a inferriata sull'ingresso viene chiuso la sera. All'interno un piccolo altare è sovrastato dal trittico dipinto dallo zio del cappellano su indicazione di Mariette che, non tro­vando il disegno conforme a quanto lei aveva visto dal vero, ha costretto il pittore a rifarlo ben cinque volte. Nel tabernacolo c'è sempre presente Gesù Eucaristia, che ac­canto alla sua mamma attende, consola, sostiene ogni pellegri­no che vi si reca. Al centro del pavimento, una lastra di marmo bianco ricorda il punto dove la fanciulla ha visto sostare la Vergine e porta in­ciso il cronogramma: «E’ qui che Ella venne ad aprire il suo cuo­re di Mamma». Inaugurata il 15 agosto 1933 alla presenza di circa 60.000 persone, nel maggio 1985 ha accolto papa Giovanni Paolo Il che vi ha sostato in preghiera.



L'edicola san Giuseppe

A poca distanza dalla cappellina delle Apparizioni eretta in onore della Madonna, si è creato uno spazio all'aperto dedicato al suo sposo; si trova dietro la casa dei Beco, dove - a ridosso del muro posteriore - è stato costruito un riparo in muratura per proteggere un altare. San Giuseppe, che sulla terra ha custodito Maria e il Bambi­no, continua oggi a vegliare e proteggere la Chiesa.



La cappella del santissimo Sacramento

È situata sotto il porticato che dal lato destro della cappella delle Apparizioni porta alla casa del clero, intitolata al santo Curato d'Ars. Realizzata per offrire la possibilità di esprimere la preghie­ra personale a Gesù Eucaristia, è il punto di ritrovo per la re­cita del santo rosario la sera, terminata la stagione dei pelle­grinaggi. Da questo luogo si può accedere alla cappella della Croce, co­stituita sostanzialmente da un locale attigno più ristretto, mol­to raccolto, dove troneggia una grande croce; l'esignità dell'am­biente ne diventa il pregio, poiché favorisce la preghiera di gruppi di pochissime persone.



L'altare e il chiostro alla sorgente

L'acqua della sorgente oggi si versa in una vasca rotonda di cemento al centro della quale, appoggiata su un disco di pietra, c’è una stella in bronzo a cinque punte - a indicare i cinque con­tinenti - intersecata alla base da una croce. Sul davanti, attorno alla vasca, in lettere di bronzo c'è l'invi­to della Vergine a Mariette: «Immergi le tue mani nell'acqua». Dietro, un muretto che porta infisse due lastre di marmo: quel­la a sinistra con la scritta: «Questa sorgente è riservata per me»; quella a destra con: «Per tutte le nazioni, per alleviare la sofferenza degli ammalati». In mezzo, al di sopra dello zampillo, c'è una bella statua del­la Madonna dei Poveri a indicare che era quello il posto che oc­cupava, quando si fermava sulla piccola scarpata, come ha rac­contato Mariette. Forse con quella posa - il busto leggermente ricurvo in avanti e le mani giunte - voleva sottintendere che il suo atteggiamento è di "veglia" sulla sua proprietà regalata a tutte le nazioni. Vicino alla sorgente, poco distante dal punto in cui si è ferma­ta la Vergine, si vede un altare che nella bella stagione raccoglie intorno i devoti per la celebrazione della santa Messa. Il signifi­cato delle apparizioni diventa così pienamente vissuto, poiché proprio davanti alla sorgente destinata a tutte le nazioni, si rin­nova il sacrificio offerto per ogni uomo venuto al mondo. Un cronogramma inciso al di sopra dell'apertura a volta del­l'altare, traduce il simbolismo della fonte: «Non c'è che una sor­gente: Cristo Gesù. Maria ci apre il cammino». Di fronte all'altare si trova un chiostro con la statua di san Luigi Maria Grignon de Monfort; essendo riparato, i pellegrini possono attingere l'acqua miracolosa da un rubinetto collegato alla sorgente anche in caso di cattivo tempo.



La cappella del Messaggio

Se una piccola cappella indica il luogo delle Apparizioni, una cappella molto più grande ne ricorda i messaggi affidati a Ma­riette. Le parole della Vergine sono riportate in francese sul muro dietro l'altare, mentre in inglese, tedesco, olandese, ita­liano, spagnolo e ucraino si trovano sulle lapidi che adornano le sei colonne portanti. Perfettamente in sintonia col Magnificat - il cui testo ripro­dotto su ceramica è collocato sulla parete a sinistra - e con le Beatitudini - incise sul basamento della statua del Cristo, det­to appunto il Cristo delle Beatitudini, che si trova sul lato op­posto - le parole della Madonna a Banneux continuano la lode che ha portato la sua anima piena di Spirito a proclamarsi esul­tante in colui che è suo Salvatore e rivelano ai beati elencati da Gesù sulla Montagna la certezza di gustare la gioia eterna pro­messa dall'Amore Infinito, conquistata a prezzo di quanto sulla terra è oggetto di disprezzo. Posto su un candelabro di legno, finemente intagliato e deco­rato, è custodito il "cero della pace", benedetto e acceso da un vescovo dello Zambia nel 1958, 25° anniversario delle appari­zioni; da quel giorno il lume arde giorno e notte e in quell'occa­sione altri 45 ceri più piccoli, della stessa fattura, sono stati consegnati ai rappresentanti dei paesi che avevano aderito all'Unione Internazionale di Preghiera.



La cappella di Maria Mediatrice

Alla cappella del Messaggio ne è stata aggiunta un'altra, molto più piccola, dedicata a Maria Mediatrice, dove insieme con le apparizioni a Banneux, viene posto in evidenza il dupli­ce ruolo della Vergine: ha donato Cristo al mondo, salvezza per ogni uomo e contemporaneamente conduce ciascun uomo verso Cristo, dal quale sgorga ogni grazia. Anche due dipinti graffiti vogliono confermare la mediazione di Maria riprendendo due episodi evangelici: l'Annunciazione e la visita alla cugina Eli­sabetta. Accanto all'altare, invece, si trova da un lato una bellissima statua in ceramica della Madonna e dall'altro un tabernacolo in metallo che porta incastonati cinque cristalli di roccia, a simbo­leggiare la sorgente di Acqua viva, come precisa la scritta «Fons Vitae» posta sul fondo.



La cappella degli ammalati

È di fronte alla cappella del Messaggio e si estende sul lato destro del piazzale sul quale si affaccia luminosissima grazie alle grandi vetrate ad arco. Come nella cappella del Messaggio, sono ripresi sia il motivo delle travi a vista che quello della parete che da sull'esplanade, quasi interamente a vetri. Quest'ultimo particolare consente un più immediato contatto con il luogo sacro a chi si trova all'e­sterno, oltre che una piacevole illuminazione naturale per tut­ta la giornata a chi nell'interno vi si raccoglie in preghiera. È per eccellenza il luogo riservato agli ammalati, per i quali si svolgono celebrazioni al coperto in caso di cattivo tempo, ma a ogni pellegrino è ugnalmente consentito l'accesso.



L'altare maggiore

Una grande costruzione in muratura capace di ospitare deci­ne di concelebranti, protegge l'altare maggiore chiamato anche altare del Magnificat, che si erge su una scalinata dominando il piazzale e consentendo a tutti i fedeli presenti di segnire la ce­lebrazione. La mensa, in tema con la caratteristica di Banneux, è retta da sei colonne che formano cinque arcate e simboleggia un ac­quedotto, nel quale scorre l'acqua della sorgente di vita.



La cappella Maria regina dei Profeti

Sotto l'altare del Magnificat c'è una piccola cripta dedicata a Maria regina dei Profeti. Il crocifisso è stato scolpito da un artista del Burundi, mentre la Vergine è opera di un rwuandese e porta sul capo la corona della maternità, come tutte le mamme di questa nazione.



L'esplanade o grande piazzale

Nel corso degli anni il vecchio piazzale è stato trasformato e le strutture in legno sono state sostituite con quelle in muratura. Si estende dall'altare maggiore per tutta la lunghezza della cappella del Messaggio e di quella degli Ammalati che si fron­teggiano rispettivamente sul lato sinistro e su quello destro, terminando in un grande spiazzo a semicerchio nel quale tro­viamo a destra il chiostro di san Francesco d'Assisi, mentre a sinistra c'è quello di san Bernardo. Le arcate dei due chiostri si prolungano in quelle che co­steggiano le due cappelle, offrendo ai pellegrini un percorso al riparo.



La grande chiesa dei Pellegrini o Nowvelle église

Il numero dei pellegrini in continuo aumento e l'impossibilità di radunare in un ambiente coperto e sufficientemente capiente tutti gli ammalati presenti, hanno reso necessaria la costruzione di questa grande chiesa, che può accogliere ben 5.000 persone. Situata nello spiazzo dietro l'altare del Magnificat, si presen­ta come una grande tenda eretta ai margini del bosco. Vicino alla porta principale è incastonato nel muro un mat­tone della porta santa della basilica di San Pietro in Roma aperta da papa Giovanni Paolo Il in occasione dell'anno santo 1983-84. Questo mattone indica lo stretto legame che unisce Banneux alla Chiesa universale. Sulla parete di fondo sono affisse le fotografie della visita del Pontefice avvenuta nel 1985, mentre quelle laterali sono im­preziosite da una bellissima Via Crucis. Il viale che conduce a questa chiesa è intitolato a Giovanni Paolo Il.



La cappella San Michele

Questa costruzione, offerta dai pellegrini tedeschi, riproduce fedelmente la cappella di Rhòndorf, in Germania, nella quale, durante la seconda guerra mondiale, non si è mai smesso di re­citare ogni giorno il santo rosario per tutti i prigionieri, senza distinzione di nazionalità. La sintonia di questo gesto con le parole della Vergine è una testimonianza gradita a Banneux, dove la cappella è stata de­dicata a san Michele, protettore della Germania. Nella stagione dei pellegrinaggi viene utilizzata come luogo di adorazione di Gesù Eucaristia, che rimane esposto per tutto il giorno.



Missio

A metà strada fra la cappella del Messaggio e la cappella San Michele, si trova un padiglione missionario. Sorto per il legame profondo che unisce la fonte destinata a tutte le nazioni alla missionarietà della Madonna già con Eli­sabetta, ha subito suscitato nelle diocesi del Terzo Mondo il de­siderio di mettersi sotto la protezione della Vergine dei Poveri. Da maggio a settembre, ad accogliere i visitatori, sono pre­senti alcuni missionari disponibili a condividere le loro espe­rienze offrendo molteplici iniziative che spaziano dall'esposizio­ne di oggetti di artigianato provenienti dai vari paesi, all'ani­mazione a cura di diversi gruppi che con materiale fotografico e tramite audiovisivi fanno conoscere la realtà delle loro terre. Chi approda in questo luogo di preghiera accogliente e silen­zioso si sente il benvenuto; tutto comincia con l'incontro, conti­nua con la condivisione e conduce alla riflessione personale.



Lo Shabann

Questo nome nasce dalla fusione di due parole: shalom - che in ebraico significa pace - e Banneux. Si tratta di una costruzione in legno, immersa nel bosco, de­stinata ai giovani. Ogni anno ne ospita diverse centinaia, che in piccoli gruppi vi trascorrono una intera giornata di preghiera oppure un breve periodo di riflessione guidata sui temi fondamentali per un cri­stiano quali il ruolo dei giovani nella società e nella Chiesa, il come vivere la povertà oggi, la pace, la condivisione ecc. Tutto questo alla luce del messaggio della Vergine dei Poveri e sotto il suo sguardo materno.



La cappella delle Nazioni

All'ingresso della piazza delle Nazioni, in corrispondenza della fermata dell'autobus di linea, molti anni fa era stato alle­stito un riparo per i pellegrini in partenza; attualmente è sosti­tuito da una cappella nella quale possono prendere posto un centinaio di persone che, nell'attesa di lasciare Banneux, anche solo per una manciata di minuti, hanno ancora l'opportunità di rimanere in preghiera.



Milano



La sera del 15 gennaio 1933 ha inizio a Banneux una semina senza fine che porterà frutti anche all'estero. In Italia la notizia delle apparizioni si diffonde a poco a poco grazie a diverse persone che vivono e fanno conoscere il mes­saggio della Vergine dei Poveri; i loro incontri, avvenuti nelle circostanze più imprevedibili, mostrano ancora una volta - nel caso fosse ancora necessario - come e quanto siano stati guidati solo dalla Provvidenza, che dopo aver regalato segni prodi­giosi, attende con pazienza amorevole che il cuore degli uomini si faccia dimora per custodirli e "terra buona" per dare frutto. Dalla data delle apparizioni, trascorrono dodici anni prima che la Madonna dei Poveri trovi definitivamente accoglienza nella zona di Milano. All'inizio del 1945, a Villa Cortese, presso la cappella delle suore di san Giuseppe Cottolengo, l'arcivescovo di Milano, il cardinal Ildefonso Schuster; benediceva una statua della Ma­donna dei Poveri rendendo pubblica la gioia di questa comunità in festa per l'ottenuta guarigione di una consorella, grazie al­l'intercessione della Vergine di Banneux. Qualche mese più tardi, in primavera, il Cardinale era nuo­vamente "impegnato" con la Madonna dei Poveri: si trovava in un quartiere alla periferia della città, alle Case Minime di Bag­gio e lasciava quei fratelli con la promessa di dedicare proprio alla Vergine dei Poveri la chiesa che per loro si sarebbe dovuta erigere quanto prima in sostituzione dell'ormai insufficiente cappella. La Provvidenza non poteva aver fatto scelta migliore: la Ma­donna dei Poveri era stata chiamata a proteggere proprio un quartiere assai popolato e altrettanto povero, che solo il suo cuore materno era in grado di accogliere, consolare e benedire. A fine anno un terzo appuntamento con la Vergine di Ban­neux: esattamente il 23 dicembre il cardinal Schuster scriveva ai padri Oblati di san Giuseppe che da poco erano giunti alle Case Minime, confermandoli oltre che nella loro missione di pa­stori, anche quali "custodi" della cappella dedicata alla Madon­na dei Poveri. Come un tempo Giuseppe di Nazaret non ha rifiutato Maria in attesa di un figlio non suo, così ora i padri Oblati, che hanno il loro modello nel casto sposo della Vergine, non rifiutano le mi­serie della zona di Baggio e la Madonna dei Poveri trova acco­glienza.



IL MOVIMENTO MADONNA DEI POVERI

Mentre si intensifica l'attività apostolica degli Oblati di san Giuseppe presso le Case Minime, cresce anche un seme «per diffondere la devozione e il culto della Madonna dei Poveri, per l'estensione del Regno di Dio e di Maria santissima nel mondo». Padre Angelo Rainero (o.s.j.), coltiva nel suo cuore que­sta speranza che diventerà un fiume di grazia al quale donerà tutta la sua vita. Il Movimento Madonna dei Poveri è la realtà che ha la sua sorgente nelle apparizioni di Banneux e manifestandosi a Mi­lano continua una profezia ininterrotta: «Tu apri la sorgente per inondare tutti i popoli della terra». Attraverso la Rivista, l'Ora di Maria, la benedizione degli ammalati, l'U.I.P. e gli Orantes in via, i pellegrinaggi, la cresci­ta spirituale di coloro che ne fanno parte, il Movimento si espande per essere come Maria in cammino con gli uomini, do­cili allo Spirito Santo, a servizio della Chiesa e del Regno.



La rivista

Nel gennaio 1947 viene pubblicato il primo numero della ri­vista La Madonna dei Poveri con l'indicazione "bollettino dell'e­rigendo santuario presso le Case Minime di Baggio - Milano" sotto il titolo. Con questa iniziativa si fanno conoscere le atti­vità degli Oblati di san Giuseppe che da due anni stanno lavo­rando in questa realtà e si inizia a diffondere il messaggio del­la Vergine di Banneux. In poco tempo questa pubblicazione è in distribuzione in tutta Italia e all'estero, diventando sempre più e sempre me­glio l'organo di collegamento tra i devoti della Madonna dei Poveri. Trascorrono i mesi e nel giugno del 1948, durante un pelle­grinaggio a Lourdes, un incontro del tutto celeste e "provviden­zialmente mariano" fa sì che due signore, una belga e una ita­liana, si parlino e scoprano di conoscere entrambe le apparizio­ni di Banneux; si intesse una fitta rete di aggiornamenti e le due "amiche" si lasciano con la promessa di informare delle no­tizie scambiatesi i rispettivi sacerdoti responsabili. Nel giro di qualche settimana lo stesso monsignor Kerkhofs scrive ai padri Oblati a Milano: vuole avere ulteriori informa­zioni circa la loro attività, la chiesa che dovrà essere costruita e la rivista, della quale desidera ricevere tutti i numeri fino ad al­lora pubblicati; da parte sua contraccambia inviando il bolletti­no che viene diffuso a Banneux. Le due riviste si fanno eco, dando notizie di carattere in­ternazionale ai rispettivi lettori: Banneux fa sapere di Mila­no e quanto di prodigioso vi sta accadendo; Milano riserva una pagina per mantenere il filo diretto tra i devoti e il San­tuario.



L'òra di Maria

É un appuntamento mensile di preghiera, unico in Italia, per onorare la Madonna dei Poveri e con lei adorare Gesù sorgente di vita e di misericordia. Il giorno 15 di ogni mese, alle ore 15, nella chiesa di Milano si vive un intenso pomeriggio, molto partecipato e sentito dai de­voti; nato nel 1949 con l'arrivo alle Case Minime della statua donata dai minatori del Limburg, ancora oggi è sostenuto e ani­mato dai padri Oblati di san Giuseppe, che infaticabilmente si adoperano per continuare e diffondere l'opera affidata loro tan­ti anni fa. L'incontro si articola in vari momenti: il ringraziamento per tutti i benefici ricevuti, l'adorazione, il canto, la Riconciliazio­ne, la recita del santo rosario, la celebrazione Eucaristica, l'in­tercessione per tutti gli ammalati presenti e per quelli che chiedono di essere ricordati nelle preghiere, il saluto alla Ver­gine. Il 15 del mese commemora in particolare la prima apparizio­ne della Madonna dei Poveri, ma coincide anche con un altro avvenimento, molto meno conosciuto: la sera del 15 ottobre 1945 gli Oblati giungevano a Baggio con la benedizione del car­dinal Schuster; per servire Gesù nei fratelli e custodire la chie­sa dedicata alla sua mamma uniti alla popolazione del quartie­re con la tenera discrezione dello sposo Giuseppe che avevano scelto quale modello di vita religiosa. Durante l'anno, esattamente il 15 gennaio e il 15 agosto, la festa è ancora più solenne. Questi due giorni, infatti, segnano eventi di grazia che caratterizzano la storia di Banneux: il pri­mo è l'anniversario della prima apparizione a Mariette, mentre il secondo ricorda la data dell'inaugurazione della cappellina delle Apparizioni, avvenuta proprio il 15 agosto 1933.



Benedizione degli ammalati

La prima benedizione degli ammalati risale al 13 maggio 1950, quando ancora la chiesa non era costruita. Da allora l'appuntamento con la Madonna dei Poveri è di­ventato una consuetudine che si ripete due volte all'anno: la se­conda domenica di maggio e la seconda domenica di ottobre. In queste occasioni si vive una celebrazione riservata parti­colarmente ai malati, che con fiducia filiale ricordano le parole rivelate a Mariette quando la Vergine si è riservata la sorgen­te: «Io vengo ad alleviare la sofferenza» e «Per i malati, per dar loro sollievo», certi che questa Mamma celeste intercede presso Gesù che sana e guarisce ancora oggi, come duemila anni fa.



ULP - L'Unione Internazionale di Preghiere

Nel marzo 1934 sorge a Banneux l'Unione Internazionale di Preghiere con l'approvazione di monsignor Kerkhofs; lo scopo è mettere in pratica quanto la Vergine dei Poveri ha raccoman­dato: «Pregate molto». Così ogni sera, alle 19, presso la cappellina delle Apparizioni, si prega il rosario intero al quale si aggiunge la recita delle in­vocazioni alla Madonna dei Poveri. Idealmente uniti a questo appuntamento quotidiano, tanti fedeli sparsi nel mondo continuano ad alimentare quel grande fiume di suppliche che da Banneux sale al cielo per presentare al Padre, con l'intercessione della Vergine, tutte le necessità dei suoi figli.



Gli Orantes in via

Padre Angelo Rainero, un instancabile apostolo della Vergine dei Poveri, durante il suo 25° pellegrinaggio a Banneux, nel gen­naio 1956, ebbe l'ispirazione di riflettere sul "pregare per via". Mentre camminava in raccoglimento sulla strada percorsa da Mariette al seguito della Madonna, ha "scoperto" che lei stessa aveva mostrato alla bambina questo nuovo modo di con­versare col cuore; la Vergine infatti - racconta Mariette - du­rante il percorso muoveva le labbra come pregasse, assicuran­do con la piccola l'intera umanità, che lei, quale dolce Mamma, accompagna amorevolmente le nostre preghiere con le sue. Comprendiamo quindi che il rosario meditato lungo tutto il caratteristico percorso nel santuario a Banneux non è un gesto originale e nemmeno un'attrazione folcloristica, ma è piuttosto il ripetere devotamente quanto la santa Vergine si è degnata insegnarci. Allora si è chiesto come poter calare nell'arco della giornata questa meravigliosa opportunità e ha pensato che durante ogni spostamento, breve o lungo che sia, ciascuno ha la possibilità di utilizzare il tempo, che diversamente andrebbe infruttuosa­mente perduto, per pregare. Che bello! Ognuno di noi può pregare per via, benedicendo il Signore che ha suscitato un'idea così fantastica. Certo a qualcuno potrà sorgere un dubbio: «Un tempo, quan­do il traffico non era così caotico e la gente si muoveva meno, era possibile concentrarsi per volgere il pensiero a Dio, ma ai giorni nostri è pressoché impensabile». No, anche oggi, oserei dire soprattutto oggi, questa proposta può essere vissuta; tutto sta nell'intendere cosa sia pregare. Pregare è aprire il proprio cuore con semplicità e naturalez­za alla Santissima Trinità, alla Vergine; è parlare con confiden­za alla moltitudine di santi che incessantemente canta l'Osan­na festoso al Creatore della vita. Pregare non è addentrarsi in disquisizioni teologiche; è inve­ce lodare il Signore per le cose più normali che ci circondano, è esultare per il cinguettìo di un uccellino, è gioire per il germo­glio di un geranio sul davanzale, è stupirsi per la perfezione di ogni essere vivente, è rimanere incantati per la forma e i colori di un sasso, è amare per chi non ha più il coraggio di farlo, è be­nedire il nome santo di Dio per chi lo bestemmia, è supplicare di concedere la pace a ogni cuore, è saper dire anche solo: «Ge­sù, ti voglio bene» e per fare questo è sufficiente un attimo, quell'attimo che impiego per scendere i gradini del tram. Quante occasioni per pregare! C'è solo l'imbarazzo della scel­ta e basta iniziare per scoprire che, come le onde sulla riva, que­ste infinite possibilità non si esauriscono mai. È nato così un gruppo di persone "oranti in via", che col pas­sare degli anni è diventato numerosissimo. Unirsi è un gesto piccolo e silenzioso, capace però di infonde­re coraggio a chi vorrebbe lasciarsi andare dubitando che nes­suno è più disposto a "spendere" una preghiera per chi è nel bi­sogno. Gli Orantes sanno che qualunque offerta di lode o di suppli­ca al Signore (ore di adorazione o pochi attimi di raccoglimen­to), è a beneficio della Chiesa intera, delle sorelle, dei fratelli e di tutti quanti sono nella necessità: è come avere un "cesto di pane" che in un clima fraterno è a disposizione di chi può offri­re come di chi deve sfamarsi; è decidere di intensificare ogni giorno la nostra vita spirituale affinché con serenità e pace sap­piamo affidarci e confidare nell'infinita misericordia del Padre, che amorevolmente provvede alle nostre necessità stimandoci molto più preziosi dei due passeri e di quei gigli del campo dei quali è ugualmente Creatore.



PARTICOLARI DI UNA STORIA

Il 1948 sta volgendo al termine. Un minatore fiammingo, leg­gendo sulla rivista belga La Vergine dei Poveri della realtà mi­lanese, ne parla a un compagno di lavoro italiano; come un tam­tam la notizia si diffonde tra le baracche degli emigrati e inizia una commovente catena di solidarietà coordinata dal loro cap­pellano per tramutare un desiderio in realtà: si vuole donare un bella statua della Madonna dei Poveri per l'erigenda chiesa a lei dedicata. Ancora una volta si ripete la stupefacente scena di genero­sità che caratterizza i semplici: sono sempre i poveri, proprio quei minatori italiani che per poter mantenere le loro fami­glie sono costretti a lasciare patria e affetti, che danno larga­mente quanto certo non è superfluo, affinché la casa di Dio possa essere degnamente abbellita dalla statua della Vergine cui è stata anche affidata la protezione della popolazione di Baggio. La mattina del 20 settembre 1949 un gruppetto di italiani parte alla volta di Banneux: è un viaggio ben diverso dal como­do pellegrinaggio dei nostri giorni, ma la fatica e le tappe not­turne obbligate non smorzano l'entusiasmo di partecipare alla solenne benedizione e consegna della statua che presto lascerà il Belgio. È il 2 novembre quando la statua della Vergine vola su un bi­motore dell'ALITALIA da Bruxelles a Milano-Malpensa. L’ac­compagnano pochi minatori che prima di ripartire per il Belgio le posano accanto due delle loro lampade. A riceverla c'è una folla festosa di bambini, donne, uomini, giovani, anziani, autorità civili ed ecclesiastiche, che conti­nuerà a salutarla anche dai bordi delle strade percorse dal fur­gone che la trasporta fino a Milano. Dopo una sosta di dieci giorni nella chiesa di san Francesco da Paola in via Manzoni, il mattino del 13 novembre un corteo si snoda per accompagnarla alla sua destinazione definitiva: il quartiere delle Case Minime di Baggio, che non lascerà mai più. Il cardinal Schuster non manca alla celebrazione solenne e davvero commoventi sono la sua devozione e le parole con le quali invita tutti i fedeli ad abbandonarsi fiduciosamente a questa Mamma che predilige i poveri e addolcisce la sofferenza degli ammalati. Festeggiamenti animati soprattutto da frequenti predicazio­ni e momenti di intensa preghiera, proseguono per altre due settimane nelle quali moltissime sono le testimonianze, grandi e piccole, di devozione e fede sincera. Se la Madonna dei Poveri ha giuridicamente "preso possesso" del territorio consegnatole, non da meno è la risposta degli abi­tanti, che le hanno pubblicamente dichiarato di volerla davve­ro quale Mamma celeste, dono immenso del Padre, guida sicu­ra verso Gesù.



IL TEMPIO DEDICATO ALLA MADONNA DEI POVERI



La chiesa viene costruita

Sono trascorsi tre anni dall'arrivo della bella statua e il 1° novembre 1952, il cardinal Schuster benedice la posa della pri­ma pietra del nuovo tempio, interamente costruito in cemento armato. La scelta è "obbligata": si tratta infatti del materiale più povero e architettonico al tempo stesso. Questa data segna l'ultima visita ufficiale del Cardinale a quel quartiere tanto prediletto; dal 29 agosto 1954 questo ama­tissimo pastore della Chiesa milanese seguirà in un modo spe­cialissimo i lavori dalla Casa Eterna, proteggendo e interce­dendo. Il 1° febbraio 1954 viene eretta la parrocchia e il 31 maggio 1955, monsignor Gian Battista Montini - il futuro papa Paolo VI - inaugura la nuova chiesa, celebrandovi la prima santa Messa. Mancano ancora i pavimenti, anzi, è molto più semplice dire che c'è solamente l'altare maggiore, ma con tutta questa po­vertà la Vergine non può che sentirsi a suo agio: lei, protettrice di ogni povero, ora ha una casa definitiva che è pronta per ac­cogliere tutti i figli che d'ora in poi e per gli anni futuri verran­no a chiederle aiuto, protezione, sollievo.



La chiesa: qualche nota architettonica

Opera degli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, è sicura­mente uno dei più caratteristici esempi di architettura moder­na paleocristiana del dopoguerra in Italia, nel quale è sublima­ta la fusione dell'arte con la fede. Lo sviluppo essenziale non nasconde l'attenzione nello studio dei particolari liturgici e il cemento armato si presta, per la sua aridità, a sottolineare l'importanza dei valori spirituali. Divisa in tre navate, otto pilastri costituiscono la struttura portante di quella centrale dalla quale si offre uno sguardo pa­noramico sull'interno, severo e maestoso, illuminato da una lu­ce diurna discreta, che penetra da fonti non direttamente visi­bili ai fedeli. Nel coro esagonale è racchiuso l'altare maggiore, in marmo cipollino dorato, che è stato ubicato secondo il primitivo siste­ma basilicale; il sacerdote è così rivolto all'assemblea, antici­pando sensibilmente le innovazioni liturgiche del concilio Vati­cano Il. Accanto a esso scale in vista, ripide e lunghe, salgono alla can­toria, mentre altre scale comode e larghe scendono alla cripta. Il pavimento, in granito, è formato da lastre di varia dimen­sione, forma e colore, diverse le une dalle altre, ma simili e uni­te fra loro da una sottile fuga di cemento. Proprio per il grande valore artistico di essenzialità e per il particolare risalto allo spirito, questa chiesa fin dall'inizio è stata motivo di studio e di ricerca da parte di insegnanti e stu­denti in architettura, provenienti dall'Italia e dall'estero, dive­nendo un'opera di riferimento per il sacro e il moderno.



La chiesa della Madonna dei Poveri oggi

Pur non essendo ancora completato il progetto originario, l'attività è svolta a pieno ritmo. Entrando, sulla sinistra, vi è la statua della Vergine dei Po­veri in un piccolo spazio delimitato da qualche panca disposta a mo' di balaustra. Lo sguardo dolce e accogliente, il sorriso tenero e materno, le mani giunte che invitano alla preghiera, fanno sentire a chi si inginocchia la singolare tenerezza che la Madonna ha per cia­scuno di noi. Ai lati, le due lampade adornate dal nastro tricolore; dai mol­ti e profondi significati che facilmente riconducono al messag­gio di Banneux, sono simboli di luce che invitano alla speranza e a non temere mai il buio. Proseguendo nella navata centrale e alzando lo sguardo, una grande croce in cemento armato, tempestata di pietre colorate in pasta di vetro, spicca sullo sfondo: sospesa sopra l'altare vie­ne illuminata dalla pioggia di luce che entra dai 49 lucernari del tiburio. La croce gemmata è simbolo del mistero pasquale di morte e risurrezione del Cristo. Quest'opera d'arte di padre Costantino Ruggeri (o.f m.) sta a dirci che dopo ogni tenebra giunge la luce e questa è luce di vi­ta che promana dal Risorto e dall'alto. La chiesa è anche meta di pellegrinaggi perché la semplicità, il silenzio e lo spazio di questo angolo cittadino, invitano pro­prio a vivere una pausa di riflessione.



La cripta

Scendendo nella cripta, l'intimità si fa più intensa. In una piccola vasca, ai piedi di un quadro realizzato dalla pittrice Gianna Marchi Orlandi, che riproduce quello della cap­pellina delle Apparizioni, c'è l'acqua della sorgente di Banneux. Viene così offerta l'opportunità di compiere il gesto richiesto dalla Madonna: «Immergi le mani nell'acqua». E’ un modo sem­plice, ma immediato, per confermare la propria adesione a Cri­sto Signore che si offre a ciascuno nel dono totale di sé. Proprio perché la Madonna ha detto di essere venuta per tut­ti, sull'acqua della sorgente non c’è nessuna proprietà umana; così nel tempio di Milano a lei dedicato, con la stessa gratuità che fa di Banneux un dono, a piene mani ciascuno può attinge­re alla gratuita tenerezza materna per poi incontrare e tuffarsi nell'unica Sorgente della vita. Come alla piccola Mariette la Vergine dei Poveri è apparsa per rischiarare la notte della sua esistenza conducendola a Gesù, sorgente perenne di vita per ogni essere umano, così per cia­scuno di noi i suoi messaggi siano conforto nelle pene, sollievo nelle malattie, speranza nelle prove affinché sempre più rico­nosciamo nel suo Figlio Gesù l'unico nostro Signore, il Salvato­re, e come Simeone lo sappiamo annunciare a ogni fratello: lu­ce per illuminare le genti (Le 2, 32).



Una fonte inesauribile



Sono trascorsi due anni da quando questo libro ha cominciato il suo cammino "di mano in mano" per portare con semplicità un piccolo annuncio e spero tanta luce e consolazione. Il lavoro era stato iniziato per rispondere a un invito chiaro e inequivocabi­le, quasi un comando, che mi ha portato a camminare nella fe­de e nell'abbandono fiducioso sperimentando che a Dio tutto è possibile. In questo arco di tempo, dalla prima pubblicazione fino a og­gi, ho avuto modo di meditare e riflettere a lungo sul messaggio della Vergine dei Poveri e mi sono accorta che quanto avevo scritto è solo una minima parte del tesoro racchiuso nelle ap­parizioni di Banneux. E allora che fare? Tacere? Scrivere anco­ra? Tra le tante soluzioni la più semplice mi è sembrata quella di offrire alcune pennellate come un ritornello musicale che in poche battute ne richiama il motivo facilmente orecchiabile, quel motivo che lascia nel cuore il desiderio di canticchiarlo perché facile e soave. Delle molte riflessioni che in questi due anni ho visto spun­tare nel mio cuore, eccone alcune: sono sprazzi di una luce che certamente può essere solo suscitata dall'alto. Banneux non è un argomento "esaurito" con una dettagliata narrazione dei fatti e la raccolta delle voci dei testimoni, è una rivelazione che si protrae nel tempo; è come un prisma colpito dalla Luce dal quale partono, dilatandosi, raggi luminosi river­beranti i sette colori dell'arcobaleno; è come l'effetto prodotto dal cristallo purissimo nel quale un raggio, illuminandone una sfaccettatura, da lì si riflette a sua volta su altre mille.



Luce di provvidenza

Anche se le apparizioni avvengono alla sera, quando ormai la notte stende il suo velo oscuro che tutto uniforma, la Luce è protagonista a La Fange dove la Vergine, comparendo lumino­sa nella notte, vince dapprima le tenebre che annunciano il giorno finito, per continuare a sconfiggere quelle - certo più in­tense - che avvolgono l'umanità intera. Si, luce nella persona di Maria che meno non potrebbe esse­re, quale Immacolata risplendente della bellezza di Dio, ma anche luce da leggere come punto di riferimento, come faro sempre acceso nella notte sociale, storica, etica, morale del contesto europeo e addirittura mondiale. Una luce che reca un lieto messaggio di sollecitudine materna illuminando un luo­go, una casa, una strada, l'esistenza di una fanciulla. Nella notte la luce risplende di uno splendore fatto solo di cielo che stupisce e attrae dolcemente. Si ha come la sensazione di rivi­vere una simbologia biblica dove anche gli elementi naturali entrano in gioco lasciando il passo alla rivelazione. È veniente dall'alto «un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12, 1) che scende tra gli uomini, prima della salita al potere di Hitler che sarà uomo di morte, persecutore e assassino. Come comprendere e attestare la vittoria della Luce quando milioni di uomini conosceranno la più grave e vergognosa delle perse­cuzioni, quel genocidio che sfocerà nella shoà? Eppure la pre­senza luminosa di Maria sulla strada fangosa è partecipazione anticipata, come già avvenuto negli eventi della salvezza, per riconfermare che il male si schianterà contro la bellezza, che l'orgoglio di satana sarà terrorizzato solo dai più piccoli, per­ché la Bellezza ha strada eterna rispetto a quanto pur lunga possa essere la notte. Dopo la croce c'è la risurrezione che dichiara la morte vinta per sempre e nulla può fare anche il serpente più velenoso: insidiando il calcagno gli verrà schiacciata la testa, perché in Ge­sù risorto è la nostra vittoria.



Il papà di Mariette

Il papà di Manette è colui che dal primo istante si preoccupa della sua bambina e, senza esagerare, si può dire che supplisce responsabilmente a quanto la mamma stessa non fa. Appena si rende conto che Mariette non scherza, che davvero le è accaduto qualcosa di particolare, subito si dà da fare: esce in giardino e fa le prove con l'acqua, con la lampada, controlla che non ci sia nulla fuori posto e indaga per trovare qualche ele­mento che giustifichi il comportamento della figlia; vuole appu­rare la verità e quando comprende che il fenomeno è di natura religiosa, si reca immediatamente dal cappellano, colui che lui ritiene competente in merito. Quando, anche dopo aver "battuto questa pista" non risolve nulla, allora segue di persona la sua bambina, esce in giardino e rimane vicino a lei, è presente e interviene consolandola, soc­correndola, spiegandole quanto non capisce, dandole sicurezza: è padre. Tutto ciò dopo una giornata di lavoro sicuramente pe­sante (è un operaio), con le preoccupazioni contingenti di po­vertà e di famiglia da mantenere, affrontando i disagi e le in­temperie della stagione, ma soprattutto gli schemi dei suoi compagni di lavoro e il mormorio del paese intero. Tutto ciò sen­za un ritorno, senza un interesse (sia lui che la moglie non spe­culeranno mai su questa vicenda né per arricchirsi, ma neppu­re per stare un po' meglio) e senza neanche aver intravisto la Bella Signora. L’atteggiamento del babbo di Mariette è un invito alla rifles­sione per l'oggi dove, analizzando lo spaccato della società in cui viviamo, la figura del padre è sempre più assente per una quantità di motivi che prendono il nome di esigenze che inizia­no dal lavoro per terminare nell'assenza di valori. Mai come nel nostro tempo troppi bambini devono difendersi dall'ama­rezza di non conoscere un papà e dalla confusione di averne più di uno. Papà Julien non rivendica il diritto di essere lasciato in pace, non dice alla mamma che tocca a lei occuparsi della figlia, agi­sce. Anche questo è un insegnamento per noi che oggi diamo un'importanza vitale alla comunicazione usando e abusando di ogni mezzo e non ci rendiamo conto invece che non sappiamo più parlarci e neppure ascoltarci. In casa Beco, dove c'era posto solo per l'essenziale, dove pure le parole erano un lusso, non solo c'è attenzione e ascolto persino per un bisogno psicologico, ma tro­viamo chiara anche la risposta, tradotta in gesto concreto. E il comportamento del papà comprova che non è assoluta­mente necessario vedere per agire: lui che non ha visto nulla, fa; la mamma, che dalla finestra aveva veduto la sagoma del­l'Apparizione, non si lascia coinvolgere.



Mariette non chiede mai a nessuno di pregare con lei

Da quando il 18 gennaio per la prima volta trova il coraggio di uscire in giardino a pregare in attesa della Bella Signora, non chiede a nessuno di stare con lei, di farle compagnia, di con­dividere quel momento; non esce perché ci sono "gli altri" che la aspettano, il gruppo che la sostiene: fa fatica da sola. Lei prega, dà l'esempio; probabilmente è ben felice quando qualcuno pre­ga con lei, ma non chiede nulla. Credo sia su questo esempio muto ma contagioso che è nata l'UIP. Mariette, come è stato più volte ribadito, è schiva e a stento risponde alle domande durante gli interrogatori; a mag­gior ragione, perciò, evita di parlare per convincere. La gente, che dopo le Apparizioni andrà sempre aumentando, aderisce al­l'iniziativa di trovarsi a pregare tutte le sere alle 19 non per le parole di Mariette (che non ci sono), ma perché "chiamata" di­rettamente dalla Vergine e perché l'esempio della fanciulla co­munica fiducia e invita alla fedeltà. Ancora una volta i fatti suppliscono egregiamente le parole. Se è vero che Mariette prega senza aspettare che altri lo fac­ciano con lei, è anche vero che nella Vergine ha avuto un gran­de esempio. Già la sera del 15 gennaio, la fanciulla ha visto che la Madonna muoveva le labbra e, con la semplicità e l'imme­diatezza dei bambini, ha interpretato questo gesto come un pregare. Che altro poteva fare Maria se non pregare? Così, im­mediatamente, la bimba corre a cercare una corona di rosario per fare altrettanto. È forse anche per questo muovere le labbra, presente in tut­te le apparizioni e che Mariette nota fin dalla prima volta, che in seguito la Madonna ripeterà per ben tre volte l'invito a pre­gare molto. E’ una cascata di eventi che si susseguono: la Vergine muove le labbra, Mariette prende subito il rosario e prega alla fine­stra, continua a pregare in giardino attendendo la Bella Signo­ra, prega mentre la Vergine la conduce alla sorgente, prega quando la Madonna si allontana e scompare. E’ un crescendo che dall'inizio aumenta sempre più fino a sfo­ciare nel senza misura del pregare molto.



Mariette prega il rosario

Tra le mille preghiere che potrebbe anche inventare, Mariet­te prega il rosario e la Vergine evidentemente lo gradisce molto. Eppure, di questi tempi, la consideriamo una pratica superata, vecchia, noiosa, antiquata, ripetitiva; non ci attrae proprio e concludiamo che forse poteva andare bene anni fa. Invece, pro­prio oggi, è la sola preghiera sulla cui forza hanno puntato di­verse comunità per il recupero di tossicodipendenti e alcolisti ot­tenendo da anni grandi risultati. E il segreto dove sta? Solo nel come ci poniamo. Ripetere continuamente il saluto dell'angelo e l'invocazione di intercessione non è monotono se ogni volta è il cuore a parlare e, proprio i secoli che hanno visto protagonista questa preghiera, ci assicurano che può essere ricominciata sen­za sosta e non stancare mai. Il rosario è la preghiera dei poveri, quella che veramente è inscritta nel cuore della gente semplice la cui sapienza spirituale non è fatta di voluminosi trattati, ma dell'abbandono fiducioso e confidente nell'aiuto di Maria.



«Immergi le mani nell'acqua»

La prima cosa che la Vergine dei Poveri fa è condurre Marinette alla sorgente. Perché? Perché per questo è venuta, per portare tutti gli uomini alla Sorgente che è suo Figlio. E non si presenta, non le rivela la sua identità, lo farà in seguito; le chie­de di tuffare le sue mani nella fonte. Maria non propone alla piccola la scelta se immergere o no le mani nell'acqua: è certamente col tono più suadente che possia­mo immaginare, ma la invita a farlo. È questo un passo succes­sivo che guida Mariette sulla strada del coraggio che ha da po­chi istanti intrapreso, iniziata con quella decisione di uscire e af­frontare il buio che da sempre le faceva tanta paura; è un invito alla fiducia, all'abbandono di ogni ragionamento razionale per compiere un'azione che d'acchito può sembrare priva di senso; è perdere ogni capacità di ragionamento per obbedire senza chie­dere di capire prima. Mariette è immediata e, senza riserve, co­glie e accoglie l'opportunità.



«Questa sorgente è riservata per me»

Questa piccola fonte che era lì, da alcuni utilizzata per gli ani­mali e forse da molti mai notata, ora acquista un nome nuovo: «riservata per me». La Bella Signora ne conosce l'identità e la as­segna per il suo vero scopo. Anche lei ha un "diritto di banalità" in questa terra dove i poveri godevano di un piccolo privilegio. È come se la Vergine dicesse: «...poiché ti sei fidata e hai ri­schiato di essere persino ridicola immergendo le mani in una raccolta d'acqua dalle dimensioni di una pozzanghera, ora ti di­co che questa è addirittura una sorgente e che è riservata a me. Attenzione, questa dichiarazione non equivale a dire che è mia proprietà, bensì che questo piccolo lembo di mondo è "cintato": a tutti è consentito l'accesso, anzi, siete tutti i benvenuti, però entrando sappiate bene che non è terra qualunque, questa è sotto la mia speciale protezione. Solo col passare dei mesi vedrai che l'acqua di questo scarso zampillo che oggi sembra insufficiente a dissetare un uomo non solo non si esaurirà, ma andrà aumentando fino a soddisfare le esigenze di tanti pellegrini, arrivando ad avanzare e andare "perduta" mentre trabocca dalla fontana; sì, perché nella mia economia non esiste il timore di "sprecarla"». Mariette non poteva capire, ma la Madonna sapeva bene di che fontana stava parlando; lei, come nessun essere umano, co­nosceva l'identità di quella sorgente, ne conosceva la "portata" e sapeva cosa si nascondeva dietro le apparenze di una misera pozza. Quando era creatura nella terra di Palestina, anche allo­ra sapeva; sapeva che cosa si nascondeva nelle sembianze di un neonato partorito in una grotta e appoggiato in una mangiatoia, di un bambino onorato dai Magi e ricercato da Erode, di un ra­gazzo di dodici anni che insegnava ai dottori nel tempio, di un uomo al cui battesimo si apriva il cielo, di un figlio obbediente che dà ordini ai servi per amore della madre e ridona il vino che dà gioia alla festa, di un rabbi tradito da un suo apostolo, di un giusto mandato a morire per far libero un malfattore, del Re dei re coronato di spine e avviato al Calvario, di un mite inchiodato alla croce alla cui morte calano le tenebre mentre il velo del tem­pio si squarcia e la terra trema; lei, proprio diciannove secoli pri­ma, giovane mamma straziata, sapeva, ma ha dovuto sopporta­re che la sua anima fosse trapassata dalla preannunciata spada e vedere coi suoi occhi la sorgente dalla quale è sgorgata l'acqua dopo il sangue, quelle poche gocce d'acqua capaci di lavare lo scarlatto dell'umanità intera. Lei sapeva... sapeva bene di chi era figlio quel suo Figlio e ha creduto alla Parola attendendo finché questa, compiuta, si adempisse, finché a porte chiuse entrasse nel Cenacolo per mostrarsi a chi doveva vedere per credere, per poi vivere da risorto senza più farci temere la morte.



«Io sono la Vergine dei Poveri»

Vergine: non appartengo a uomo, non sono soggetta a vincoli umani e sono libera di essere totalmente dei poveri. I poveri rappresentano una causa così importante che meri­tano per la loro difesa la Madre di Dio, la Vergine, colei che non è legata a nessun interesse e perciò davvero assoluta garanzia.



«Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni… per i malati, per dar loro sollievo»

Dopo aver "delimitato" il suolo della sorgente, segue la preci­sazione a chiarimento di ogni frainteso: davvero il luogo non è proprietà privata a uso esclusivo di uno solo, anche se questi fosse la Madonna in persona, è semplicemente luogo riservato a lei, ma per tutte le nazioni. Ecco che il senso diventa sempre più chiaro: la sorgente è a disposizione di tutti, come per tutti lei ha dato quel Figlio suo Figlio di Dio concepito nel mistero. Le parole dell'angelo le avevano detto molto sulla grandezza e regalità di quel figlio, tranne che fosse suo e Maria ha accetta­to di portarlo in grembo senza averne la "proprietà", acconten­tandosi di averlo per donarlo. Ugualmente fa per la sorgente, al di là delle apparenze che la presentano come acqua zampillante, perché quella fonte rap­presenta Gesù, sola acqua che dona la vita immortale. E se ancora non bastasse l'aver aggiunto «per tutte le nazio­ni», specifica quel «per i malati, per dar loro sollievo». Nessuno è più indifeso e povero di chi non ha la salute, sia del corpo co­me dell'anima e nulla più si cerca quando non si sta bene che il modo di alleviare le sofferenze. In sintonia con il motivo della venuta del Figlio quale medico alla ricerca dei malati da guari­re, dalla fonte sgorga l'acqua che risana da tutte le malattie, che dà sollievo nella sofferenza. Ecco un altro esempio di com­prensione a cascata" del messaggio di Banneux, una compren­sione graduale e sempre più profonda, che aggiunge e comple­ta, che appassiona, coinvolge e converte. Ecco la conferma evi­dente dello stretto rapporto evangelico, del filo sottile, ma sal­dissimo, che lega la storia della salvezza in ogni suo evento. E in questa terza apparizione triplice è il messaggio che la Vergine comunica aggiungendo: «Io pregherò per te». Manette non può immaginare quanti interrogatori la aspet­teranno, quante ore di domande e risposte prima che il cappel­lano, il vescovo, la Chiesa possano proclamare l'autenticità de­gli avvenimenti di Banneux; lei non può sapere e non compren­de certo il significato di quel «Io pregherò per te», ma la Madonna sa che la piccola ha bisogno di essere sostenuta con la preghiera. Le servirà più avanti ricordare queste dolci parole e forse le daranno consolazione nei momenti più difficili; Mariet­te non dirà mai nulla al riguardo, ma io amo pensare sia così.



«Desidererei una piccola cappella»

Mariette pone questa domanda alla Vergine sollecitata dagli adulti che forse sperano, in base alla risposta che riceveranno, di capire meglio cosa sta succedendo a La Fange e di che natu­ra sono questi fenomeni strani che ormai prendono il nome di appuntamenti con la Bella Signora. La Vergine chiede una piccola cappella perché come non le occorre riservarsi una grande tenuta per manifestare le opere del Signore, così non desidera che gli uomini facciano affida­mento su grandi templi per radunarsi in preghiera e imparino piuttosto a credere che il Creatore dell'universo non potrebbe essere racchiuso in una costruzione gigantesca mentre abita nel cuore di chi lo vuole ospitare. E poi lei, Vergine dei Poveri, come potrebbe mettere a disagio i suoi figli? Sa bene che un povero non si avvicinerebbe mai a un'imponente cattedrale.



«Io vengo ad addolcire la sofferenza»

Non era sufficiente aver detto una volta che la sorgente era per dar sollievo ai malati di tutte le nazioni; in questo messag­gio la Vergine rafforza e completa il significato delle sue prece­denti parole. E lo fa alla luce di un fatto realmente accaduto, di una grossa sofferenza che ha colpito Mariette in questi ultimi giorni e che è durata fino a pochi attimi fa: lei non si è mostrata alla piccola per ben tre settimane, tre lunghissime settimane durante le quali la bambina ha subito ogni sorta di angherie ri­spondendo all'attesa senza segni con una fedeltà sorprendente. Che ora le sia accaduto quanto avviene a una mamma dopo aver dato alla luce il suo piccolo? Alla vista della Madonna tut­ta quella sofferenza è sparita. E quando non è possibile toglier­la, la Vergine assicura di venire a mitigarla, a renderla più sop­portabile. Solo quanto appartiene al soprannaturale può essere espres­so con questo linguaggio umanamente così incomprensibile, do­po che sovente la nostra esperienza nel dolore fisico è fatta di amare constatazioni che ci fanno ammettere che spesso neppu­re le medicine specifiche riescono a lenire il dolore, mentre le fe­rite morali, apparentemente invisibili, sono ancora più lanci­nanti e inguaribili di quelle che possiamo vedere.



«Credete in me, io crederò in voi»

È conseguenza di un rapporto ormai consolidato l'avere fidu­cia in qualcuno, infatti la Vergine ne chiede solo alla sesta ap­parizione e per un motivo preciso: risponde così a una sollecita­zione fattale a nome del cappellano. Quale altro segno dovreb­be dare perché si creda a Mariette che lei veramente le appare? E anche in questa occasione non spreca parole in rimproveri: con immediatezza va subito al nocciolo della questione e la ri­sposta che dà attesta che non si ferma neppure a valutare se il cappellano chiede un segno in buona fede o perché spinto dalla sua fragilità umana; quel «crederò in voi» è anche per non escludere a priori che la domanda sia stata posta senza "cattive intenzioni". E come se dicesse: «Sforzatevi di credere in me, co­minciate a fare questo tentativo, fate questo gesto di credere in me... io crederò in voi. Anche in questo vi ho dato l'esempio: quando a Nazaret l'angelo è venuto ad annunciarmi che sarei diventata la Madre, umanamente avevo delle perplessità e gli ho chiesto come sarebbe stato possibile; poi ho compreso che del progetto divino dovevo solo fidarmi e ho creduto. A voi non chie­do tanto».



«Pregate molto»

Staccato dal contesto delle apparizioni parrebbe un invito ac­corato e nulla più; la Madonna avanza questa richiesta solo du­rante le ultime tre visite a Mariette, quando la bambina ormai "la conosce bene" ed esattamente dopo esserle stata accanto, averla sostenuta nel cammino, ma soprattutto dopo quel: «Io pregherò per te» di sorprendente tenerezza. La Vergine non raccomanda qualche modalità di preghiera, quale tipo di orazione; l'essenziale è pregare come segno di una confidenza che tutto attende come dono. Certo, la richiesta può sembrare "banale" quasi scontata, eppure non è così ovvio at­tuarla, soprattutto se ci impegniamo con perseveranza, virtù che ha davvero quell'azione costante e inarrestabile come quel­la di una pur piccola goccia d'acqua che giorno dopo giorno perfora il sasso sul quale continua a cadere. Alla base di ogni nostra fatica c'è la preghiera. Questa e solo questa è la chiave che apre ogni porta e nella misura in cui cre­diamo in questo strumento d'oro, abbiamo il coraggio di affida­re ogni nostra scelta, preoccupazione, ogni cosa da fare alla po­tenza della preghiera. Mi attende un incontro importante? Ho un appuntamento con dei medici per un responso difficile? Ci sono in famiglia con­troversie che mi sembrano insanabili? Umanamente qualcosa è impossibile? Non voglio perdere tempo a trovare soluzioni con la mia povera testa, mi affido alla Provvidenza e nell'attesa prego molto. Qualcuno potrebbe sorridere per un comporta­mento a prima vista così puerile, ma chi lo ha fatto non è rima­sto deluso e ne può gridare a gran voce i benefici. Mariette non sa ancora che questa accorata richiesta di mol­ta preghiera è la prima di altre due che la Vergine ripeterà pri­ma di lasciarla definitivamente.



«Mia cara bambina...»

Manette ha compreso bene che il «Credete in me, io crederò in voi» dettole poco prima non è rivolto a lei, ma se casualmen­te si fosse trovata a pensarlo o qualcuno avesse voluto farglielo credere, con questa frase dolcissima e del tutto personale, la Vergine fa sentire alla piccola quanto è grande la sua tenerez­za per lei.



«Io sono la Madre del Salvatore Madre di Dio»

E come al termine di un'opera d'arte, sempre l'autore appone la sua firma, così la Madonna vuole concludere le sue visite a Mariette dichiarando il suo nome che pronuncia senza stacchi: il Salvatore è Dio e lei ne è la Madre. Se ha condotto la bambina alla sorgente perché vi immerges­se le mani, in questa ultima visita vuole farle comprendere che quella non è uno zampillo qualunque, è la Sorgente della quale lei è Madre.



L’inizio e la fine

Le prime parole della Madonna a Banneux sono l'invito a tuf­fare le mani nell'acqua e le apparizioni terminano con il gesto della Madre che impone le mani sulla bambina dopo averle ri­petuto l'invito alla preghiera. È come se le dicesse - e dicesse a tutti noi - di immergere le mani e... di tenervele immerse. La preghiera, infatti, è quel bagno spirituale che completa quello compiuto fisicamente; e se un gesto esteriore insegna anche ai più razionali ad abbandonare ogni falso pudore per ritornare bambini, il pregare molto è invece un incontro silenzioso, inti­mo, segreto. Solo la preghiera, l'immergersi nella parola di Dio, nella li­turgia e nei gesti autentici di amore consentono a chi è disposto a vivere in pienezza, di essere inondato dalla presenza del Si­gnore e, sostenuto dal suo Spirito, essere portatore di una luce intramontabile.



Frammenti di storia

Desidero concludere questo nuovo capitolo fissando alcuni eventi di questo 1999, anno che vede finire il secondo millennio dalla nascita di Gesù, il Salvatore che ha sconfitto la morte con­quistandoci la vita eterna. Due anniversari importanti invitano i devoti della Vergine dei Poveri a festeggiare ringraziando e benedicendo il Signore per questi doni di grazia: sono il 50° an­niversario dell'approvazione delle apparizioni di Banneux che monsignor Louis-Joseph Kerkhofs, vescovo di Liegi, su manda­to della Santa Sede, il 22 agosto 1949 dichiarava autentiche, e il 50° dell'arrivo della statua della Vergine dei Poveri donata dai minatori del Limburg ai lavoratori del quartiere di Baggio; era il 2 novembre 1949. Guardo a queste due date come alle due lampade da minato­re poste accanto alla statua della Vergine nella chiesa di Mila­no: brillano ai suoi piedi per ricordare a tutti che la sua presen­za vicino a noi è fedele nel tempo e la sua venuta a Banneux è stata l'annuncio di una luce che vuole rischiarare la strada di ciascuno, quella strada che conduce alla Sorgente "ogni Mariet­te" che si lascia chiamare e accetta di immergere le mani nel­l'acqua. A queste due pietre miliari nella pagina della storia, se ne aggiunge una terza: il 20 gennaio 1999, giorno che ha visto una statua della Vergine dei Poveri "ricambiare" a Roma la visita che il Santo Padre le aveva fatto a Banneux nel 1985. È già stato detto che il cardinal Schuster nel 1945 aveva affi­dato la cura pastorale del quartiere delle Case Minime ai padri Oblati di San Giuseppe promettendo loro che la chiesa che do­veva essere costruita nel rione sarebbe stata dedicata alla Ma­donna dei Poveri. Da allora, fedelmente, questi figli spirituali del beato monsignor Marello, vi continuano a prodigare energie ed entusiasmo e hanno voluto estendere a tutta la Provincia italiana l'opportunità di conoscere, meditare, approfondire il messaggio della Vergine dei Poveri. Chi più di loro - che hanno scelto la povertà e il cui ideale di vita è san Giuseppe, uomo giu­sto e sposo perfetto - può comprendere e accogliere con mag­giore gioia la presenza di Maria nella propria casa? E con questi sentimenti che padre Luigi Testa, direttore del Movimento Madonna dei Poveri, ha fatto pervenire al Papa il desiderio che benedicesse una statua della Vergine apparsa a Banneux, quella che dovrebbe raggiungere "in peregrinatio" le case dei confratelli. E come poteva la Madonna non intercede­re, vedendo che chi ha scoperto un tesoro immenso non lo tiene gelosamente per sé, ma con la stessa gratuità lo dona? Così dal Vaticano è giunta la risposta e all'udienza di mer­coledì 20 gennaio, proprio prima di partire per il suo viaggio in Messico, papa Giovanni Paolo Il ha benedetto la statua iti­nerante. Queste le parole di accoglienza del Pontefice: «Saluto i fedeli del Movimento Madonna dei Poveri dell'omo­nima parrocchia di Milano, qui convenuti per far benedire la statua della Vergine di Banneux che "visiterà" le comunità del­la provincia religiosa degli Oblati di San Giuseppe. Carissimi, vi esprimo il mio compiacimento per questa pere­grinatio mariana in preparazione al Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ed auspico che essa costituisca per tutti un'occasione di rinnovato annuncio del Vangelo e di gioiosa testimonianza cristiana» (da «L'Osservatore Romano», 21 gennaio 1999). È solo un caso questa coincidenza o si tratta di un'occasione per scoprire la fedeltà di Dio in un messaggio che continua nel tempo? Impossibile non leggere alcuni fatti con occhi stupiti e altret­tanto impossibile non meditarli. Ecco allora qualche "briciola di riflessione" a cui segue una testimonianza: è solo una, ma vuo­le essere la prima di molte altre che desidererei raccogliere con la stessa delicatezza con la quale si tengono tra le dita le prato­line, farne un bouquet e offrirlo alla Vergine dei Poveri per rin­graziarla della continue meraviglie che opera nella vita di chi la invoca.



Mercoledì 20 gennaio

È risaputo che il giorno riservato all'udienza del Santo Padre è il mercoledì, ma mercoledì 20 gennaio è anche l'anniversario della quarta apparizione della Vergine dei Poveri a Manette Beco. La sera di quel giorno, rispondendo alla bambina, la Madon­na aveva espresso un desiderio: «Desidererei una piccola cap­pella»; e immediatamente a Banneux don Jamin aveva iniziato a impegnarsi per realizzare la richiesta. Nella maestosità della sala Paolo VI, per la distanza, vedevo rimpicciolita la bella statua della Madonna appoggiata su un tavolino ai piedi di una possente colonna e gioivo perché diffi­cilmente potrà essere accolta in un luogo più grande. Si, la Ver­gine aveva desiderato una piccola cappella, ma qui, in un im­menso salone, scortata dalle guardie svizzere, riceveva gli ono­ri di 3.000 fedeli e l'inchino devoto del Pontefice.



Il Papa in viaggio

Il Papa ha benedetto la statua appena prima di partire per il Messico e ha compiuto questo gesto davanti a una folla mul­tietnica di fedeli accorsi dai luoghi più diversi. Giovanni Paolo Il è colui che, nella storia della Chiesa, ha percorso infaticabile le strade del mondo realizzando il maggior numero di visite apostoliche in tutti i paesi che hanno voluto ospitarlo. Si può dire a gran voce che, in lui, le parole della Vergine «per tutte le nazioni» hanno trovato un promotore straordinario e un apostolo che le incarna. Il Santo Padre, vicario del buon Pastore, appassionatamente vuole raggiungere ogni figlio: non si limita ad aspettare e acco­gliere, si mette in cammino e va, e se le circostanze lo consento­no, torna successivamente.



Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Il 20 gennaio, poi, cadeva nel cuore della settimana di pre­ghiera per l'unità dei cristiani, quella settimana dal 18 al 25 gennaio fatta in realtà di otto giorni - e otto sono proprio le ap­parizioni della Vergine dei Poveri a Mariette - dei quali l'ulti­mo aveva come tema: «A colui che ha sete, io darò gratuitamen­te l'acqua della fonte della vita» (Ap 21, 6). Possono forse passare inosservati questi episodi che, con un effetto "a cascata", reciprocamente ora si illuminano e appaio­no chiari, ora invece rivelano e mostrano aspetti fino a oggi na­scosti? Il taglio ecumenico e universale del messaggio di Banneux, che non esclude nessuna creatura sulla terra, trova soprattutto nell'acqua della sorgente un segno palpabile quale risposta a una necessità primaria di ogni uomo: dissetarsi, e vale la pena ricordare che nulla più dell'acqua è così comune a La Fange.



Mercoledì, giorno dedicato a san Giuseppe

In ultima analisi, ecco una ''curiosità'' benevola appartenente alla tradizione popolare: il mercoledì è il giorno della settimana dedicato all'onore di san Giuseppe, sia nelle famiglie religiose ispirate all'imitazione di questo patriarca come nella devozione semplice e genuina che le nostre nonne hanno alimentato da­vanti alle statue e alle immagini che lo hanno raffigurato in tutti i tempi. Lui, sposo degnissimo della Vergine, quel giorno, forse più di altri, ha esultato nel vedere un susseguirsi di "coincidenze" con­vergere per rendere alla Madre del suo Salvatore, venuta nella notte per i poveri di tutto il mondo, il tributo sincero e commos­so della Chiesa in festa.



…è capitato a me e rendo grazie!

Abitare a Roma non vuol dire aver visto il Papa da vicino: fi­nalmente mi è piovuta dal cielo questa grazia che devo solo al­l'essere Orantes in via. È per la benedizione di una statua della Vergine dei Poveri venuta da Milano che sono stata invitata insieme ad altri Orantes all'udienza del mercoledì e così, dalla seconda fila del­la sala Nervi, non ho perso una parola di quanto è stato detto. Tanta era la gioia mista all'agitazione e alla paura di arriva­re in ritardo che prima delle otto ero già in San Pietro, e giac­ché c'ero, non ho rinunciato a una visitina: come non dire grazie per quel sogno a occhi aperti? Entrando nella grande basilica, aprivo la porta contempora­neamente a un'altra donna, indiana, sui quarant'anni, avvolta nel suo san bianco e rosa. Subito mi è venuta alla mente una frase pronunciata dalla Vergine e detta a proposito della fonte: «Questa sorgente è riservata per tutte le nazioni...». Per tutte le nazioni... anche per me che solo due giorni prima non immaginavo niente di tutto questo! Nell'immensità del capolavoro e del genio umano della Cat­tedrale mi sentivo piccolina, più ancora di quanto lo sono di sta­tura. Ho visitato con calma la chiesa, restando come sempre a bocca aperta e col naso all'insù davanti alla Pietà: anche se qui ci vengo spesso, non mi abituo mai a tanta maestosità. Il tempo passa e non me ne rendo conto. Son pronta a uscire e mentre sto aprendo la porta, con me esce anche quella donna indiana che avevo incontrato entrando. «Per tutte le nazioni...» mi torna alla mente. Sfrego gli occhi, eppure ci vedo bene! E proprio lei. Pochi passi e si perde nella piazza. A me, invece, resta nel cuore questa coincidenza. Signore, tu ci fai arrivare insieme nella tua casa, dalle strade più diverse, dai luoghi più lontani; ci fai stare alla tua presenza, ci nutri con la tua Parola, ti fai cibo per darci forza e farci cre­scere, poi ci fai ripartire per portare a tutti quelli che incontria­mo, a quanti non ti conoscono ancora, il tuo messaggio d'amore. Con questi sentimenti di gioia e di stupore, forse con un sor­riso che non ho mai avuto (sarà per questo che mi guardavano straniti? e a me che importa!), mi sono presentata alle guardie svizzere per entrare all'udienza e dire da vicino alla Vergine dei Poveri il mio grazie più commosso. Mi hai voluta qui e di questo "fuori programma" non me ne dimenticherò mai. Volgeranno lo sguardo come la piccola Mariette è stata capace di guardare in alto nel corso delle apparizioni attendendo la Vergine e giunta a La Fange ha saputo fissare i suoi occhi nello splendore della Ma­dre, compiamo anche noi lo stesso gesto consapevoli di dover scrutare l'orizzonte di questo libro giunto alla seconda edizione. "Guardare verso è rispondere, sapendo dove orientarsi, a un bisogno profondo di pienezza e di grazia. La realtà di questa ap­parizione della Vergine ci ricorda che Maria ha guardato verso la casa e in particolare ha voluto incontrare colei che si è scelta come sua messaggera. Lo sguardo della Madre è gravido di te­nerezza, dolcezza, amore e compassione; il suo volto non si cor­ruccia minaccioso, ma resta sorprendentemente amabile. Mariette, che ha avuto il dono di vedere la Madonna, ha po­tuto pretendere dal pittore Jamin che si attenesse alla descri­zione, al racconto e alle puntualizzazioni che gli esponeva. Ogni volta che mi viene offerta l'opportunità di essere a Ban­neux e in particolare dinanzi al trittico collocato nella Cappella dell'Apparizione, è immediato cercare il volto della Bella Signo­ra e restare lì, quasi incantato. Poi, dinanzi alla fonte, lo sguar­do riposa perdendosi in quell'acqua, nel messaggio, nel simbolo cercandone il significato. «Fermati e contempla perché Cristo è la sorgente». Chiudo gli occhi e ripenso alle parole del profeta, a quelle che trascrive il discepolo amato: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Zc 12, 10; Gv 19, 37), mistero inson­dabile nel quale ci si può solo inabissare perché si compia anche per me la profezia e mi riconosca tra coloro che sanno orientar­si verso Gesù. Sovente l'attenzione è richiamata altrove, ma l'importante è ritornare per ripuntare l'obiettivo nella giusta direzione, la fonte, perché questo è lo scopo della Vergine a Ban­neux: accompagnarci come ha fatto con Manette alla sorgente.



Il tuo dolce invito ci attiri sempre, o Madre,

e se a volte procediamo da figli sbadati

che cercano cisterne screpolate, tu richiamaci dolcemente

perché non è facile fissare lo sguardo sulle cose di lassù

e solo con te accanto, saremo sicuri di non perdere la meta.

Sì, ora possiamo ancora guardare

perché non si è più arrestato il nostro cammino verso la Sor­gente.



padre Luigi Testa



COME ARRIVARE A BANNEUX



In automobile:

Autostrada Les Ardennes (E25) uscita Sprimont (nr° 45); oppure

Autostrada Liegi-Aachen (E40) prendere l’autostrada per Spa-Verviers (E42) uscita Pepinster-Banneux (nr° 5).



In treno e autobus:

Autobus regolari in partenza da Liegi, Pepinster, Virviers, Aywaille e Trooz.



1. Liegi-Banneux:

Un autobus collega Liegi a Banneux; il tragitto dura 50 minuti.

Per informazioni rivolgersi alla stazione Guillemins.



2. Virviers-Bannoux:

partenza all’uscita laterale della stazione, rue de la Gare; il tragitto dura 23 minuti.



3. Pepinster-Banneux:

partenza da Place Maison Communale a 3 minuti dalla stazione; il tragitto dura 13 minuti.



Nota: Troverete tutte le informazioni riguardanti gli orari alla vostra stazione di partenza.